Hideo Yamamoto non è un autore qualsiasi. Così come non lo è Takashi Miike. Il più delle volte carta e celluloide giocano a rincorrersi ma in questo caso, cari lettori di MegaNerd, stiamo per parlare di un autentico titolo cult tanto se si tratti del manga, quanto del film
Koroshiya Ichi, (Ichi the Killer) è un titolo che vi suonerà come il rinculo di una rivoltella, se lo avete già assaporato a dovere.
Se così non fosse, spero che questa sia l’occasione buona per recuperare un autentico capolavoro a fumetti e suo fratello minore, ma solo anagraficamente parlando.
Certamente l’opera di cui sto per parlare non è per tutti, quindi vi avverto. Se siete deboli di stomaco, poco inclini al cut-up violento ed estremo, o a confrontarvi con la perversa e ossessiva spirale di morte che legherà i due protagonisti, Ichi the Killer non fa per voi.
In alternativa, se avete voglia di fagocitare l’estetizzazione della violenza di due autori eccezionali, rimaniamo insieme per un po’.
Il manga Ichi the Killer arriva non molto tempo fa qui da noi. Nel 2013 Planet Manga, sull’onda dell’ottimo successo di Homunculus, altra opera sublime di Hideo Yamamoto, propone Ichi in Italia. Non è un titolo per tutti e lo sa perfettamente. Me lo ricordo incellophanato sugli scaffali della fumetteria che attirava i miei occhi avidi di leggerlo immediatamente. Tornavo a casa di corsa, lo liberavo dalla plastica soffocante e mi godevo la lettura.
Di cosa parla Ichi the Killer?
Ci troviamo a Shinjuku, quartiere di Tokyo sottomesso alle leggi della yakuza. La nostra attenzione è rivolta a un particolare condominio, base nevralgica del clan al centro della storia. Il capo Yoshio Anjo e la sua amante vengono brutalmente uccisi su ordine del “Vecchio”, un uomo ripugnante che esercita il proprio controllo mentale su un ragazzo di nome Ichi.
Ichi, un ragazzo di ventidue anni il cui passato fatto di violenze subite è la carta morale giocata dal Vecchio. È dotato di una forza sovraumana e si destreggia abilmente nelle arti marziali. È la spietata macchina assassina che si muove in sordina e su commissione del padrone della sua mente per Shinjuku, mietendo vittime e praticando una sorta di rituale ossessivo post uccisione. Ichi infatti raggiunge la massima eccitazione, dopo aver compiuto un delitto. Da una parte non riesce a trattenere le lacrime sul sangue appena versato, dall’altra, viene travolto dalla necessità di masturbarsi lasciando il suo sperma sui cadaveri ancora caldi. Il fatto di aver eliminato l’ennesima mela marcia, lo manda in visibilio.
Nessuno riuscirebbe a sospettare di lui, un ragazzo remissivo e taciturno che pare incapace di far male persino a una mosca. Questo permette a Ichi di decimare il clan Anjo senza destare sospetti.
Inizialmente non si ha la certezza che Yoshio Anjo sia morto, sembra semplicemente aver fatto perdere le proprie tracce. Il fratello Kakihara inizierà una ricerca ossessiva del fratello creduto scomparso e, successivamente, preso atto della sua morte, si metterà sulle tracce dell’assassino che si firma Ichi, lasciando un numero 1 (Ichi in giapponese vuol dire “uno”, appunto) sui luoghi delle uccisioni. Sarà così che i destini di Ichi e Kakihara s’incroceranno.
Per il lettore conoscere il coprotagonista Kakihara Anjo equivale a farsi le ossa sul campo quando si parla di letteratura a fumetti del Sol Levante. Yamamoto ci guida attraverso il dolore provato da Kakihara nel suo oscuro passato, oggi inflitto a sé stesso e agli altri come forma pura di piacere e bellezza.
Liberato il campo della nostra immaginazione fuorviata da canoni perversi in cui potremmo facilmente incorrere, Kakihara punisce, taglia, penetra sé stesso e gli altri godendo di un dolore eccessivo e virulento che travalica immediatamente ogni umana tollerabilità.
Ichi the Killer si rivela da subito come il gioco a due di menti che s’incontrano sconfinando nel crudo giro di vite macabro e sporco l’uno dell’altro, fino allo scontro finale che non risparmia crudeltà e l’eccitazione del lettore di capire come andrà a finire.
La violenza è la vera protagonista di Ichi the Killer
Scevra da ogni preconcetto di genere, ci appare come la forma d’amore a cui Ichi e Kakihara aspirano ardentemente. Entrambi provano conforto dalle vessazioni subite, solo eccedendo in gesti crudeli che escono dalla loro sfera personale perché incontrollabili. La violenza è un grido d’amore disperato e malato di cui non possono fare a meno. D’altronde la vita non ha permesso a entrambi di conoscere altro e quindi, oso dire innocentemente, ignorano altre espressioni di realizzazione per continuare a vivere.
Quanto Yamamoto ci rappresenta, necessita di una lettura capace di analizzarne il contenuto senza fermarsi alle immagini crude profuse. Non essendoci possibilità di ripresa tra una scena e l’altra, chi si appresta a scoprire o riscoprire Ichi the Killer, deve saper cogliere quanto si nasconde dietro alla spudoratezza delle rappresentazioni e del linguaggio bieco e eccessivo che l’autore utilizza. Omicidi e torture, necrofilia e sesso osceno sono ostentati a ragione da Yamamoto, che ci obbliga a guardare ed essere partecipi di quanto accade. C’è una perenne esposizione del lettore al sangue, ai genitali torturati, alla materia cerebrale. Ripeto, questa lettura non è per tutti. Non ci si può imbattere per caso in Ichi the Killer, perché occorre essere preparati o comunque apprezzare questo genere. Attenzione, non sto dicendo che dovete essere fautori della violenza. Ciò che sostengo è che l’opera diventerà preziosa per chi apprezza una certa forma di estetismo. Non a caso Takashi Miike seppe trasporre su pellicola in maniera sublime le personalità di Ichi e Kakihara.
Il film Ichi The Killer non ci prende alla sprovvista se abbiamo confidenza con il maestro Takashi Miike.
Prendiamoci un minuto di tempo per ragionare insieme sulla corrente artistica audace che ha innalzato le immagini violente a pura forma espressiva. Quello che vi propongo è un passaggio a mio parere fondamentale per comprendere appieno il lavoro di Yamamoto e di Miike. Il maestro Miike disse: «Durante le riprese, la violenza significa amore e armonia. La cosa curiosa è che più l’amore è grande, più aumenta la violenza. Ultimamente ho il dubbio che proprio dall’amore nasca la violenza. In altre parole sono la stessa cosa».
Siamo di fronte a un codice stilistico dai contorni definiti, la cui realizzazione è possibile solo quando dietro si cela un artista, questo dev’essere chiaro. La violenza inserita come tappabuchi è decisamente un’altra storia e non c’interessa. Penso quindi immediatamente a Velluto Blu di David Lynch e al suo Frank Booth, oppure ad Alexander DeLarge in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick. Questi capolavori cinematografici seguono un codice ben preciso. Miike a sua volta utilizza questo codice con una bellezza che rasenta la perfezione, in molti suoi lavori e, ovviamente, in Ichi The Killer.
Questo regista è eccezionale e ogni volta è in grado di travolgere e stravolgere gli spettatori. Miike ha il potere di trasformare la materia, tutti i generi che hanno la fortuna di essere riletti e interpretati dalla sua mente. Mentre Ichi, interpretato da Nao Omori, sta decimando il clan di Anjo, Tadanobu Asano nei panni di Kakihara ci regala un’interpretazione autentica della creatura di Yamamoto che già da sola vale la visione del film.
I due protagonisti di questo splendido manifesto cult ci consegnano una verità crudele da accettare: l’uomo è in grado di realizzarsi anche attraverso la violenza. Attraverso quest’ultima entrambi cercano di raggiungere l’estasi massima come forma di decontaminazione del loro animo violentato dalla società.
Questo profondo stupro subito dai due è chiaro nell’espressione facciale di entrambi quando sorridono. Potrete rimanere impassibili (anche se ci credo poco) di fronte allo sgorgare del sangue e delle viscere, ma non al sorriso di Ichi e Kakihara.
È immediatamente comprensibile la loro inadeguatezza a conformarsi a una società che li ha distrutti nel profondo. Sono mostruosi quando ci provano. Da una parte Ichi e lo sforzo di ricerca dolorosa nella sua mimica facciale di qualcosa che somigli a un sorriso. Dall’altra Kakihara, che mostra due tagli ai lati della bocca che ne contrassegnano il viso donandogli un sorriso perenne.
Ambedue invece riescono nel pianto a esorcizzare le loro paure, si mostrano per quello che sono e ci restituiscono infinita bellezza. Ichi piange e si masturba dopo aver ucciso liberandosi da ciò che l’opprime. Kakihara piange per l’uccisione del fratello e non lo fa per la perdita di una persona cara. Kakihara piange perché Yoshio era l’unico capace a brutalizzarlo, torturarlo in modo tale da fargli provare amore.
Nell’opera di Yamamoto prima e di Miike poi, siamo lontani dalla classica contrapposizione buoni contro cattivi o vittime contro carnefici. Le storie che ci vengono raccontate, parlano di perseguitati alla ricerca di una possibilità di liberarsi da ogni male che li affligge.
Ichi è un sadico mentre Kakihara è un masochista. Gli opposti dell’idea di incontro perverso dovranno confrontarsi perché la loro continua ricerca deve raggiungere il massimo dell’estasi possibile per entrambi.
La lettura e la visione di Ichi the Killer sono ferite di carne viva che avvertirete sulla pelle. Potranno infastidirvi, turbarvi, ma vi daranno molto su cui riflettere. Ichi the Killer è infatti la raffinata ricerca trasfigurata in immagini mai fini a sé stesse, che ci guidano nell’ambiguità della mente attraverso i suoi protagonisti eccessivi dei quali siamo chiamati a studiare i complessi profili psicologici. Abbandonati i confini tra amore e violenza, passione e dolore, avremo materiale su cui riflettere per molto, molto tempo.
Dal salotto della Sig.ra Moroboshi
Abbiamo parlato di:
ICHI THE KILLER
Koroshiya Ichi
Autore: Hideo Yamamoto
Formato: 13×18 cm., brossurato, 208 pp. b/n
Volumi: 10
Editore: Panini Comics/Planet Manga
Prezzo: € 6,50 (le ristampe € 7,50)
Voto: 10