Jorge Corona e Skottie Young – Il ‘Dinamico Duo’ che voleva uccidere la Morte

Nel corso di Lucca Comics & Games 2024 abbiamo avuto l’onore di parlare con due grandissimi autori: Skottie Young e Jorge Corona. Ospiti allo stand Bao Publishing, con il ‘dinamico duo’ abbiamo parlato della loro ultima fatica Ain’t No Grave, ma non solo…

copertina intervista corona young

Lucca Comics & Games 2024. Come ogni anno i giorni della fiera del settore più importante d’Italia sono faticosi e frenetici. Le interviste con gli autori sono spesso ‘concentrate’ per i mille impegni degli stessi, messi sotto pressione da sessioni di firme agli stand, eventi e panel.

Noi di MegaNerd arriviamo allo stand Bao Publishing per intervistare due degli ospiti internazionali ospiti dell’editore, nonché talenti puri del fumetto moderno: Skottie Young e Jorge Corona. Il tempo è avaro, la folla intorno a noi è tanta ma si parte con le domande… ed è stata un’intervista bellissima.

Skottie e Jorge sono due artisti che hanno un’intesa pazzesca non solo nel lavoro ma anche nella vita. Li abbiamo definiti ‘dinamico duo’ e mai definizione fu più azzeccata.

Con loro abbiamo parlato di come è nato il loro rapporto di lavoro che è diventato in seguito amicizia, e della loro ultima graphic novel Ain’t No Grave, opera action western uscita per Bao Publishing durante la kermesse lucchese, ma anche dei progetti futuri.

Nonostante la frenesia, lo stress, la stanchezza quei venti minuti di intervista sono stati divertenti per tutti: noi e loro. E quando gli autori sono a loro agio nel raccontarsi, noi non possiamo che essere ancora più soddisfatti del lavoro svolto, che speriamo piaccia anche a voi cari lettori di MegaNerd.

Un grande ringraziamento, ovviamente, alla Bao Publishing per averci dato l’opportunità di fare due chiacchiere con Skottie e Jorge.

Ma bando alle ciance! E lasciamo la parola a Skottie Young e Jorge Corona.

Intervista a Jorge Corona e Skottie Young

Siete una di quelle coppie che a me piace chiamare “Dinamico Duo”: due autori che si incontrano nel momento giusto della loro carriera, nasce quell’alchimia e, con essa, diverse ottime storie nel corso del tempo. Come è nata la vostra collaborazione?

Young – Come è iniziata, Robin?

Corona – Chi dei due è Robin?

YoungOh, tu sei Robin! [risata n.d.r.] Be’, è successo tutto quando ci siamo incontrati per la prima volta. Io stavo finendo un libro, iniziavo a scrivere molto di più e stavo pensando di spingermi oltre quel progetto. Parlavamo da tempo di fare qualcosa insieme, ma ci sono voluti un paio d’anni prima che un progetto si concretizzasse.

Così, quando è arrivata l’occasione, l’ho contattato e gli ho chiesto: “Ti interessa?”. Lui ha risposto di sì. Non immaginavamo che sarebbe andata così bene. Certo, eravamo fan l’uno dell’altro. Io adoravo la sua arte, ma non sapevo nemmeno se lui avesse letto quello che avevo scritto, perché in quel periodo non avevo prodotto molto.

Corona – Esatto, avevi scritto i primi tre numeri [di Middlewest n.d.r.], poi me li hai inviati. Ricordo che ne parlavamo al telefono, è stato uno dei primi momenti in cui abbiamo parlato di Middlewest. Mentre raccontavi, io pensavo: “Questo è proprio il tipo di storia che amo“. Così abbiamo iniziato a lavorarci insieme, sviluppando la tua idea e aggiungendo ciò che potevo portare dal punto di vista artistico.

Ricordo di aver pensato: “Accidenti, sto disegnando per Skottie Young!”, che non era proprio una cosa che mi aspettavo di fare. Ma è scattato qualcosa, tra noi. Abbiamo capito subito che funzionava, che potevamo lavorare bene insieme e che avevamo un approccio simile alle storie.

Addirittura, mentre stavamo chiudendo l’ultimo numero di Middlewest, è venuto a trovarmi a Denver, dove vivo, e stavamo già discutendo su cosa fare dopo. È una sensazione rara, nei fumetti, e quando capita sai che devi tenerla stretta, perché non succede sempre.

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Parlando di ottime storie, è uscito il vostro ultimo lavoro: Ain’t No Grave. L’ho trovata una bellissima storia western, senza un attimo di respiro e un po’ diversa dal tuo solito stile, Skottie: più drammatica, con una protagonista per certi versi negativa. Ridge Ryder è un’assassina e ladra con una missione particolare: uccidere la Morte. Come ti è venuta in mente questa storia? Hai pensato subito a Jorge per i disegni?

Young – L’idea ci è venuta partendo da un concetto semplice: ci piaceva immaginare un personaggio che non fosse buono, ma che avesse cambiato vita trovando una sorta di pace. Il genere western si adattava perfettamente, perché tutti sappiamo che cos’è un bandito, che assalta treni e uccide. Però volevamo che ci fosse qualcosa che lei dovesse espiare, un prezzo da pagare.

E poi l’idea: uccidere la Morte. Ryder è il tipo di personaggio che ottiene sempre ciò che vuole, e lo fa con le armi. Quando le viene detto che morirà, pensa: “No, non voglio morire. Troverò un modo per fermarla“.

Corona – Esattamente. Abbiamo creato un personaggio che aveva già vissuto un’intera vita prima dell’inizio della storia. Non volevamo introdurre la protagonista nel momento cruciale della sua vita, ma mostrarla con un passato pieno di scelte e conseguenze. Come diceva Skottie, nel western non devi spiegare troppo: basta dire “bandito” e tutti capiscono.

Abbiamo quindi mostrato frammenti del suo passato mentre raccontavamo la sua ‘ultima avventura’, quella contro la Morte. Ryder non si arrende alla sfida finale, e questa è una parte centrale della storia. Una volta deciso il genere, è stato facile: abbiamo guardato tanti film western, discusso i nostri preferiti e distillato quegli elementi per trasformare l’immaginario classico in qualcosa di più fantastico.

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Jorge, hai tratto ispirazione da qualche volto femminile noto per caratterizzare la protagonista?

Corona – Più che a volti reali, mi sono rifatto alla narrativa e a personaggi cinematografici. Una grande ispirazione è stata il personaggio di Sharon Stone in Pronti a Morire (The Quick and the Dead). È stata una delle basi principali per Ryder. Non ho usato riferimenti alla vita reale, ma mi sono concentrato sull’iconografia del western cinematografico, puntando su immagini iconiche e universali.

Ti sei divertito a disegnare una storia western con protagonisti gringos, sparatorie, partite a carte, cavalli e lande desertiche?

Corona – Tantissimo! È stato davvero divertente. Sapevamo fin dall’inizio che ogni capitolo avrebbe esplorato un aspetto diverso del lutto, e che avremmo affrontato ogni sfumatura del dolore, come l’aveva scritto Skottie. Passavamo da una situazione all’altra cercando di non ripetere mai ciò che era già stato fatto.

Young – Esatto. Ho concepito la sceneggiatura come se fossero tanti generi diversi all’interno del western. Ho strutturato tutto fin dall’inizio in modo chiaro: il primo capitolo è un dramma puro – negli Stati Uniti, la storia è uscita a puntate. Il secondo capitolo è in stile John Wick, un’azione frenetica con sparatorie. Il terzo è più una commedia, qualcosa di simile a Maverick. Il quarto è un horror, come un film di David Lynch.

Ogni capitolo l’abbiamo considerato come un sottogenere, per essere sicuri di non fare semplicemente ciò che ci si aspetta dal western ed evitare i soliti cliché.

Corona – E questo ovviamente ha influenzato anche il modo in cui ho affrontato ogni capitolo visivamente. Non volevo disegnare un libro in cui si vede solo l’orizzonte. Quindi ci siamo detti: “Mettiamoci su una barca, esploriamo una miniera.” Sai, abbiamo cercato di cambiare le ambientazioni e sfruttare tutti gli elementi iconici del western. Ma c’è anche l’idea di scavare metaforicamente, come nella miniera, e poi risalire in superficie. È stato quasi come creare un videogioco!

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Ain’t No Grave è suddiviso in capitoli con titoli ben precisi: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Sono le fasi di accettazione del lutto, e la storia segue il flusso di queste fasi attraverso la protagonista e le sue azioni. È stato difficile, Skottie, costruire una trama seguendo queste fasi?

Young – In un certo senso è stato più semplice, perché sentivo di poter cambiare. A volte all’inizio ci vuole tanto tempo per trovare la quadra di una storia; in questo caso invece mi sono detto: “Non devo pensare troppo alla visione d’insieme, perché cambieremo ogni volta… Allora facciamo una partita a carte su una barca!” Grande. Non mi sono nemmeno preoccupato delle regole del gioco o di che carte avessero in mano. Non volevo rimanere bloccato su dettagli inutili.

Ed è stato divertente! Era un puzzle interessante: usare le fasi del lutto come strumenti per fare un po’ del lavoro, perché sono concetti che tutti comprendono. Se il capitolo si intitola “Depressione”, sai già cosa aspettarti, e puoi entrare nell’atmosfera prima ancora di leggere.

Mentre scrivevo, ho scelto di ascoltare musica diversa per ogni fase. Quando sono arrivato alla “Depressione”, ho cancellato tutto. Avevo scritto tante parole, ma ho chiamato Jorge e gli ho detto: “Penso che non ci saranno testi per questo capitolo. Che ne pensi?” E lui: “Vai.” Così ho eliminato i dialoghi. Era comunque una sceneggiatura completa, ma senza parole.

Mi sono detto che le immagini sarebbero state più potenti di qualsiasi cosa avrei potuto scrivere. Tutti, a un certo punto, ci siamo ritrovati in quello stato; e quando siamo in depressione, proviamo emozioni, ma non abbiamo necessariamente voglia di parlare o ascoltare, no? Siamo chiusi in noi stessi. Questo capitolo era perfetto per lasciare che fossero le immagini a comunicare il dolore, per permettere al lettore di sentirlo con le proprie emozioni e parole.

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Jorge, adattare lo stile della protagonista man mano che la storia avanzava è stato complesso?

Corona – Il fatto che potessimo saltare da un genere all’altro, da un’emozione all’altra, è stato molto divertente: potevo approcciare ogni capitolo in modo diverso, concentrandomi su ciò che avrebbe meglio trasmesso quel particolare sentimento. Il personaggio, l’azione, la recitazione, qualunque cosa aiutasse a veicolare meglio quell’emozione.

La parte più bella, come diceva, è stata che nessun capitolo era uguale al precedente. Ad esempio, potevo dedicarmi a scatti d’azione in un capitolo, oppure sperimentare con angolazioni e approcci nuovi. È stato davvero stimolante.

Ryder è una donna disperata, una madre, ma sembra che tu non voglia mai far dimenticare al lettore che è anche un’assassina.

Young – Sì, credo sia importante mostrare che le persone possono cambiare, ma in genere non cambiamo del tutto. Siamo ciò che siamo, nel profondo. Anche da padre, osservando i miei figli, vedo che sono semplicemente quello che sono. Posso dar loro delle indicazioni, e possono modificarsi un po’, ma nel profondo rimangono ciò che sono.

Sapevamo fin dall’inizio che Ryder avrebbe dovuto pagare per ciò che aveva fatto. Non volevamo idolatrare le sue scelte, ma volevamo comunque mostrare che le persone possono decidere di intraprendere un percorso diverso, scegliere una vita diversa. Tuttavia, pensavamo fosse importante far vedere quella vecchia versione di lei, perché era comunque responsabile di molto dolore nella vita di altre persone.

Mentre affronta il suo lutto personale, e piange la sua imminente fine, è facile fare il tifo per lei, volere che vinca. Ma è altrettanto fondamentale ricordare che è stata una persona davvero cattiva. Dovevamo assicurarci di non far passare troppo tempo senza ricordare al lettore le scelte terribili che ha fatto nella sua vita.

Spesso guardiamo film o leggiamo libri dove è fin troppo facile innamorarsi di personaggi pessimi. Se pensi a I Soprano, alla fine della serie ti ritrovi a fare il tifo per persone orribili. O ancora, la gente adora Mad Men: Don Draper è un personaggio terribile sotto ogni aspetto, ma te ne dimentichi e lo ami comunque, perché è affascinante e ben scritto.

Per Ryder, fino all’ultima pagina, ci siamo impegnati a ricordare a noi stessi e ai lettori che è una persona cattiva. Anche se ama sua figlia, può comunque essere una pessima persona, o aver fatto cose terribili. Chiunque porta con sé il peso di ciò che ha fatto, e Ryder non fa eccezione.

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Parliamo di progetti in corso o futuri. Per Jorge so che c’entrano dei robottoni giganti provenienti da Cybertron…

Corona – [risata n.d.r.] Sì, esatto. Non è una voce, è qualcosa su cui sto effettivamente lavorando. Magari non è ancora arrivato in Italia, ma sta succedendo. Comunque, al momento, è il mio progetto principale. Sto lavorando al terzo volume, negli Stati Uniti, ma il secondo è già pronto.

Quindi sì, questo sarà il mio progetto per un po’. Poi, beh, parlando di fumetti, c’è anche Skottie che sta cercando di convincermi a fare qualcos’altro…

Skottie, tornerai a disegnare una tua storia oltre alle tue fantastiche variant cover supereroistiche?

Young – Oh, sono contento che tu me l’abbia chiesto! Sì, è proprio quello che sto facendo. Finalmente tornerò a disegnare qualcosa che scrivo io. Sono passati sei anni dall’ultima volta.

Corona – È da tempo che glielo dicevo!

Young – Mi manca. Anche se un po’ mi spaventa, perché scrivere è difficile, ma non quanto disegnare. Disegnare richiede sicuramente molto più tempo. Quindi quando ci penso mi dico: “Oh Dio, cosa sto facendo? Perché lo sto facendo?” Però mi manca entrare in una stanza da solo, senza pensare a nessuno, e uscire con qualcosa di completamente mio.

È quello che ho fatto con Odio Favolandia per tanto tempo, e voglio rivivere quella sensazione. Quindi sì, il mio prossimo progetto è scrivere e disegnare per me stesso.


Ringraziamo davvero Jorge Corona e Skottie Young per essere stati con noi, intervistarli è stato davvero fantastico. Alla prossima, Dinamico Duo!

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Jorge Corona e Skottie Young a Lucca Comics & Games 2024 mentre incontravano i fan allo stand Bao Publishing

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Doc. G

Il mio nome e' Doc. G , torinese di 36 anni lettore compulsivo di fumetti di quasi ogni genere (manga, italiano, comics) ma che ha una passione irrefrenabile per Spider-Man! Chi è il miglior Spider-Man per me? Chiunque ne indossi il costume.
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Claire Bender

Vive con un dodo immaginario e un Jack Russell reale, che di recente si è scoperto essere Sith. Grifondoro suo malgrado, non è mai guarita dagli anni '80. Accumula libri che non riesce a leggere, compra ancora i dvd e non guarda horror perché c'ha paura. MacGyver e Nonna Papera sono i suoi maestri di vita.

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