Intervista a Francesco Matteuzzi – Schulz, Banksy e gli altri

Durante LC&G 2024, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Francesco Matteuzzi, autore di “biomics” su grandi artisti – Rothko, Hokusai, Banksy – e, più recentemente di Funny Things, biografia a fumetti di Charles M. Schulz. Ecco la nostra chiacchierata, tra Peanuts e altri fenomeni pop.

copertina intervista matteuzzi

Non ricordo quando i Peanuts siano entrati nella mia vita, ma è come se fossero lì da sempre. Charles M. Schulz ha saputo descrivere l’umanità con una dolcezza e una classe come pochi, eppure so di lui davvero pochissime cose. Per cui, quando ho scoperto che Francesco Matteuzzi ne aveva fatto una biografia a fumetti, conoscere lui e la sua opera è diventato imprescindibile. Francesco è uno che fa – e ha fatto – molte cose: è giornalista, sceneggiatore di fumetti, programmi radiofonici, cartoni animati. Ha scritto per molte collane – per citarne giusto due, Dampyr e Martin Mystère e a Charles M. Schulz vuole particolarmente bene. Del resto, come si fa a non volergliene?

Grazie mille, innanzitutto, per aver accettato di fare questa chiacchierata con noi. L’idea mi è venuta perché in redazione tutti amiamo i Peanuts, il direttore in primis, e di recente tu hai fatto proprio un lavoro collegato a loro. Ma facciamo un passo indietro: hai fatto tante opere su artisti diversi, anche con stili per nulla simili. Hokusai, Banksy, poi Charles M. Schulz… cosa ti spinge a scegliere questi personaggi? C’è un filo conduttore che li lega?

Allora, un filo conduttore vero e proprio non c’è, dipende molto dai singoli lavori. Nel senso che alcuni di questi, come quelli che hai citato, nascono su commissione – mi viene chiesto se mi vada di scrivere su un determinato autore -, altri invece no. Per esempio, Hokusai era una mia idea che volevo realizzare e che ho proposto. Banksy, invece, nasce su commissione. Schulz non è assolutamente su commissione.

Quindi non c’è un vero filo conduttore, se non il fatto che siano artisti che effettivamente mi piacciono, persone di cui mi interessa raccontare la storia. Con Schulz, ad esempio, il libro è nato probabilmente proprio perché avevo realizzato altre biografie e avevo in testa quest’idea di raccontare a fumetti la biografia di un autore che fin da bambino ho amato. Ricordo che, ancora prima di saper leggere, sfogliavo già le strisce dei Peanuts, come tutti del resto.

Solo che poi, crescendo, l’amore per Schulz non è passato. A un certo punto mi è sembrata una buona idea raccontare la sua vita a fumetti e, nello specifico, farlo nella forma della striscia quotidiana, come quelle pubblicate sui giornali. Abbiamo cercato di replicare esattamente quel tipo di cadenza, di metrica.

Francesco Matteuzzi Funny Things

Ecco, proprio a proposito di Funny Things, immagino che lavorando su Schulz tu abbia fatto delle ricerche su di lui. C’è stato un aspetto della sua vita che ti ha colpito particolarmente, qualcosa che hai voluto mettere in evidenza?

Non grandi cose, ma semplicemente perché lo conoscevo già molto bene. Chiaramente c’è stata una grande ricerca: per fare il libro, sia io che Luca Debus ci siamo andati a leggere praticamente tutto ciò su cui siamo riusciti a mettere le mani. Non voglio dire tutto quello che esiste su Schulz, perché non è così, ma considera che a casa ho un intero scaffale di libri dedicati a lui; molti li avevo prima, molti li ho comprati proprio per fare questo lavoro.

Una cosa buffa, che nel libro c’è perché ce l’ho voluta mettere – anche se ininfluente ai fini narrativi – è che, per un periodo della sua vita, Schulz ha preso lezioni di aerobica. Uno se lo immagina ed è una cosa buffa. Era molto sportivo, faceva mille sport diversi, ma l’aerobica è un po’ particolare.

francesco matteuzzi funnythings4-scaled

Fa molto anni ’80, scaldamuscoli e videocassette di Jane Fonda…

Il periodo credo fosse quello, in effetti…

I suoi Peanuts ancora oggi mantengono forte l’impatto sulle persone. Alla fine piacciono a tutte le età e a tante fasce di lettori. Secondo te cos’è che ancora oggi gli fa avere questo grande successo e li rende così amati e anche così attuali?

Credo sia un insieme di più cose. Sicuramente, quella più superficiale è che sono personaggi molto belli graficamente: hanno una stilizzazione perfetta, quindi sono semplici, immediatamente riconoscibili e belli, non mi viene in mente un termine migliore. Ti attirano, appunto, come avevano attirato me da bambino.

Sicuramente, oggi ancora attirano, anche perché hanno involontariamente anticipato – sono pur sempre personaggi che nascono settant’anni fa – quell’estetica coccolosa dei personaggi carini e abbracciabili. Poi c’è il fatto che le strisce restano molto divertenti: anche lette a cinquanta o sessant’anni di distanza, hanno un umorismo che funziona ancora benissimo.

E l’altra cosa, che è quella che forse fa entrare un po’ più dentro alla narrazione, sono i caratteri di questi personaggi. Schulz per la prima volta mette in scena dei bambini – nelle strisce comiche ci sono sempre stati – che non sono quelli pestiferi. Sono bambini che hanno delle caratterizzazioni interiori e psicologiche molto profonde e molto precise. Anche contraddittorie, in realtà, perché a seconda delle situazioni in cui li prendiamo, questi personaggi hanno caratteri diversi.

Lucy, per esempio, che è sempre quella che spadroneggia, quando si trova a giocare a baseball, assume un altro ruolo: lì è Charlie Brown il capo, e lei è una giocatrice schiappa – come tutti, ma lei ancora di più – che non se la crede tanto, non grida, non protesta, si ridimensiona molto. Piuttosto, trova queste scuse assurde: “Avevo il sole negli occhi” “Ma ci sono le nuvole!” “Avevo le nuvole negli occhi”.

Francesco Matteuzzi Funny Things

Sono personaggi in qualche modo universali, quasi delle incarnazioni di archetipi… E potremmo togliere il quasi, probabilmente. Senza scomodare Jung e la psicanalisi alta, sono tutti i personaggi in cui riusciamo a rispecchiarci; ognuno di loro ha un aspetto in cui, in qualche momento della nostra giornata, ci rivediamo. A volte siamo Charlie Brown, a volte siamo Lucy, a volte siamo Linus, eccetera. Secondo me sono tutte queste cose che lo fanno funzionare.

In questi anni hai lavorato anche molto con i giovani, al PAFF ma non solo: come ti sembra che venga recepito Schulz, anche a livello tecnico, dai giovani che si stanno approcciando a questo lavoro? Riescono a riconoscere questa grandezza?

Guarda, non l’ho verificato sul campo, perché io insegno a scrivere e in generale mi occupo di umorismo e narrazione di storie lunghe, quindi Schulz lo uso molto poco. Lo uso per quello che mi serve, ma non ho veramente una risposta a questa domanda. Sono abbastanza convinto di sì, però: Schulz ha quel tipo di disegno che a prima vista può sembrare semplice, elementare, e non lo è.

In realtà, ogni tratto è perfetto, è esattamente quello che deve essere. E poi lo sappiamo che nel fumetto, in certi tipi di fumetto, la forza è data anche dalla sintesi, e quella che ha trovato Schulz è qualcosa di sublime. Veramente non c’è un puntino, non c’è un tratto che non sia esattamente dove deve essere.

Tanto che a un certo punto si tentò di trovare altri disegnatori per i Peanuts, non tanto per la striscia, ma per i comic books e tutte le cose collaterali, ed era impossibile trovare qualcuno che riuscisse a disegnare la testa di Charlie Brown che fosse una testa di Charlie Brown. Perché sì, è una linea, però deve essere quella lì.

Uno che non ne sa potrebbe prenderlo come una cosa semplice, anche di poco valore; uno che sa disegnare, io credo che veda tutta la grandezza che c’è dietro a ognuno di quei di quei trattini e puntini.

Charlie Brown

Se dovessi scegliere il personaggio dei Peanuts a cui ti senti più vicino? 

A seconda dei momenti, ti rispondo diversamente. Allora… spesso la mia risposta a questa domanda è Woodstock; in questo momento, dopo la giornata di oggi, ti direi quasi Linus. Ci vuole un po’ la copertina, un po’ il fatalismo… [ridiamo]

Passando da un fenomeno pop a un altro, mi ha molto incuriosito il tuo lavoro su Banksy. Mi sono chiesta: come fai a raccontare di qualcuno che vuole restare anonimo e per cui l’anonimato è una componente così importante? Come hai bilanciato la necessità di voler fare un racconto con il fatto di non poterlo fare fino in fondo?

Quella è probabilmente l’unica mia biografia a fumetti che non è una biografia, in realtà, perché non è che Banksy voglia restare anonimo, è che proprio non si sa chi sia. Ci sono delle teorie, che potrebbero essere centrate o no; non ne ho idea. La verità è che non sappiamo chi è. Abbiamo solo alcune informazioni, che però sono informazioni date direttamente da lui, quindi potrebbero essere false, per quanto ne sappiamo.

Per narrare, la necessità era trovare una storia da raccontare, che ovviamente non poteva essere la vita di Banksy. Quindi il libro parla molto di di Banksy, ma lo fa attraverso due personaggi che stanno cercando di scoprire chi sia; e attraverso questo artificio narrativo si ricostruisce non la sua vita, ma la sua carriera artistica.

Il suo nome è Banksy : Matteuzzi, Francesco, Maraggi, Marco: Amazon.it: Libri

Si mettono insieme un po’ di informazioni, raccontando però un’altra storia. A me non piacciono quelle biografie – non solo a fumetti, in generale – in cui semplicemente si comincia dalla nascita e si finisce con la morte di qualcuno, perché se non c’è una costruzione narrativa, un qualcosa che funziona da un punto di vista drammaturgico, diventa noioso. Magari sono cose interessantissime da un punto di vista di studio, ma come lettura rischia di essere poco coinvolgente: ti dà delle informazioni in un certo ordine e stop, però a quel punto ha anche poco senso farlo a fumetti.

Per come lavoro io, ho la necessità – anche quando lavoro su fatti reali – di collocare tutto all’interno di una narrazione che funzioni. Senza inventare cose, a meno che la cosa inventata non sia palesemente inventata. Cioè, non possiamo raccontare eventi reali inventandoci qualcosa, o meglio lo possiamo fare ma deve essere chiara la distinzione.

Quindi quella è stata un po’ la direzione che ho preso: raccontare la storia di due persone che indagano su Banksy. È l’idea migliore che mi è venuta.

Ed è bella, molto molto bella.

Ti ringrazio.

Banksy, come Schulz, è un fenomeno pop con molto seguito, soprattutto per i temi delicati e controversi che tratta, anche in maniera forte. Pensi che avrebbe avuto lo stesso impatto senza tutto il mistero attorno alla sua identità?

No, non credo. Anzi, io credo che l’opera più grande e significativa di Banksy sia Banksy stesso. Questo aspetto è qualcosa di cui scrivo anche nella postfazione del libro. Non sappiamo chi sia: è un uomo? Una donna? Un gruppo di persone diverse? Non esiste nessuna informazione attendibile che ce lo dica e Banksy – parliamone al maschile per convenienza – ne è assolutamente consapevole.

Il vero genio, secondo me, non è tanto nelle singole opere che compaiono sui muri, quanto nella costruzione totale del fenomeno, cioè creare un autore che non esiste ma che esiste eccome, perché ogni tanto copre i muri qua e là. Per rispondere alla domanda: no, non sarebbe la stessa cosa perché mancherebbe la parte principale, secondo me.

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Anche perché gestendolo così in teoria potrebbe andare avanti per sempre, potremmo avere un Banksy per sempre…

Esatto, come l’uomo mascherato, come Phantom. Potrebbe anche già non essere più, sebbene lo stile sia abbastanza riconoscibile. Magari è uno che ha realizzato mille disegni nell’arco di un anno e che, al ritmo di dieci all’anno vengono fatti uscire da altre persone. Magari è già morta, questa persona. Non è vero, sia chiaro, ma non possiamo escludere nulla con certezza assoluta.

Ultima domanda: c’è una storia o un personaggio che vorresti raccontare, qualcosa che magari stai “corteggiando”? Non è necessario svelare progetti imminenti, ma qualche sogno futuro?

In effetti, ci sono vari temi che mi piacerebbe affrontare, ma non sono progetti su cui sto lavorando al momento. Ho dei nomi in testa: permettimi di non dirteli non per scaramanzia, proprio perché sono cose che forse non farò mai, o forse li farò tra dieci anni… non ne ho idea, adesso.

In questo momento sto scrivendo cose di altro genere, non biografiche. La biografia mi piace molto, ma credo di averne fatte tante negli ultimi anni e quindi adesso aspettiamo un attimo. Mi piace molto il fumetto di realtà, quello che racconta cose vere – quindi anche le biografie – però magari ogni tanto cambiare un po’ il punto di vista, spostare l’obiettivo su un argomento diverso, credo che faccia bene un po’ a tutti, sia a me che a chi legge questi libri.


Funny Things, candidato ai Lucca Awards 2024, è un tributo a fumetti di due fan appassionati dei Peanuts, prima che di due ottimi autori. E, proprio come si legge nella descrizione fatta per gli Awards:

C’è un amore sconfinato per l’autore in questa biografia di Schulz realizzata a strisce. Attingendo al mondo poetico del papà dei Peanuts, Debus e Matteuzzi trasformano Schulz in un personaggio a fumetti cronicamente insicuro, ma determinato (ed è la differenza fondamentale fra lui e Charlie Brown) a realizzare il suo sogno professionale e la sua vita familiare.

Che tutto ciò accada a strisce e tavole domenicali, realizzate con un senso dell’umorismo poetico a Schulz infinitamente debitore, e per di più su una distanza ragguardevole, testimonia l’ambizione e l’interesse dell’operazione.

Speriamo di potervelo raccontare presto; voi restate sintonizzati e, intanto, recuperate più Peanuts che potete. Che ce n’è un gran bisogno.


Francesco Matteuzzi

Sceneggiatore e giornalista, fa il suo esordio nel mondo dei fumetti nel 2005 firmando, insieme a Giuseppe di Bernardo, la sceneggiatura del primo episodio della serie L’Insonne, intitolato “Crimini dimenticati”.

Negli anni seguenti sceneggia volumi a fumetti per il mercato librario, come Anna Politkovskaja (2010, BeccoGiallo, disegni di Elisabetta Benfatto), Philip K. Dick (2012, BeccoGiallo, disegni di Pierluigi Ongarato). Nel 2016 inizia la sua collaborazione con l’Editoriale Aurea, per cui scrive diversi “liberi” per le riviste Lanciostory e Skorpio, crea la serie “Graham McCormack” e sceneggia alcuni episodi di Dago.

Nel 2017 inizia a collaborare con la Sergio Bonelli Editore, per la quale scrive storie di Dampyr, Zagor, Martin Mystère e Dylan Dog.

Nel 2020 escono Hokusai. À la découverte du Japon (uscito in Francia per Seuil e poi pubblicato in Italia da Mondadori Electa con il titolo Hokusai. Discovering Japan, disegni di Giuseppe Latanza) e Mark Rothko. Il miracolo della pittura (Centauria, disegni di Giovanni Scarduelli).

Nel 2023 esce negli Stati Uniti la biografia a strisce di Charles Schulz Funny Things, realizzata con Luca Debus e pubblicata da Top Shelf (uscita in Italia per BeccoGiallo).

All’inizio del 2024 esce Henri de Toulouse-Lautrec (disegni di Valerio Pastore), pubblicato in Francia da Eyrolles, mentre alla fine dell’anno è la volta di Mangiami (disegni di Gregorio Di Angilla), pubblicato da Tunué, e di I disconosciuti (scritto con Francesco Della Puppa, Alessandro Lise e Giulia Storato, disegni di Francesco Saresin), edito da BeccoGiallo.

È stato anche autore di programmi radiofonici e di narrativa. Dai suoi racconti per ragazzi “Tre spie per un imperatore”, “Il giornalino di Luca” e “Solo un tiro a canestro” sono stati tratti tre cortometraggi prodotti da Giffoni Film Festival.

Tiene spesso laboratori di scrittura in Italia e all’estero.

Ha ricoperto il ruolo di Responsabile della Didattica e della Formazione del Palazzo del Fumetto di Pordenone.

 


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Claire Bender

Vive con un dodo immaginario e un Jack Russell reale, che di recente si è scoperto essere Sith. Grifondoro suo malgrado, non è mai guarita dagli anni '80. Accumula libri che non riesce a leggere, compra ancora i dvd e non guarda horror perché c'ha paura. MacGyver e Nonna Papera sono i suoi maestri di vita.

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