Alla prima edizione di UmbriaCon, abbiamo avuto modo di incontrare, tra gli altri, Davide Minciaroni, giovane autore della scuderia di Edizioni BD e artefice della saga Graveyard Kids.
Questa è stata la nostra chiacchierata con lui
Ciao Davide, grazie di essere qui con noi. Parto direttamente a bomba con la prima domanda: per Edizioni BD sono usciti i tre volumi di Graveyard Kids. Da dove arriva questa storia? C’è qualcosa di autobiografico?
Per quanto riguarda il contenuto della storia, non tanto. Nasce più dalle varie influenze dei fumetti e manga che leggevo nel periodo delle medie, ma anche da tutti i vari programmi, i cartoni animati soprattutto, sempre legati al periodo dell’adolescenza. C’è sempre la figura del bulletto nella scuola, che torna in tantissimi prodotti tv, sia giapponesi che americani. Quindi più che autobiografica, è questa l’origine.
Non so se ti sei interfacciato col pubblico, ma hai pensato all’impatto di questa storia sui giovani? Il bullismo è all’ordine del giorno sui social, nelle scuole: ti è capitato magari di avere un feedback a questo proposito?
Io non sono partito dal voler affrontare questo tema in modo serio; il progetto era nato come autoproduzione, e all’inizio non avevo neanche l’idea di proporlo a una casa editrice. Era una cosa fatta per divertimento: pensavo prima di tutto a fare qualcosa che mi divertisse fare e che divertisse il pubblico. Vari feedback sono stati su questo, nel senso che tanti bambini l’hanno apprezzato molto. Parliamo di un pubblico anche più giovane di quello a cui è destinato. Per la pubblicazione, comunque, non pensavamo di fare una cosa mirata ai bambini: ci sono le parolacce, ci sono delle cose che non sarebbero proprio adatte a quel pubblico. Però tanti genitori ci hanno detto che i figli hanno apprezzato molto, forse proprio perché è un po’ sopra le righe.
Visto che la copertina è così bella, hai pensato di farne una versione a colori?
In realtà no, però un po’ mi dispiace. È stato il primo fumetto che ho fatto in bianco e nero, di solito lavoro con i colori.
Ha in mente di continuare la storia con altri episodi?
No, il terzo numero è la conclusione dell’arco narrativo, anche se ci sono dei personaggi che mi piacciono molto e mi piacerebbe riprendere in futuro. In uno spinoff, magari.
Prima hai parlato dei manga che leggevi da bambino e da ragazzino, e c’è in effetti tanto del manga, nel tuo lavoro. C’è un autore che abbia avuto un particolare impatto sulla tua formazione?
Autore unico direi di no. Nel periodo in cui ho iniziato a lavorare a questa storia mi sono un po’ riavvicinato al mondo del manga, che avevo un pochino messo da parte. Nel periodo delle medie era la mia passione, poi ho iniziato a leggere altre cose. Le ispirazioni sono gli shonen che leggevo allora – Dragon Ball, Shaman King – ma anche cose storiche che ho letto nel 2016, 2017, quando ho iniziato a lavorare a questa storia. Mi piace l’approccio di Go Nagai, che mi ha influenzato molto a livello di costruzione delle tavole e struttura della narrazione. Perde molto poco tempo a fare introduzioni, va dritto al punto, è concentrato sull’azione. Ecco, questo mi ha influenzato molto.
Oltre ai manga segui anche anime?
Più che anime, mi piace molto l’animazione sullo stile di Adventure Time, con quei personaggi molto gommosi, stilizzati, semplificati, che però funzionano bene. Quando li metti in delle scene d’azione, funziona bene l’effetto comico di prendere dei personaggi con fattezze così semplificate ed esasperarne le espressioni.
Trovi difficile passare da un lavoro così solitario a dei momenti improvvisamente pieni di socialità, come quelli in fiera?
La cosa un po’ strana, più che altro, è che passa comunque molto tempo da quando un autore lavora a una storia, a quando arriva al pubblico. Fa sempre molto piacere ricevere feedback dalle persone che leggono la tua storia, ma magari sono passati mesi da quando hai avuto l’idea, forse anche anni, e sei su un’altra storia, in quel momento. Non è solo una cosa negativa, in realtà c’è anche il lato positivo: magari rileggi delle cose fatte un po’ di tempo fa, e sembra che lo abbia fatto qualcuno altro. A me è capitato perché ad esempio il primo volume di Graveyard Kids è uscito tre anni fa. È passato molto tempo, e capita quasi di stupirti di come certe cose magari sono venute bene e non te lo ricordavi.
Ecco, e a tal proposito ti capita mai di riscoprire cose tue dopo tempo e non ritrovartici?
Sì, abbastanza. Più che non ritrovarmici, di notare molta differenza. Credo sia anche normale, una cosa positiva, perché ogni persona nella vita cresce. Pensando al passato molte cose cambiano.
Se dovessi consigliare a qualcuno di leggere autori italiani, a parte te, chi consiglieresti?
Non per fare pubblicità, ma gli altri autori di Edizioni BD sono molto interessanti, secondo me. Veniamo un po’ tutti da un background abbastanza simile: io, per esempio, provengo dall’Accademia di Bologna, da cui sono usciti anche tanti altri autori. Hanno un approccio fresco, nuovo, e delle cose da dire. Mi è difficile farti dei nomi precisi, ma è bello dare una possibilità a delle voci nuove.
Grazie Davide, e a presto!