Una carriera da sogno, nata con un incubo. La passione per lo sport che viene trasformata in quella per l’arte. Tutto in una notte: dall’incubo al sogno, dai mostri al suo indimenticabile papà, dagli eroi perfetti a quelli della strada. Da Spider-Man a Daredevil, da Marvel a DC e ritorno. Signore e signori, il simbolo stesso del Marvel Style si racconta ai microfoni di MegaNerd: Mr. John Romita Jr.
Preparare un’intervista a una leggenda del fumetto non è mai semplice. In primis perché, essendo una leggenda, avrà già fatto migliaia di chiacchierate con la stampa, con i fan, persino con i lettori occasionali. Dunque devi studiare parecchio, cercare di evitare le domande più banali, capire su quali punti si è maggiormente soffermato durante i suoi incontri pubblici con i lettori e approfondire gli aspetti più interessanti, magari cercando un punto di vista diverso rispetto a chi ti ha preceduto.
Ma soprattutto, la cosa più difficile è cercare di scindere il fan, cresciuto divorando centinaia di tavole che l’Artista in questione ha disegnato dal 1977 a oggi, con il professionista, che è lì addirittura in veste di direttore di MegaNerd. Insomma, una bella gatta da pelare. Perché puoi aver fatto 100 interviste, ma quando sei di fronte a un signore che ha disegnato Daredevil: L’Uomo Senza Paura, un numero incalcolabile di albi di Spider-Man, Thor, Punisher, Hulk ed è considerato letteralmente uno dei più grandi disegnatori Marvel viventi… Beh, capisci di essere di fronte a un disegnatore dalla carriera fuori dall’ordinario.
Fortunatamente John Romita Jr. è una persona straordinariamente alla mano e ci pensa lui a scherzare per rompere il ghiacchio. Sorride e stringe mani a grandi e piccini, non nega una foto a nessuno e appena può eccolo pronto a raggiungerti e a dirti “Sono pronto, sarà un piacere chiacchierare con te”.
Tra risate, aneddoti e (tanti) momenti di forte impazzo emozionale, John (mi permetto il tono confidenziale) ha ripercorso con noi le tappe più significative della sua vita. Da quell’incubo che quella notte lo fece correre dal suo (altrettanto) leggendario papà, alla sua carriera da sogno. Da Marvel a DC e ritorno, perché la Casa delle Idee sarà sempre anche casa sua.
Signore e signori, su MegaNerd è arrivato John Romita Jr. in persona.
Benvenuto a Roma, John… ma soprattutto benvenuto su Meganerd.it! La tua carriera è stata un sogno finora: hai disegnato supereroi incredibili, personaggi iconici del mondo del fumeto, eppure tutto questo è iniziato con un incubo, è vero?
Sì. Avevo sei anni, ebbi un incubo ed ero solo, mio padre era al piano di sopra a lavorare. E la parte importante di tutto questo era che, quando mi svegliavo piangendo come un bambino, sapevo che era in soffitta. Salii per chiedere aiuto e senza il solito “Oh, mi dispiace tanto” paterno, mi disse “Siediti. Calmati. Voglio mostrarti una cosa”. Stavo ancora piangendo, chiedendomi perché non facesse nulla: “Papà, sto piangendo, sono sconvolto, ho avuto un incubo orribile! I mostri stavano venendo a prendermi!”
Disse: “Siediti”. Così, mi sedetti e lui mi mostrò quello che stava facendo. Era la prima volta che disegnava un supereroe, non una storia d’amore. Mi disse: “Voglio mostrarti una cosa, guarda qui” e mi spiegò che quello era un supereroe, come quelli che vedevo dal barbiere. Superman e Batman esistevano già, ma non li avevo mai letti perché lui lavorava a storie romantiche.
Mi disse: “Questo è Daredevil“. Era circondato da tutti i cattivi, i ladri. Mi disse: “Sai quando guardiamo i film e i cattivi sono ovunque con le pistole, cercando di rubare e uccidere? Questo tipo è da solo, ma darà una lezione ai cattivi e salverà tutti. Ha poteri speciali. È un supereroe. Oh… ed è cieco.”
Ero sconvolto! Mi spiegò tutto: mi misi a sedere – non lo avevo ancora fatto – e ascoltai come solo un bambino di sei anni potrebbe. Ha passato tre ore con me, spiegandomi tutto su questo supereroe, ma non mi disse cosa stesse facendo. Poi mi fece: “Tu guarda, io ora disegnerò questo e quest’altro”, e cominciò a disegnare. Quello è stato il momento in cui il mio interesse si è spostato dallo sport all’arte.
Da quel momento in poi, ho voluto essere un artista come lui per via di quel personaggio. Quindi, quando le persone mi chiedono quale sia il mio personaggio preferito, rispondo che il personaggio migliore è Spider-Man; ma il mio preferito è Daredevil. Non solo per la bellezza del disegno e del personaggio, ma per via di mio padre.

Quindi, la passione per Daredevil è iniziata in quel momento?
Esatto, sì.
Continuiamo a parlare di tuo padre, un artista davvero straordinario: quali consigli ti ha dato per la tua carriera? Ce n’è stato uno che ti ha particolarmente aiutato professionamente?
La cosa più bella del mondo dell’arte è che ho avuto modo di lavorare con mio padre, e abbiamo questo meraviglioso punto in comune. Molte famiglie non hanno questa fortuna. Lavori per tuo padre, magari in un’attività qualsiasi, come operaio edile o come idraulico. Ma questo era un legame personale e molto stretto. Mi diceva sempre: “Solo perché io sono un artista, non significa che tu debba fare lo stesso; ma se lo fai, non pensare mai di essere il migliore. Perché c’è sempre qualcuno migliore di te, da qualche parte. Migliore, più intelligente, più forte, più bello, tutto: facci l’abitudine. Ma questo significa anche che puoi migliorare, e devi provarci.”
E ho scoperto, man mano che crescevo, che tutto ciò che diceva si applicava alla vita personale, non solo all’arte; se fossi stato un atleta, sarebbe stato comunque valido, così come nell’istruzione, nella vita personale. C’è sempre qualcuno migliore di te, da qualche parte. Quindi, se pensi di essere già grande, non lo diventerai mai. Ma questo non significa che non puoi provare a esserlo. Queste parole sono impresse nella mia mente da sessant’anni, e questo perché mio padre era un uomo davvero brillante.
Assolutamente. Il tuo nome è inevitabilmente collegato ai personaggi Marvel: quasi tutta la tua carriera è stata alla Casa delle Idee. Eppure a un certo punto sei passato alla storica rivale, la DC Comics. Cosa ricordi del tempo passato a lavorare su Batman, Superman?
Ricordo di essermi preoccupato che del fatto che i lettori mi stessero ancora seguendo… e che questo fosse da egocentrici. In realtà, non lo era, era a causa di una cattiva decisione commerciale. In ogni caso, non importa; l’importante è che avevo l’opportunità di lavorare su personaggi che non avevo mai provato prima. Ma la parte più speciale… Beh, non speciale, la parte più forte è stata che ero terrorizzato, perché all’improvviso mi sono ritrovato sotto un microscopio.
E ho avuto la possibilità di disegnare Superman e Batman, due grandi personaggi. Non avrei mai pensato di disegnare Superman, anche perché volevo disegnare Batman. Invece l’ho fatto, e ricordo di aver pensato a quanto sarebbe stato difficile, perché non l’avevo mai fatto prima. Poi, mentre lo disegnavo per la prima volta, mi sono reso conto che lo avevo già fatto, in realtà! Ha un mantello rosso? Thor ha un mantello rosso! Ha i muscoli? Tutti i miei personaggi hanno i muscoli! È un supereroe? Lo sono tutti! Mi sono sentito molto più a mio agio. E poi ho potuto lavorare con Geoff Johns e Scott Snyder, scrittori brillanti.
All’improvviso mi sono sentito più rilassato, ma ero molto, molto spaventato, all’inizio
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In effetti Superman si discostava decisamente da tutto quello che avevi disegnato fino a quel momento…
Un personaggio intergalattico come Superman era molto diverso da quello che avevo fatto prima. Spider-Man, Daredevil, The Punisher, erano personaggi delle strade di New York. Questo era alieno e la sensazione era diversa… Non so quanto sia riuscito, ma credo di aver fatto un buon lavoro. È stato breve, ma mi è mancato Spider-Man per tutto il tempo, come mi mancherebbe la mia famiglia. Quella è casa mia, è mio fratello.
Però Superman: Year One che hai realizzato con il grande Frank Miller è un lavoro fantastico.
In quel caso ho potuto disegnare tavole più grandi. E lavorare con Frank è un piacere, perché era un artista prima di essere uno scrittore, e sa cosa dirmi e quando lasciarmi fare. La collaborazione su Man Without Fear e Superman: Year One è stata speciale perché mi ha permesso di fare quello che volevo. Poi ci aggiungeva i suoi dialoghi, e penso che fosse geniale. Magari non avrà venduto bene come speravano, ma penso sia stato un progetto fantastico e ne sono molto orgoglioso.
Torniamo a parlare del personaggio che prima hai definito tuo fratello, Spider-Man. Lo hai disegnato davvero per molti anni, regalando al mondo dei comics tavole fantastiche che hanno fatto il giro del mondo, lavorando a stretto contatto con una moltitudine di scrittori. Come hai visto evolvere Spidey dall’inizio della tua carriera a oggi?
Il personaggio deve essere lo stesso, perché il suo fascino sta in ciò che Stan Lee ha creato. Un ragazzino della strada, improvvisamente supereroe, che non era perfetto come Superman. Peter Parker era imperfetto. Il ragazzino ebreo. Era incapace con le ragazze, era timido, impacciato. Perdeva le lotte. Veniva bullizzato. I suoi vestiti si restringevano, ha fatto restringere perfino il costume, per errore! Era una persona normale che è diventata un supereroe. Quello è il fascino.
E tutto questo non è andato perduto, anzi; perché non voglio vedere Peter Parker come un personaggio affascinante e bello come James Bond. No, deve essere un adolescente goffo. Adesso è un adulto, certo, ha più di 60 anni (si riferisce alla vita editoriale, NdR), è cambiato. Ma il fascino di Peter è che era, ed è, l’antitesi di Superman.
Tutti immaginano Stan Lee che crea Spider-Man da zero. No! Pensa a questo: Superman, costume rosso e blu; Spider-Man, costume rosso e blu. Clark Kent lavora per un giornale. Peter Parker lavora per un giornale. J. Jonah Jameson ha in sé Perry White. In pratica, Stan Lee ha preso questi personaggi e li ha resi migliori, rendendo il protagonista una persona vera. Ecco perché Spider-Man è fantastico.
Quando ho iniziato a farlo, era stato fatto così bene per così tanto tempo e da così tante persone, che la mia paura era “Non posso diventare migliore di loro”; ma il personaggio era importante e si è evoluto forse fisicamente, ma non oltre il fascino e la bellezza di ciò che Stan Lee e Jack Kirby hanno creato, e che mio padre ha poi trasformato nel personaggio spettacolare che è. Do tutto il merito del mondo a Stan Lee e Steve Ditko, ma mio padre lo ha reso straordinario tutto da solo.

Ho letto che le tue storie preferite, tra quelle che hai disegnato, sono Daredevil – Man Without Fear e, purtroppo, Spider-Man 9/11. Cosa ricordi del momento in cui hai disegnato queste opere così diverse tra loro?
Man Without Fear (in Italia Devil: L’Uomo senza Paura, NdR), come ho detto prima mentre parlavo di Superman: Anno Uno, è venuto fuori perché ho lavorato con Frank. Io e lui siamo entrati nel settore più o meno nello stesso periodo. Siamo molto vicini di età, ed entrambi abbiamo imparato a raccontare storie prima che sceneggiature. Invece di uno scrittore che ci dice cosa fare, lo scrittore ci chiede cosa ci piacerebbe fare; Frank lo sa bene, e sapeva cosa potevo fare come narratore. Mi ha dato una grande libertà per Man Without Fear: e man mano che gli passavo i disegni, lui scriveva i dialoghi in base a quelli.
Poi abbiamo avuto la possibilità di fare di più, e abbiamo aggiunto 80 pagine di storia. E io ho detto: “Voglio mettere questo qui”. Me lo ha lasciato fare, e sono diventate 150 pagine di disegni. E tutto di quel volume, compreso il lavoro con Al Williamson e Christy Scheele, la colorista, era il top di gamma.
Al Williamson era uno dei più grandi illustratori che abbiano mai lavorato nel mondo dei fumetti, oltre che uno dei migliori illustratori in assoluto. E Frank ha fatto in modo che tutto filasse alla perfezione. Ha aggiunto un che di cinematografico, mettendoci Kingpin che si sbarazza della vecchia mafia. Mi disse: “Pensalo come un film”, gli risposi: “Lo so, questo è un film!”. Fu una gioia.
Con 9/11 purtroppo siamo stati costretti – non costretti… Ci hanno chiesto di scrivere qualcosa non per onorare Spider-Man, ma i veri eroi. Così, quando siamo stati avvicinati, sia io che J. Michael Straczynski abbiamo detto di no, era orribile. Non volevamo capitalizzare sulla tragedia e non lo avremmo fatto. Avremmo onorato i veri supereroi, quella fu un’idea mia e di Joe. Voleva che tutti sapessero cosa stavano vivendo i supereroi, certo, ma dando più spazio alla polizia, ai vigili del fuoco e all’esercito. Era più importante.
I supereroi che rendono omaggi ai veri eroi, quelli del mondo reale.
Esatto. Vedi, avevo amici tra i vigili del fuoco, che hanno perso i loro amici. Ho amici che sono agenti di polizia, e hanno perso i loro amici. Ho due amici che lavoravano nella nettezza urbana, e hanno lavorato sul luogo del disastro nei mesi successivi: hanno il cancro. Questi sono supereroi. Quelli sono supereroi e la storia fu completata grazie al brillante lavoro di Joe Straczynski. Alla fine, raccontammo i supereroi dei fumetti che onoravano i veri supereroi, come hai detto.
E questa è la parte più importante per me. Io – l’ho detto a molte persone – che mi ricordo sempre in che momento ho iniziato un fumetto, ricordo una scena: ero seduto in casa, a tale ora, e mia moglie è entrata… Eppure, non ricordo nulla riguardo all’aver disegnato quel numero sull’11 settembre. È tutto confuso, capisci? Doveva essere pronto in cinque settimane, e c’erano tante pagine e tanti disegni. Ne sono orgoglioso, e sono inorridito dal fatto di esserne orgoglioso.
Non c’è alcun mistero in questo. Fu un evento orribile. Siamo stati attaccati, il mondo è stato attaccato. Sono orgoglioso dei disegni, solo che non ricordo nulla. Ricordo solo che mia moglie Kathy e Joey – che all’epoca era un ragazzo – sono venuti di corsa al piano di sotto per dirci che dovevamo vedere cosa stava succedendo a New York City.
Mia moglie, quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto, stampava le fotografie della scena ogni ora per aggiornarle, così che potessi essere accurato. Avevo sul mio grande tavolo da disegno le fotografie della distruzione. Ho avuto incubi terribili, anche perché sapevamo che c’erano dei morti; ma questo mi ha reso un artista migliore e una persona migliore.
Mia moglie e mio figlio erano lì per me. Io piangevo, loro piangevano, mio padre piangeva, mia madre piangeva, piangevamo tutti come bambini. E i veri supereroi ci hanno salvato. I poliziotti, i vigili del fuoco e i militari.
Da pelle d’oca. Torniamo nel mondo della fantasia, perché c’è ancora una domanda che vorrei farti riguardo Daredevil: L’Uomo senza Paura.
Mentre disegnavi questa miniserie, diventata immediatamente così iconica, hai avuto subito la percezione essere al lavoro su un capolavoro?
Credo di sì, ma ho scoperto più tardi quanto sarebbe stata importante per la mia carriera. Quello che ricordo è che non so se mio padre, o Frank (Miller, NdR), o un altro artista, disse: “Questo è un film”.
Sì, fu mio padre e quando l’ho detto a Frank, così onorato da quel complimento, ha detto che in effetti era vero. Daredevil: L’Uomo senza Paura doveva essere davvero un film, perché originariamente era stato realizzato come adattamento cinematografico, un trattamento per un film o una serie TV, non ne sono sicuro. Però era stato rifiutato, dunque Miller pensò: “Invece di aggiustarlo per il cinema, voglio farlo come fumetto creator-owned”, ed è diventato la miniserie che conosciamo.
Pensa che sia il regista che il produttore della serie TV Daredevil hanno detto che è proprio grazie a quella storia che hanno deciso di fare il serial che abbiamo visto su Netflix.
Quindi sì, quella miniserie era un film in stop-action. Era una versione live, scusami, una versione artistica di un film. E ne sono così orgoglioso perché è stato gestito come una narrazione sequenziale meglio di qualsiasi cosa io abbia mai fatto. Ne sono molto, molto orgoglioso e ringrazio Frank, ringrazio Al Williamson, riposi in pace, ringrazio Christy Scheele. Ringrazio tutti, perché tutto ha funzionato perfettamente. Ne sono molto, molto orgoglioso.
Preferisci uno scrittore che sia più specifico nella sceneggiatura o che ti lasci più libero di essere il “regista” della storia?
La seconda. Preferirei che mi chiedessero di fare quello che voglio fare e mi lasciassero libero fintanto che mi attengo alla loro idea di base. Anche Neil Gaiman, il brillante Neil Gaiman, ha detto: “So cosa puoi fare, segui la base della storia e lascia che io riempia i dialoghi in base a quello che farai. So cosa puoi fare, fammi solo sapere se stai cambiando qualcosa”. Quindi, preferisco una storia, non una sceneggiatura.
Questa era la mia ultima domanda, John. Ne avrei altre 100.000, ma purtroppo dobbiamo proprio lasciarti andare.
Grazie mille per la tua disponibilità e per le emozioni che ci hai trasmesso.
Il piacere è stato mio, anzi, è stato un onore. A presto!
John Romita Jr.
John Romita Jr. è uno dei maestri moderni dell’industria dei comics, figlio di John Romita Sr., ex direttore artistico della Marvel e leggenda vivente del fumetto.
A soli 13 anni crea il personaggio di Prowler per una storia di “The Amazing Spider-Man” disegnata dal padre. Il suo primo incarico ufficiale risale al 1978 sulla serie “Iron Man“, da cui poi approda sulle pagine di “The Amazing Spider-Man”. Per Marvel disegna la storica miniserie “Marvel Super Hero Contest of Champions” e diversi numeri di “The Uncanny X-Men”, consolidando uno stile unico.
Insieme a Frank Miller realizza la miniserie “Daredevil: The Man Without Fear“, che lo rende simbolo del Marvel style per tre decenni. Nella sua lunga carriera collabora con autori del calibro di J. Michael Straczynski nella premiata serie “The Amazing Spider-Man“, Neil Gaiman, nella miniserie “Eternals“, e Mark Millar, prima su “Wolverine” e poi sul celebrato “Kick-Ass“, di cui è cocreatore e per il quale coproduce i successivi adattamenti cinematografici campioni d’incassi.
Nel 2014, dopo 36 anni di onorata carriera alla Casa delle Idee, firma un contratto in esclusiva con DC Comics e inizia a disegnare “Superman“, su testi di Geoff Johns prima e Brian Bendis poi, e “All-Star Batman“, insieme a Scott Snyder. Torna a far squadra con Frank Miller in “Superman: Year One” e “Dark Knight Returns: The Last Crusade“.
Nel 2021 viene annunciato il suo ritorno in Marvel, che si concretizza nel rilancio di “The Amazing Spider-Man” #1 (2022) in coppia con Zeb Wells nel sessantesimo anniversario della nascita del personaggio.