In una data come questa, è doveroso parlare di un capolavoro del fumetto mondiale che ha testimoniato il più grande orrore mai commesso dalla razza umana
Alle otto del mattino, come ogni lunedì, i bambini si riversano in strada per raggiungere la scuola. La sveglia suona presto all’interno delle abitazioni e le cucine sono in piena attività, preparando i pasti per tutta la giornata. I papà sono già andati a lavoro, le mamme salutano i figli sulla porta raccomandando loro di non mettersi nei pasticci e di comportarsi bene con il maestro. Gli anziani chiacchierano già da ore fuori, sbrigano lentamente le commissioni per le vie dei quartieri popolosi di Hiroshima.
La Città è sveglia e vive la sua vita nonostante la guerra, la radio che trasmette tragiche notizie dal mondo, la miseria e la fame. Sembra non finire mai questa dannata guerra, ma la Città è viva.
Lunedì 6 agosto 1945, ore otto e quindici del mattino. Nessun allarme si diffonde a Hiroshima nonostante i caccia che sorvolano la città.
La Città intera alza lo sguardo verso il cielo.
Un silenzio surreale che dura qualche secondo. Un fischio che rende sordi di colpo. Flash.
Lunedì 6 agosto 1945, ancora ore otto e quindici del mattino. Hiroshima non respira più.
La Città è morta.
Tre bombardieri B-29 americani Enola Gay, The Great Artiste, Dimples 91, distruggono con il loro passaggio una città, i suoi abitanti, la dignità così restia a farsi da parte dell’intero popolo giapponese.
Little boy, la bomba figlia del progetto Manhattan, devasta, distrugge, cancella ogni cosa. Uomini, donne, bambini ridotti in cenere, letteralmente scomparsi, uccelli incendiati in volo, una colata titanica d’acciaio, quando la temperatura divenne di colpo dieci volte più calda della superficie del sole. Non era più la Terra. L’onda d’urto arrivò alla velocità di 3.000 metri al secondo con una forza iniziale di sette tonnellate per metro quadrato, distruggendo quanto era rimasto. E il peggio doveva ancora avvenire.
La polvere radioattiva aveva iniziato a espandersi.
Oggi, 6 agosto 2018, MegaNerd vuole commemorare le vittime dell’atomica e con loro, le vittime di tutte le guerre, quelle urlate e quelle silenziose che incessantemente violentano questo povero Mondo. Settantatré anni dopo, con la morte nel cuore, piangiamo ancora gli incessanti massacri di figli innocenti.
A Hiroshima, Nakazawa Keiji (Hiroshima, 14 marzo 1939 – Hiroshima, 19 dicembre 2012) sopravvisse a quell’orrore senza fine, ed è stato uno dei testimoni preziosi di questa macabra pagina di storia.
Era un bimbo di soli sei anni quel giorno, che perse per la barbarie dell’essere umano, padre, fratello e sorella, rimanendo solo con la madre ad affrontare un mondo che ardeva nelle fiamme di un inferno.
Disegnatore senza eguali, ben presto riuscì a trovare una ragione di vita nel fumetto, che divenne la via maestra e coscienziosa per denunciare gli orrori della guerra.
Hadashi no Gen (Gen dai piedi scalzi, tradotto in Italia in Gen di Hiroshima), è una fatica letteraria semi auto-biografica, la cronaca dell’orrore della prima bomba atomica, il cadetto di una famiglia artificiale in grado di cancellare, stuprare gli uomini con una violenza inimmaginabile.
Hadashi no Gen è la testimonianza di chi ha trovato la forza di continuare a vivere. A distanza di settantatré anni, per noi è ancora impossibile capire come. Non sarebbe stato meglio morire?
Immaginate di ritrovarvi improvvisamente in un luogo che non riconoscete, lo sgomento di assistere alla distruzione. Scavare a mani nude tra le macerie per recuperare i cadaveri dei vostri cari sotto le fondamenta di una casa che non esiste più. Guardarvi intorno ed essere circondati da chi ancora respira ma senza arti, con la pelle che si liquefa e mostra le ossa. Il terrore e la speranza di non sopravvivere. Le urla quale unico modo per restituire umanità a tutto questo.
Gli hibakusha sono i sopravvissuti al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Letteralmente hibakusha significa “persona affetta dall’esplosione”. E il maestro Nakazawa Keiji così si definisce insieme con tutti quelli che non hanno perso la vita in quei giorni.
Gen di Hiroshima è un romanzo a fumetti che ha lo scopo di costruire la memoria storica, come Maus di Spiegelman, ambientato durante la seconda guerra mondiale e incentrato, come sapete, sulla tragedia della Shoah.
La memoria storica è quanto di più prezioso ogni generazione ha il dovere morale di consegnare a coloro che verranno, per insegnare loro che l’orrore della guerra merita solo condanna senza possibilità di appello. Nulla giustificherà mai l’eccidio degli innocenti. E penosamente, l’uomo non l’ha ancora compreso.
Gen è un bambino di sei anni che vive assieme alla sua povera famiglia nella città di Hiroshima.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l’Impero Nipponico, impiegava ogni risorsa in un dissennato conflitto espansionistico contro le potenze Alleate, Cina, Unione Sovietica e Stati Uniti. La propaganda dell’Impero era impegnata con tutte le sue forze a far credere ai giapponesi che la vittoria fosse prossima ad arrivare, procedendo con attacchi militari senza soluzione di continuità contro i “demoni” occidentali.
Gen è un bambino pieno di vitalità che non si fa corrompere dalla retorica imperialista, grazie al papà che si pone controcorrente manifestando apertamente la sua opposizione all’Impero, condannando la guerra come male assoluto. Il romanzo a fumetti di Nakazawa Keiji ci porta a vivere il clima che si respirava in Giappone nel ’45, lo sfinimento, la fame della popolazione e il bieco Governo che manda i suoi giovani al fronte preparandoli al suicidio per amor della patria.
Il lettore sa, avverte entrando nella storia, che altro non è che un conto alla rovescia verso l’orrore che tuttavia non vorremmo accadesse poi davvero.
All’improvviso, Flash.
Così lo chiamano gli hibakusha.
Gen ha gli occhi intrisi di orrore e sgomento, non è possibile che tutto ciò sia accaduto realmente ma deve reagire.
Deve portare via dall’inferno la madre che miracolosamente è sopravvissuta e che porta in grembo la sua sorellina. Deve trovare cibo. Un riparo. Deve difendersi dalla follia dilagante dei sopravvissuti che si nutrono di cadaveri per la disperazione, dall’uomo che è disposto a compiere ogni peggior scempio per garantirsi la sopravvivenza.
Gen è un bambino buono che non ha tempo di piangere i suoi morti, perché se c’è ancora vita, dobbiamo andare avanti e ricominciare. Tutto è perduto ma noi che siamo sopravvissuti abbiamo il dovere di preservare la poca vita che è rimasta intorno a noi.
Gen di Hiroshima è un’opera piena di dolore, di rabbia e di morte. È un respiro pieno di affanno e disperazione, che tuttavia riprende il suo ritmo regolare grazie alle gesta di un giovane generoso che offre il suo aiuto senza fare eccezioni. Seguiremo un piccolo eroe che restituirà umanità al mondo con ogni suo gesto, aiutando chi dal dolore non riesce a riprendersi, e trovando il tempo di dedicare una preghiera per coloro ridotti a un misero mucchio d’ossa.
Attraverso le gesta di Gen, il lettore entrerà in contatto con una popolazione costretta ad affrontare una spaventosa crisi alimentare senza precedenti e le agghiaccianti conseguenze dell’avvelenamento da radiazioni che così come le necrosi, provocarono malattie e morti atroci successive al bombardamento.
Gen cresce ed è costretto al duro lavoro per aiutare la propria famiglia. Una famiglia che si allarga per accogliere altri figli che, come lui, hanno perso tutto. Lui è “fortunato”, la sua mamma è viva e questa ricchezza la condividerà con chi è rimasto completamente solo.
La storia prosegue facendo emergere in maniera chiara e nitida la forza, il coraggio di ricominciare del suo Autore attraverso Gen.
Nakazawa Keiji cerca con il fumetto di andare avanti, di assicurarsi un futuro. Chiudere dentro di sé, sopire l’orrore vissuto per riscoprire la gioia, l’umanità che è quanto di più eroico un uomo possa compiere.
La letteratura a fumetti nel caso di specie ha fatto sì che il popolo giapponese riuscisse a esorcizzare quanto accaduto sul finire della Seconda Guerra Mondiale. Più volte abbiamo parlato del Maestro Nagai e della filosofia dei super robot; del Maestro Matsumoto e della sua aspra condanna tramite la figura di Capitan Harlock.
Raccontare la paura, è il modo più diretto per sconfiggerla. Ha dell’incredibile, ma attraverso Hadashi no Gen, il suo Autore ci aiuta a non aver paura, ad affrontare a viso scoperto la realtà e a rialzarci in piedi quando sembriamo sprofondare senza ritorno.
Attraverso quest’opera splendida, noi occidentali siamo chiamati a cogliere un’opportunità unica. Comprendere quanto sia accaduto così lontano da noi, abbandonando quell’assurda sensazione di non vero quando della storia cogliamo a malapena l’eco. Nulla di più sbagliato. La memoria storica è un salvadanaio dello spirito, un bene universale. Essa riguarda tutti perché il perseguimento della pace, la condanna assoluta della guerra è quanto dobbiamo imparare e a nostra volta trasmettere ai nostri figli.
Il Maestro Nakazawa ha fatto della propria vita arte e racconto, e attraverso Gen diffonde un messaggio di pace senza eguali che tutti devono ascoltare.
Riconosciuta come l’opera storica più importante del fumetto giapponese, Hadashi No Gen è stato tradotto in diciassette lingue, ne sono stati tratti due film d’animazione, un film in tre parti, uno spettacolo teatrale, una serie televisiva e un musical.
In Italia, 001 Edizioni, attraverso la linea Hikari, ha recentemente terminato la pubblicazione con il terzo volume. Quest’opera ha un valore inestimabile ed è perfettamente comprensibile quanto tempo la Casa Editrice abbia impiegato per la sua pubblicazione. Basti pensare che la traduzione di Gen, abbia preso forma come un vero e proprio progetto di lavoro affidato all’Università Ca’ Foscari di Venezia, coordinato da un nome eccellente come quello di Marcella Maria Mariotti. C’è una cura così maniacale da rimanerne esterrefatti.
Non dovrebbe essere così. Non dovremmo ancora aver bisogno di capire l’orrore della guerra. Tuttavia l’uomo è un essere scellerato e non ha imparato nessuna lezione. Per questo motivo non dobbiamo arrenderci, dobbiamo studiare, conoscere, apprendere e fare nostra la lezione del nostro Gen e del Maestro Nakazawa. Non c’è futuro senza memoria. Il nostro dovere è ancora una volta raccontare, credere che principi attuati in spregio di ogni diritto, gesta che hanno calpestato e annichilito la dignità e l’esistenza di un novero immane di persone innocenti, non si ripetano ancora.
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