Negli anni 80, il proprietario della WWF, Vince K. McMahon, era convinto che la stella di Hulk Hogan non avrebbe brillato per sempre. Iniziò dunque a cercare un suo erede e pensò di averlo trovato in Tom Magee. Questa è la sua storia
Come sappiamo, la cosiddetta golden age del wrestling, ed in particolar modo l’espansione nazionale e internazionale della World Wrestling Federation, coincide con l’ascesa di Hulk Hogan. Negli anni Ottanta, il biondo lottatore di origini italiane (Terry Bollea, il suo vero nome) è l’emblema dell’evoluzione di questo business – come lo chiamano negli USA – da spettacolo locale a fenomeno di massa. Da navigato uomo d’affari, il proprietario della WWF, Vince K. McMahon, dopo aver rilevato la federazione regionale del padre, costruisce intorno a Hogan un brand globale di sport-spettacolo e intrattenimento per famiglie, riuscendo ad attirare l’attenzione di una grossa porzione di pubblico che non si era mai interessato alla lotta professionistica prima di allora. Hogan si trasforma in una vera e propria icona pop riconosciuta in tutto il mondo e il wrestling diventa improvvisamente una cosa cool.
McMahon, però, è conscio del fatto che, come tutti i fenomeni di massa, anche la stella di Hogan, prima o poi, potrebbe affievolirsi. Mentre, come recita oggi lo slogan posto all’inizio delle sue trasmissioni, la WWE è “prima, ora, per sempre”. Indipendentemente da quale sia il volto che la rappresenti. Ragion per cui, nella seconda parte degli anni Ottanta, il promoter comincia a guardarsi intorno in cerca del “prossimo Hulk Hogan”. Ora, si potrebbe obiettare che – per quanto ci riguarda – anche l’Hulkster è “prima, ora, per sempre”: lo dimostra il fatto che la sua stella avrebbe continuato a brillare anche negli anni Novanta, quando sarebbe diventato il leader del New World Order. Ma questa è un’altra storia.
Nel 1985, però, c’è questo ragazzo canadese, di bell’aspetto, con un fisico scultoreo, che si era laureato campione mondiale di sollevamento pesi ed era arrivato secondo nella competizione del World’s Strongest Man nel 1982, piazzandosi nei primi posti anche in due edizioni seguenti. Il suo nome è Tom Magee. E sono certo che non vi dica assolutamente nulla.
Oltre ai muscoli, il giovane è dotato anche di un’agilità non comune per atleti della sua stazza. Una combinazione perfetta per tentare la carriera da lottatore professionista. Pertanto, Magee inizia ad allenarsi per diventare un wrestler nella celebre scuola di Stu Hart a Calgary, muovendo i primi passi nella sua Stampede Wrestling. Grazie alle sue doti, in breve tempo si guadagna il nickname di “MegaMan” e l’interesse della World Wrestling Federation. La svolta per la sua giovane carriera sembra arrivare la sera del 7 ottobre 1986, prima delle registrazioni dello show Wrestling Challenge a Rochester, New York, quando Magee affronta Bret Hart (figlio di Stu e già da qualche anno nel roster della WWF), in un dark match, cioè uno di quegli incontri non destinati alle trasmissioni televisive ma disputati, in genere, per testare le abilità sul ring dei nuovi potenziali talenti.
Quella sera, dopo la fine della contesa, a molti sembra di aver appena assistito all’inizio della brillante carriera di “MegaMan” Tommy Magee. I dirigenti della WWF rimangono talmente colpiti che immaginano un futuro radioso per il canadese. Tuttavia, più che diventare il “nuovo Hulk Hogan”, dopo un’esperienza di qualche anno, Magee sarebbe scomparso dai radar, passando alla storia come il potenziale più inespresso del wrestling. Ma allora perché, ancora oggi, si parla della meteora Magee e di quell’anonimo incontro del 1986?
La risposta ce la dà un documentario che, dal 13 maggio, è disponibile sul WWE Network, il servizio di streaming della federazione di Stamford. Il titolo è “Holy Grail: The Search for WWE’s Most Infamous Lost Match” e si basa sul ritrovamento casuale della registrazione del match fra Magee e Hart nella collezione privata di quest’ultimo. Come detto, nonostante le reazioni dell’epoca, da un punto di vista strettamente storico, di per sé, l’incontro non è particolarmente rilevante. Nel corso degli anni, però, proprio per il clamore suscitato a suo tempo, intorno ad esso si è creata una sorta di aura leggendaria che ne ha fatto un vero e proprio oggetto di culto fra i fan e gli stessi lottatori, come testimoniato nel documentario, per esempio, da Kassius Ohno, wrestler oggi in forza a NXT, il brand di sviluppo della WWE.
Nella comunità dei collezionisti di VHS, infatti, si pensava che le immagini del debutto di Magee fossero andate perse per sempre, dato che non erano reperibili neanche nell’archivio ufficiale della stessa federazione. Per anni era circolata la voce che, forse, Bret Hart ne conservasse una registrazione fra le sue innumerevoli cassette dei propri match e – come ricordano gli stessi Davey Boy Smith Jr. e Tyson Kidd, entrambi lottatori direttamente imparentati con Bret – un giorno se ne parlò pure durante un pranzo di famiglia a casa Hart. Tanto che questi si era ripromesso di cercare il video per mostrarlo ai parenti (che – ricordiamolo – sono, uno, il figlio del grande British Bulldog e, l’altro, il marito di Natalya, anche lei wrestler WWE, nipote di Bret e figlia di Jim “The Anvil” Neidhart). Ma, nonostante i buoni propositi, niente. Almeno fino al mese scorso, quando una fotografa appassionata di wrestling, Mary Kate Anthony, si è accorta, per caso, di avere fra le mani il “sacro graal”. Nel documentario, Mary Kate spiega di averlo ottenuto direttamente dall’assistente personale di Bret Hart che, periodicamente, le inviava delle videocassette da convertire in formato digitale per tenere in ordine l’archivio dell’hall of famer, dicendole che non era necessario rimandare indietro anche i nastri originali e che, quindi, avrebbe potuto tenerseli. Una delle videocassette aveva un’etichetta che riportava la data “9/19/89” (cioè 19 settembre 1989) ma, dopo un’attenta analisi, per Mary Kate è diventato chiaro che le immagini erano proprio quelle della contesa del 7 ottobre 1986 a Rochester.
Nel documentario, ovviamente, viene mostrato anche il match. Come lui stesso ricorda, prima dell’incontro, Bret Hart si era rivolto all’avversario con una raccomandazione: “dimmi quali sono le tue tre migliori mosse e, se sul ring seguirai le mie indicazioni, stasera finirai per essere assunto dalla WWF”. Detto, fatto: il match è un successo. Ricordate che siamo all’apice di popolarità dell’Hulkamania e che, come detto all’inizio, McMahon non è mai stato un tipo che dorme sugli allori. Il chairman rimane talmente impressionato che – racconta ancora Bret – in quel momento si convince di aver finalmente trovato il prossimo campione del mondo, colui che avrebbe rappresentato il futuro della sua federazione. Ma il merito, come sarebbe divenuto presto evidente, era stato tutto di Bret Hart, un autentico fuoriclasse del ring che era riuscito a far fare un figurone al giovane avversario. L’importanza di quel match sta proprio nella testimonianza che rende, non tanto sul potenziale di Magee, quanto sul talento di Hart, sempre in grado di eccellere: sia come protagonista che come antagonista.
Magee avrebbe continuato a lavorare per la WWF per qualche anno in eventi minori, senza incidere, e avrebbe definitivamente lasciato il wrestling nel 1990. Intervistato oggi, per il documentario, l’ex lottatore ammette di non aver mai saputo della considerazione dell’epoca da parte della dirigenza nei suoi confronti e si mostra in pace con se stesso, felice per l’esperienza fatta e grato a Bret per avergli regalato una serata, quella volta a Rochester nel 1986, in cui tutto sembrava perfettamente sincronizzato.
Dal canto suo, invece, per la fortuna di Vince McMahon e dei fan di wrestling, qualche anno dopo, Bret Hart avrebbe vinto la cintura di campione assoluto e avrebbe detenuto il titolo in più occasioni nel corso della sua straordinaria carriera, passando alla storia come “il migliore che c’è, il migliore che c’era e il migliore che ci sia mai stato” ed entrando nella Hall of Fame. McMahon cercava “il nuovo Hulk Hogan” ma, a inizio degli anni Novanta, finalmente si rese conto di avere in casa l’attuale Bret “The Hitman” Hart.