In questo speciale vogliamo approfondire un elemento fondamentale nella poetica del capolavoro cyberpunk Ghost in the Shell: la musica
La rinascita meccanica. Ghost in the Shell – Squadra mobile corazzata d’attacco è l’inno alla compiuta ibridazione tra uomo e macchina. Correva l’anno 1995, lo stesso in cui Windows rilasciava la nuova versione, quando Mamoru Oshii traspose sullo schermo il racconto futuristico di Shirow Masamune. Questo titolo è uno straordinario contributo provocatorio al dialogo ad alta tensione sull’etica robotica. Possiamo parlare di umanità dell’essere meccanico o meglio, esiste un ghost in qualcosa di inorganico?
Motoko Kusanagi, la protagonista di Ghost in the Shell, è entrata nell’immaginario collettivo nutrito a partire da Hel, il robot che prese il posto di Maria nel visionario Metropolis, Hal 9000 a bordo della Discovery 1 e poi lei, il replicante Rachel (questo è il mio podio assoluto, il vostro qual è?).
Da una parte la difesa della macchina positronica, ovvero dotata di personalità, dall’altra l’interrogativo sottostante al Dogma dello Spettro nella Macchina. Per il solo fatto di possedere una minima parte del corpo originale, e per tale s’intende l’anima, siamo superiori alle macchine che riproducono tutte le nostre funzioni?
Per rispondere, Kenji Kawai, compositore della colonna sonora del capolavoro post cyberpunk, c’invita a un attento ascolto.
La forza espressiva della musica che accompagna la visione di Ghost in the Shell fa letteralmente rabbrividire. Kenji Kawai, compositore originale e visionario, è riuscito a catturare l’essenza della diatriba filosofica che ruota intorno alla comunione tra umano e digitale come conquista di una possibilità gnostica della libertà dell’individuo.
Una trama per nulla semplice quella di Ghost in the Shell, e il ritmo sincopato di Oshii, tirano fuori il meglio del Compositore, che riesce a esprimersi appieno quando la linea tra reale e virtuale si fa sempre più sottile.
La nascita del Maggiore Motoko Kusanagi, la sua resurrezione come cyborg, si culla su una preghiera schintoista: To Ho Kami Emi Tame. I versetti, che Kawai affida a un coro aeriforme e sublime accompagnano il viaggio di un’anima alla ricerca di uno stadio evolutivo superiore:
Quando si danza, una bella donna si inebria
Quando si danza, riecheggia una luna brillante
Scende sulla terra un dio per matrimonio
E l’alba si avvicina tra i canti degli uccelli notturni
Dio ti benedica
La potenza della musica è inarrestabile grazie agli innesti corali che vanno a completare le sequenze corporee di Motoko. La vediamo riemergere da un artificiale liquido amniotico mentre progressivamente la placenta di stacca e muore.
Nasce un nuovo modo di relazionarsi al mondo. Un corpo dotato di fessure alla base del collo per permetterle di scambiare flussi d’informazioni con l’ambiente esterno. Kawai dona sacralità alla vita di Motoko con il suono profondo del taiko che irrompe verso l’alto e s’incrocia orizzontalmente con synth digitali e corde che sembrano aver perduto la percezione del tempo.
In casi come questi, il lavoro sull’aspetto musicale dell’opera, merita davvero attenzione. La musica di Ghost in the Shell fornisce risposta a interrogativi esistenziali, una volta confinati nella sola fantascienza. Siamo di fronte a un bivio evolutivo che necessita di spazio. Forme di vita umane e non sono entrambe nodi per propagare informazioni.
Era il 1995 e sicuramente ora abbiamo qualche elemento in più. Tuttavia in quell’anno i modem analogici avevano appena incrementato la loro velocità passando a una connessione a 56Kbps. Oshii con Kawai raccontavano una società futuristica dove gli abitanti per ottenere informazioni restano perennemente collegati alla rete. Un oceano di informazioni, culla della vita del Burattinaio, che rimanda al luogo per la nascita delle prime forme di vita sulla Terra.
Quando il Maggiore Kusanagi non è in servizio, nuota nel fiume Sumida. Per poterlo fare, il suo corpo robotico molto pesante, viene sorretto da diversi galleggianti. L’immersione nell’acqua, ogni volta, è la rinascita di quel corpo duro che però, in qualche modo, contiene vita.
Kawai mette in risalto questi aspetti, evitando l’introduzione di elementi ritmici nella partitura. Quando vengono inseriti travolgono ogni cosa che incontrano, in un ripetuto andare e tornare. Il suono prodotto attraversa tutti gli stadi della macchina sino a purificarla e donarle un’anima.
Il tema centrale di Kawai ci interroga su cosa sia un individuo, soprattutto quando il suo stadio evolutivo superiore avviene attraverso la tecnologia. C’è qualcosa di sacro che avvolge lo scorrere di Ghost in the Shell.
Buon ascolto.