Approfondiamo uno dei personaggi più affascinanti mai arrivati dal Sol Levante: Capitan Harlock, creato da un grande maestro del fumetto giapponese, il Sensei Leiji Matsumoto
Sapete cos’è il Black Jack? Se la vostra risposta è no, vi concedo un secondo tentativo. Sapete cos’è il Jolly Roger? Certo che lo sapete. Magari qualcuno non ha mai dato troppo peso al nome, ma la sua immagine vi accompagna da quando siete piccoli e vi travestivate da pirati a carnevale. Esatto: il Jolly Roger è il famoso teschio con le due tibie incrociate che preannuncia l’arrivo dei fuorilegge a bordo di un galeone.
E questo è anche il vessillo del nostro Capitano che naviga nello spazio infinito predicando l’esempio di una vita diversa. Una vita libera, che per essere conquistata e difesa richiederà un sacrificio immenso: essere soli.
È davvero difficile riuscire a parlare del Capitano in maniera superficiale. Non solo perché, come sicuramente sarà per molti di voi, Harlock è impresso nei nostri ricordi e si sa, ognuno di noi è gelosissimo. È tremendamente complicato perché tutto può essere facilmente travisato. Penso a venti anni fa e ai poster di Casa Pound con la sua immagine. Solo per fare un esempio.
La storia di Harlock è in parte la storia del suo autore, Akira “Leiji” Matsumoto, una delle firme più importanti del fumetto giapponese. Quando il Sensei Matsumoto era solo un ragazzo, la seconda guerra mondiale metteva in ginocchio il Giappone. A ridosso della fine del conflitto, il popolo nipponico ha attraversato il periodo più buio della sua storia, annichilendo completamente la propria identità schiacciata dall’occupazione statunitense. Un’umiliazione profonda subita da un popolo famoso per il proprio orgoglio. Questa spiccata passività è quanto ritroviamo nel capolavoro di Matsumoto.
Sulla Terra sono stati eliminati tutti i conflitti. Siamo di fronte a un’unica Nazione amministrata da un governo centrale, il quale provvede a fornire gratuitamente tutto ciò che serve alla popolazione. Il progresso tecnologico è al suo apice e le macchine svolgono il lavoro degli uomini. La popolazione passa il tempo inebetita guardando scorrere le immagini trasmesse sugli schermi televisivi senza accorgersi del passaggio continuo di onde ipnotizzanti. Ed è questo il prezzo da pagare per vivere in pace: annullare la propria volontà.
L’uomo ribelle che non ci sta si chiama Harlock e salperà alla volta dello spazio con l’Arcadia, l’altra immensa protagonista di quest’opera. Il viaggio di Harlock e il suo equipaggio ci trasporteranno nel lato oscuro dell’anima dell’uomo che ci viene restituito perfettamente nelle tavole che si susseguono e vedono l’Arcadia vagare nell’immensità dello spazio.
La solitudine del potere, lo vede da solo su un trono nella sala di comando a riflettere sulle proprie scelte, a condannarsi per quelle sbagliate fatte durante la vita, a sentire il carico grave dell’essere diverso dagli altri. Soprattutto, il protagonista sconta di non aver asservito il proprio volere al potere centrale e la coraggiosa decisione di combattere per la libertà. Harlock guarda le stelle e Matsumoto si strugge per l’annientamento della sua Nazione.
E lo fa sulle note dell’arpa suonata da Meeme, con una melodia che supera le barriere della carta e fa male al cuore del lettore.
Vedremo Harlock e il suo equipaggio tornare sulla Terra dopo l’avvertimento lanciato dalle Mazoniane, le donne che prendono fuoco come la carta, di voler conquistare la Terra e le sue risorse. In quest’occasione si unirà all’equipaggio dell’Arcadia il giovane Tadashi, il cui spirito di abnegazione per il Capitano ha fatto davvero tanto discutere. E così, mentre il Governo centrale non dà alcun peso alle minacce di conquista provenienti dal Pianeta Mazone e dalla sua Regina Raflesia, e ancora meno ne danno gli abitanti della Terra totalmente apatici, Harlock e i suoi compagni il Pianeta invece, lo vogliono salvare. Inizia così un inseguimento spaziale disseminato di battaglie cruente che porterà inevitabilmente verso lo scontro decisivo.
Non che sia superfluo parlare della trama in maniera esaustiva di quest’opera o di tutti i suoi personaggi, tuttavia la stessa non va letta solo perché è una bella storia. Capitan Harlock va letto e riletto perché possa arrivare l’uomo e la sua anima nel ripetersi quasi ossessivo dell’Arcadia che trova respiro solo nell’infinità dell’universo mentre insegue il suo ideale di libertà.
In effetti, l’opera in sé non è indenne da critiche. Alcune ripetizioni durante il racconto potrebbero sembrare senza un reale scopo, la dimensione temporale in cui si svolge la storia non è lineare e facile da seguire. Tutto vero. Nonostante ciò, la subcultura ha elevato Capitan Harlock a icona dello spirito di ribellione e ne ha fatto manifesto pop. Egli rappresenta i giovani di intere generazioni che non vogliono scendere a compromessi e sono pronti a combattere per i propri ideali. Harlock è l’emblema del ribelle pronto a scontrarsi contro tutti a costo di ritrovarsi solo e senza patria pur di sfuggire all’annientamento perpetrato dal sistema.
La passione che arde in lui lo fa apparire dannato e sfuggente, restio a far trasparire i propri sentimenti. L’Autore ci regala però la possibilità di cogliere il dolore del protagonista e dell’intera storia di uomini e donne che non si arrendono alle imposizioni del Governo centrale, e il cuore pulsante pieno di speranza è l’Arcadia stessa. Non siamo di fronte soltanto a un omaggio dell’Autore alle storie seicentesche con vascelli e filibustieri. La nave che vaga nello spazio ha un’anima e un cuore che possiamo avvertire quando Harlock parla con lei in quanto custode dello spirito del suo migliore amico. E ancora, l’altezzoso corvo che occupa la spalla del Capitano, Tori San, piange le sue lacrime restituendoci tutta l’umanità di cui egli sembra sprovvisto.
La passione e la struggente malinconia che ritroverete in questo racconto difficilmente potrete trovarli altrove così ben rappresentati in un unico uomo che incentra su di sé lo svolgersi della storia in base alle scelte che di volta in volta compirà durante il suo viaggio.
Capitan Harlock è tutto questo. È Montag di Fahrenheit 451, che si ribella al suo ruolo di inceneritore di libri. È l’eroe romantico immortale preso in prestito dal maestro Matsumoto e restituitoci al comando di un equipaggio che vaga nello spazio. Sollevare gli occhi al cielo, ribellarsi, è possibile. E ribellarsi al sistema ci rende liberi.
«Io vago per i confini dello spazio, la gente mi chiama Capitan Harlock… Il Black Jack è issato sulla mia nave, e con questa bandiera che sventola tra le stelle io vivo in libertà. L’universo è la mia casa … La voce sommessa di questo mare infinito mi invoca, e mi invita a vivere senza catene. La mia bandiera è un simbolo di libertà»
Quest’opera, ripubblicata in cinque volumi recentemente da RW Edizioni/Goen in versione deluxe al prezzo di Euro 7,50, deve andare oltre ogni vostra prima impressione. Liberi da pregiudizi, provate a perdervi nell’universo che l’autore ha creato per i suoi lettori. Se vi farete conquistare dal romanticismo di Harlock, vi si apriranno le porte del “Leijiverse” e seguirete a innamorarvi di opere come Galaxy Express 999, Queen Emeraldas e così oltre l’infinito. Questa però è un’altra storia che magari racconterò un’altra volta.
Tutto questo è un mondo parallelo possibile. ed è giusto che sia direttamente il Capitano a salutarvi: «Ognuno di noi ha dentro di sé un mondo che custodisce gelosamente, un mondo che pochi riescono a comprendere. E così si chiude in un silenzio che è forza e debolezza nello stesso tempo e finisce per sentirsi isolato in una battaglia che richiede tutto e forse non dà nulla ma che noi combatteremo lo stesso».