Gundam è solo uno stramaledetto congegno bellico

Guardare un’opera come Gundam a distanza di tanti anni può portare a riflessioni che probabilmente da piccoli non avremmo mai fatto. Questo non può che farci apprezzare ancora di più il grande lavoro del Maestro Tomino

Partiamo dalle basi. Si pronuncia Gandam e non Gundam. Unica concessione fatta da Tomino in persona dopo una lunga storia di vergognosa pirateria tutta italiana che ci fece conoscere l’universo robotico Tominiano a irrispettosa intermittenza. Quando giunsero da noi le opere dello studio Sunrise, Zambot 3 e Gundam per capirci, il passaggio sulle nostre frequenze fu totalmente illegale poiché non vennero pagati i diritti della messa in onda. Gundam ebbe la medesima sorte anche sulla carta: Japan Magazine pubblicò sempre illegalmente gli anime comic di Mobile Suit Gundam. Questa non è una superflua petizione di principio. Tanto è dovuto per comprendere che, mentre la rivoluzione messa in campo con queste splendide opere in Patria era inarrestabile, qui da noi erroneamente si pensò a Neon Genesis Evangelion come sconvolgente cambio di rotta del genere solo a metà degli anni ’90. Assolutamente no. Il buco nero di informazioni c’è perché abbiamo fatto incazzare un po’ di persone. L’armistizio con il Maestro Tomino fu firmato solo nel 2001, quando Mediaset acquistò finalmente i diritti di Gundam.

Quando si parla di produzione robotica, l’elenco di opere di cui abbiamo memoria è davvero lungo. Inevitabilmente però, qualsiasi discussione venga intrapresa, lascia da parte Gundam. Questa è una storia a sé. Gundam è una rotta precisa che va seguita; pone coordinate esatte tracciando un percorso impegnativo, quasi illuminante. Una progressione di trama serrata, mai vista prima, in cui sono concesse poche distrazioni. Non si comprende una puntata se non si sono viste le altre. Ora è la normalità, ma con Gundam fu la celebre e indimenticabile prima volta.

Non fu facile per nessuno, giapponesi per primi. Serve tempo per metabolizzare e cercare un assestamento teorico funzionale indirizzato al grande pubblico per un’opera così complessa. Si compone una tela affascinante e, a tutt’oggi, potenzialmente inesauribile perché quello di Gundam è un universo fatto di infinite ripartenze. Dall’originario Universal Century si passa ai gaiden, poi ai reboot e così, verso l’infinito e oltre.

Ogni aspetto di questo universo lascia esterrefatti per la bellezza e la complessità. Dalla ricerca scientifica che gli fa da madre, all’inesauribile intelligenza e lungimiranza del suo creatore che gli fa da padre.

Tuttavia anche oggi è l’accettazione che il Mobile Suit sia un congegno bellico alla stregua di un carro armato di ultima generazione costruito in serie, a farne, almeno per chi scrive, un’ossessione. Abbandonata ogni ammirazione incondizionata per il super robot maestoso che abbatte i nemici con l’arsenale a disposizione con semplice chiamata del pilota, i Mobile Suit hanno un numero di colpi limitato, poche armi e un manuale d’istruzioni per studiare i comandi. Subiscono un deterioramento accelerato dovuto alla battaglia e, come tutte le macchine artificiali, si rompono. Da questo momento in poi, il realismo bellico entrerà a far parte della produzione animata del genere.

Vi rimane difficile entrare nel meccanismo di Gundam? È di guerra che si parla, e le vostre orecchie sentono, e i vostri occhi stanchi e disillusi vedono, invasioni crudeli da quando ne avete memoria. L’unica incertezza che vi si concede è legata al fattore tempo.

Era Spaziale, fine dell’anno 0079. Il Principato di Zeon, colonia spaziale, vuole rendersi indipendente dalla Federazione Terrestre. È uno scontro combattuto a colpi di dotazione tecnologica a disposizione. Quando tutto sembra perduto, su Side 7, altra colonia, i federali ripongono le loro speranze su una nuova linea di Mobile Suit e sul potente prototipo RX-78-2 Gundam. Amuro Ray avrà il compito di scortare il Gundam fino al quartier generale di Jaburo dove verrà avviata la produzione di massa del rivoluzionario prototipo.

Quella a cui si assiste pertanto, non è altro che una tragica guerra d’indipendenza invocata da una colonia, condotta con un realismo impressionante. Amuro Ray è un ragazzo strappato alla sua normalità per partire in guerra, e Gundam è solo il campione di un ordigno bellico. Di una armatura mobile per la precisione; una sorta di esoscheletro meccanico innovativo. Quando le prestazioni del Gundam diventeranno inadeguate rispetto alla maturazione che raggiungerà il suo pilota, il vostro affetto sarà tutto per l’uomo e non per la macchina. Quest’ultima vive infatti nell’ombra del suo umano evoluto, il newtype.

Amuro Ray, come molti altri, ha una capacità sensoriale molto più sviluppata rispetto all’umano standard e, se a prima vista può sembrare un vantaggio non da poco, crea un senso d’isolamento terrificante.

Improvvisamente il nostro protagonista diviene la chiave per comprendere l’affrancamento dell’uomo dalla macchina creando un contatto solenne con la nostra realtà, quella di chi popola, appunto, il mondo reale. Attenzione, perché qui Gundam richiede l’attenzione massima di ognuno di noi. Asserire che l’uomo è una creatura superiore può scadere facilmente in estremismi ripugnanti. Questo concetto ad esempio, viene fatto proprio dagli umani di Zeon, diventando tragico spettro del nazismo. L’aberrante ideologia nazista è proposta con accurata trasposizione nei discorsi dei gerarchi di Zeon e nelle tattiche di guerra proprie del secondo conflitto mondiale.

Il nostro eroe, che vince puntata dopo puntata solo per dovere di trama, viene improvvisamente a contatto con l’impietosa disciplina militare e la morte innaturale (nonché cruda) dovuta alla guerra. Non solo lui, ma tutto l’equipaggio civile formato da poco più che ragazzini.

È una condanna dei conflitti senza possibilità di appello quella che pone in essere il maestro Tomino, trascinandoci dentro il vortice della sua rivoluzionaria creazione.

Una riprovazione sincera e decisa che ci porta tutti a riflettere ancora una volta. All’orrore non c’è mai fine. Le nuove generazioni, che della guerra avrebbero solo dovuto sentir parlare fino a vederne scolorato pure l’eco, hanno l’incubo impresso nel corpo dilaniato e con tutta probabilità reso orfano. I più fortunati, come noi, hanno la retina corrosa dalla visione a distanza di sicurezza; e pure questa oramai, nemmeno tanto scontata.

Aver rivisto l’opera di Tomino recentemente mi ha portato a riflettere con più severità rispetto al passato. Ha mostrato derive inaspettate facendomi  partecipare all’esperienza drammatica del protagonista che simbolicamente, all’epoca della sua creazione, doveva rappresentare le nuove generazioni che avrebbero cambiato il mondo. Oggi abbiamo purtroppo compreso che nemmeno l’arrivo del Gundam e di Amuro lo possono salvare. Tuttavia farsi assorbire dal suo universo, significa tuttora partecipare ad uno dei più spettacolari fenomeni degli ultimi cinquant’anni e non può far altro che coinvolgervi fino a farvi scoppiare una di quelle emicranie che vi ricorderete per tutta la vita.

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Sig.ra Moroboshi

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Contro il logorio della vita moderna, si difende leggendo una quantità esagerata di fumetti. Non adora altro Dio all'infuori di Tezuka. Cerca disperatamente da anni di rianimare il suo tamagotchi senza successo. Crede ancora che prima o poi, leggerà la fine di Berserk.

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