Un incontro tra il mondo d’oriente e quello d’occidente, Taniguchi ci regala un vero e proprio omaggio all’arte e alle emozioni suscitate dai dipinti di uno dei più famosi musei al mondo, il Louvre
Da quando ho deciso di recuperare tutte (o quasi) le opere del maestro Taniguchi, sono rimasta sempre più affascinata dai suoi tratti e dai temi a lui molto cari. Nelle sue opere si trovano sempre richiami al fascino della natura, al senso dell’uomo di appartenerle, allo scorrere del tempo e ai rimpianti che esso porta, al senso della vita e al legame con gli animali.
Una dote che sicuramente ha il maestro è quella di riuscire a dare un’anima a tutto, da un oggetto riposto in un angolo ad un albero secolare che sembra respirare.
I Guardiani del Louvre è un opera piuttosto recente, uscita nel 2014; stavolta a sviluppare un’anima sono i dipinti di questo tempio della cultura occidentale.
Il protagonista è un giovane scrittore giapponese, non se ne conosce il nome, ma è senza dubbio un alter ego dell’autore. Taniguchi visse per molti anni a Parigi, lì hanno visto la luce diverse sue opere, ma stavolta racconta la bellezza di questa città in prima persona. Proprio all’inizio della storia, dopo una conferenza sul manga, il Maestro si ritira nella sua stanza d’albergo per una febbre molto alta. Il mattino seguente, sentendosi molto meglio, decide di andare a visitare il Louvre, luogo tanto immenso quanto rinomato: si dice infatti che ci vogliano vari giorni per visitarlo tutto.
Qui si imbatte in un fila di persone spaventosa e tra la folla ha una ricaduta del suo stato influenzale. Sviene e quando riprende i sensi si ritrova davanti a una bella donna vestita di rosa, distinta e affabile, che lo conduce in vari settori del museo per fargli vedere con “altri” occhi cosa si cela dietro molti dipinti.
Inizia così un percorso tra sogno e realtà, una specie di cammino immaginario tra fatti e personaggi realmente esistiti. La misteriosa donna, dopo aver mostrato l’opera più famosa del museo, la Gioconda, si rivela. Lei è la Nike di Samotracia, proprio l’anima di quella statua imponente posta alla fine della scalinata d’ingresso al museo.
Tornandovi più giorni e continuando a camminare in questo labirinto onirico – “Jiro”- conosce Chu Asai, un importante scrittore giapponese della seconda metà dell’ottocento. Insieme ripercorrono delle tappe della storia di Antonio Fontanesi e Corot, pittori per cui l’autore aveva una gran passione. Insieme convengono sul fatto che l’eleganza, le forme, i colori, ma soprattutto la luce dei dipinti dei pittori italiani sono vere e proprie forme di poesia che non potevano non essere apprezzate e diffuse in Giappone.
Durante una giornata di queste, decide di visitare Auverse, paese fuori Parigi famoso per il suo legame con Vincent Van Gogh. Dopo aver lasciato la clinica in cui era in cura, il pittore dipinse qui più di 100 quadri, e qui purtroppo si tolse la vita. Grazie alla magia del fumetto, avviene un toccante incontro proprio col pittore in carne e ossa: Vincent lo conduce nel suo alloggio, gli mostra tutti i suoi quadri e ci tiene in particolar modo a fargli vedere le stampe di Hokusai e Hiroshige che tiene appese a una parete.
A quanto pare Van Gogh sosteneva che tutti gli impressionisti amavano la pittura Giapponese e ne avevano subito l’influsso. L’opera evidenzia il possibile contatto tra l’arte di due mondi totalmente differenti, un contatto che con gli anni è andato ad affermarsi sempre di più, proprio la loro diversità è la causa del fascino che subiscono reciprocamente. Oltre che un omaggio all’arte, la storia rappresenta anche un percorso verso i fantasmi del passato, infatti tramite incontri con personaggi storici simbolici (per citarne un altro Antoine Saint-Exupery), il protagonista farà i conti anche con ricordi personali cari e dolorosi. La Nike di Samotracia sarà la sua guida spirituale e gli mostrerà come ciò che vediamo nei sogni, nella realtà e nelle illusioni, non sono altro che le emozioni e i sentimenti che avvolgono il nostro cuore.
Probabilmente non è tra le opere più interiorizzate e intime del maestro, per questo ve la sconsiglio come sua prima lettura. La narrazione ruota attorno alla sensibilità artistica e quindi ciò che diventa d’impatto sono senza dubbio le tavole. Jirō Taniguchi per molto tempo ha letto e studiato il fumetto europeo, sviluppando uno stile grafico tutto suo, minimale e realistico, decisamente fuori dagli schemi dell’industria mainstream del fumetto giapponese. Proprio questa sua caratteristica lo ha reso molto popolare nel mondo occidentale, soprattutto in Francia, pensate che Moebius (Jean Giraud) gli chiese di disegnare una propria storia. Con I Guardiani del Louvre ci regala splendidi paesaggi Europei riprodotti come fotografie, le prospettive acquerellate e gli interni del museo sono di un incantevole bellezza, così come la riproduzione di alcuni dipinti famosi. Ovviamente essendo un edizione stampata interamente a colori, il lavoro è reso ancora più ammirevole, davvero da contemplare più volte.
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