J-Pop ha portato in Italia Kabi Nagata, Autrice de La mia prima volta – My Lesbian Experience with loneliness e Lettere a me stessa, due volumi sulla fragilità dell’animo femminile imprigionato in stanze buie e solitarie. Leggere le due opere è quasi un atto dovuto per rispondere alla richiesta d’aiuto di chi ce la sta mettendo tutta per sconfiggere la depressione
Kabi Nagata, classe 1987, è una donna che ha deciso di affrontare il lato oscuro della luna. Lo ha fatto parlando di sé senza filtri, consapevole che la sua testimonianza avrebbe alterato, e non poco, i suoi fragili equilibri familiari, le limitate relazioni interpersonali custodite negli anni e, soprattutto, il rapporto con il suo riflesso allo specchio, stanco e consumato dalla depressione. Un atto necessario, quasi dovuto per provare a sconfiggere il dolore. Un’autoterapia d’urto per scavarsi dentro fino in fondo e provare a comprendere cosa dobbiamo salvare. Il resto sarà necessario eliminarlo per smetterla di perseguitarci.
Davanti a fogli bianchi, non c’è trucco, non c’è inganno. Siamo nudi. Ed è proprio così che l’Autrice si raffigura nelle copertine dei due volumi.
La mia prima volta – My lesbian experience with loneliness è stato pubblicato in Giappone nel corso del 2016 sulla piattaforma Pivix. Il successo, nonostante i timori dell’Autrice, è stato immediato e si è guadagnato prontamente la pubblicazione in un volume unico, per la casa editrice East Press Co.
Lettera a me stessa – Dopo La mia prima volta è una serie, sempre autobiografica, da noi raccolta in volume unico. Parliamo dunque di due volumi, distinti e separati. Sicuramente gli stessi possono essere letti singolarmente, ma il consiglio è di provarli senza soluzione di continuità. Io ho fatto così.
J-Pop ci aveva difatti preannunciato, visto l’ottimo riscontro di pubblico de La mia prima volta, che presto avremmo letto una sorta di proseguo del primo report della Nagata. Armatami di pazienza ho aspettato. Aver letto di seguito le due opere mi ha permesso di addentrarmi tra le pagine di un vissuto così precario da intimorirmi. Perché? È inevitabile l’attaccamento alla protagonista. Leggere crea migliaia di collegamenti empatici con gli autori, tanti quanti sono i lettori. Chiunque abbia già letto le opere di cui parliamo, vorrebbe comunicare con la Nagata, chiederle come sta, se ha imparato ad avere fiducia. Se ha trovato gli abbracci sperati.
La mia prima volta ci conduce alla scoperta di una ragazza la cui mente è piena di dubbi e domande esistenziali. Nagata in queste pagine, si libererà una volta per tutte da uno dei pesi che la consuma lentamente: la sua omosessualità. Delicatamente, con una fragilità palpabile, deciderà di avere la sua prima esperienza sessuale con una escort. Piena di timori, impaurita ma decisa ad iniziare un percorso di accettazione della parte più intima di sé, Nagata ci renderà partecipi di un’esperienza privata e unica. Non potrete fare a meno di provare voglia di abbracciare Nagata, di consolarla e rassicurarla, ma non sarà abbastanza. Nagata deve imparare da sola a farcela, a sconfiggere le sue paure. Tra lavori part-time e disturbi alimentari, insonnia, apatia e tricotillomania Nagata deve trovare la forza di reagire e combattere la sua depressione. Un mostro gigantesco, invisibile, che pesa quanto un macigno. C’è anche se non lo vediamo, lei ne parlerà così apertamente da farvi barcollare.
Avrete paura per la sua sopravvivenza, vivrete il terrore della sconfitta e della sopraffazione. Esattamente come lei. Un racconto sincero, senza filtri inutili. Pensieri liberi confezionati in una bicromia deliziosa che funge da terapia del colore per il lettore. Così come il suo stile di disegno. Nagata è buffa, goffissima; bravissima a farci dimenticare per un attimo che è del suo dolore che sta parlando. C’è tutto di lei e sono presenti molti aspetti noti della società giapponese. Tra tutti, abbiamo imparato che l’affetto si costruisce su basi altre rispetto al contatto fisico a cui noi siamo abituati.
Vi ricordate Il diario della mia scomparsa del compianto Maestro Hideo Azuma? Quanto era stato bravo a farci sorridere nonostante tutto il mondo stesse miseramente crollando dentro e intorno a lui? In alcuni punti del racconto, ho provato le medesime sensazioni.
In Lettere a me stessa – Dopo la mia prima volta, il secondo volume unico proposto da J-Pop, molto più corposo rispetto al primo, ritroveremo Nagata scrivere, appunto, lettere a se stessa. Cara Kabi Nagata, sono Kabi Nagata…è così che inizia ogni capitolo di questo lungo racconto autobiografico. Come per il volume precedente, una deliziosa bicromia accompagna la lettura. Il rosa riempie le pagine dove scorrono i pensieri dell’Autrice, ora mangaka a tutti gli effetti, in procinto di trasferirsi in un appartamento tutto suo. Sarà pronta a farlo? Dubbi, attaccamento morboso alla mamma ed un’asfissiante sensazione di inadeguatezza, la faranno vacillare ripetutamente.
Mentre leggiamo pagine davvero difficili, proviamo a darci forza e ad essere ottimisti per la protagonista. La vorremmo vedere superare tutte le difficoltà prima dell’ultimo capitolo, incitandola a non buttarsi giù ancora una volta, provando a darle quella sicurezza in se stessa che tanto le manca. Tuttavia il dolore è un mostro penoso e infimo. Quando sembra che siamo sul punto di debellarlo dalla nostra mente, si riaffaccia con più forza di prima.
Ci rendiamo conto che la sfida più grande per Kabi Nagata è uscire dal suo mondo, una scatola ricolma di paranoie e costruzioni pessimistiche di cui lei comunque non ha colpa. La ringraziamo per la sincerità e per il coraggio che ha dimostrato nell’aprirsi in modo così onesto e autentico con migliaia di sconosciuti. Speriamo con tutto il cuore che quest’atto di eroismo infonda sicurezza a tante persone che lottano contro la depressione.
Cara Kabi Nagata, sono una tua lettrice. Ti auguro la felicità di un abbraccio sincero ogni giorno; sono sicura che presto arriverà.