Immersa nella nebbia, una canoa naviga su acque torbide. Dal nulla una voce si presenta, dice che con lei saremo al sicuro: resterà accanto a noi e ci racconterà una storia. Un respiro dà vita ad una seconda voce, ad una terza e infine una quarta.
Inizia così.
Senua è una giovane guerriera della tribù dei Pitti che intraprende un viaggio nell’Helheim, l’inferno della mitologia norrena. Deve riscattare l’anima dell’amato Dillion, sacrificato in nome degli dèi dagli invasori vichinghi; un’impresa affascinante e ben curata che intreccia storia e mitologia, accompagnata da scenari suggestivi estremamente ispirati.
Ma non giochiamo solo all’interno di un mondo costruito ad arte.
C’è di più: la mente di Senua plasma ogni cosa e ci trascina con sé.
Hellblade: Senua’s Sacrifice è, per stessa ammissione di Ninja Theory, un tripla A indipendente. Una produzione di alto valore qualitativo che esplora uno dei temi meno trattati e più difficili da affrontare nel panorama dell’intrattenimento: la psicosi.
Senua è infatti l’icona di un male opprimente, debilitante e lacerante.
Il titolo nasconde un messaggio potentissimo, da non sottovalutare. L’obiettivo della costruzione di un gioco che ruota attorno alla psicosi ha rappresentato una sfida al mercato e ai tabù, ma soprattutto alla censura autoindotta dalle industrie d’intrattenimento – forse per paura di toccare un argomento delicato e di apparire inadeguati, pesare malamente azioni e comportamenti o di cadere in luoghi comuni.
Per evitare tutto questo, Ninja Theory ha potuto contare sull’aiuto del Dott. Paul Fletcher, psichiatra e professore dell’università di Cambridge, che ha condotto e guidato illustrando le caratteristiche della malattia e i suoi sintomi principali: allucinazione e delirio.
Aspetti così complessi e astratti prendono vita grazie al media videoludico, l’unico in grado di cercare un’apertura su un mondo nuovo, inesplorato, con un’efficacia mai così vicina a un’esperienza reale.
Lo studio non è andato solo alla ricerca di una maggior profondità sensoriale, si è spinto oltre: ha trascinato il videogiocatore nella mente di Senua, costringendolo a vivere, vedere e sentire ciò che lei stessa vive, vede e sente. Si diventa testimoni di un male che non dà tregua.
Il comparto sonoro risponde alla necessità di veicolare uno dei sintomi più ricorrenti e debilitanti della psicosi, il sentire le voci, in maniera davvero eccezionale. La tecnica utilizzata per garantire tale effetto prende il nome di «registrazione binaurale» e ha permesso a Ninja Theory di dar vita alle voci nella testa di Senua come nessuno ha mai fatto prima, facendole danzare per tutta la durata del viaggio attorno a lei e a noi, in una vessazione interminabile che alterna subdoli consigli a sinceri incoraggiamenti, infausti presagi a sghignazzate isteriche. Rifiniscono il tutto le musiche ispirate alle tradizioni nordiche di David Garzìa Dìaz e Andy LaPlegua.
Sul piano visivo la sensazione è di un mondo friabile, pronto a cedere da un momento all’altro, smanioso di lasciar spazio a qualcosa che è nuovo per noi e dimenticato per Senua.
Gli ambienti sono la risposta a emozioni e reazioni, sentimenti e ricordi che invadono la mente e lo spirito della guerriera. Una così frammentata personalità non può che ridefinire secondo canoni nuovi il proprio modo di vedere le cose: per ogni ricordo riemergeranno tratti di una memoria che saremo obbligati ad affrontare.
I colori si accendono e gli spazi si dilatano quando un sorriso sfiora il volto di Senua, si spengono e restringono quando la violenza di un flashback sorprende la protagonista. Tutto avviene in un intreccio interminabile di ricordi, realtà e trasfigurazioni.
Ogni area presenta una sfida che la giovane guerriera deve esser in grado di interiorizzare, accettare e vincere per poter proseguire. Tutto ciò avviene con una curva di apprendimento decisamente morbida che, considerando anche la totale assenza di tutorial o HUD, istruisce il giocatore circa le meccaniche di gioco con naturalezza, spronandolo a prender coscienza dei movimenti e delle interazioni sottoponendogli test di complessità crescente, sempre in compagnia delle voci che, tra una risata e una provocazione, ci aiuteranno e consiglieranno in diverse occasioni.
Queste prove tendono a stringersi attorno al secondo sintomo principale della psicosi: i deliri. Le persone che soffrono di questo disturbo vedono nel mondo connessioni tra forme, oggetti, colori e suoni. Il team ha costruito il gameplay proprio attorno a questo processo creativo della mente: la reiterata ossessione a risolvere enigmi. Aiuteremo Senua a vedere oltre, a ricercare rune nelle forme dell’ambiente circostante, a rimettere insieme pezzi per ricomporre ponti e scale.
Dietro ogni porta ci sarà sempre uno scontro. Avremo davanti vichinghi sempre più agguerriti e in numero sempre maggiore. E dovremo sconfiggerli, fino a riportare l’equilibrio nell’area. Ogni livello si chiuderà con un boss, con un dio: ad ognuno di loro si lega una componente narrativa profonda e ben contestualizzata, metaforicamente rilevante per comprendere appieno il personaggio di Senua.
Più avanti ci spingeremo e più in basso si scenderà, in caduta libera, verso il regno di Hela, meta ultima del viaggio. Sul processo di accettazione di quest’ultimo calerà l’inesorabile sentenza.
Senua è un personaggio memorabile e tra i più importanti mai concepiti. Tameem Antoniades ha trovato in Melina Juergens, video editor del team, l’interprete perfetta per incarnare l’animo folle e disperato della guerriera attraverso una performance capture pregevole e assolutamente realistica. Hellblade: Senua’s Sacrifice infrange ogni barriera emotiva e sensoriale. Condividere la sua storia ci porta a comprendere quali possano essere i disturbi e i relativi effetti che persone anche molto vicine a noi sono costrette ad affrontare ogni giorno. Il luogo dello scontro non sempre è la terra che calpestiamo, «le battaglie più dure sono quelle che si combattono nella mente».
Si ringrazia per la collaborazione preziosa collaborazione Chiara Nuvoli