I Kiss e l’incredibile storia di The Demon

In pochi lo ricordano, ma negli anni 90 lo storico gruppo rock dei Kiss ha debuttato nel wrestling. Certo, i risultati non sono stati memorabili, però…


Martedì 2 luglio sono andato a Milano a vedere i Kiss, in occasione dell’unica tappa italiana del loro End Of The Road World Tour che dovrebbe essere l’ultima occasione in cui i fan avranno la possibilità di vedere questi mostri sacri del rock dal vivo (il condizionale è sempre d’obbligo quando i musicisti parlano di addio alle scene). Direte voi: che c’entrano i Kiss con una rubrica di wrestling, oltretutto vintage? C’entrano, eccome se c’entrano!

I detrattori spesso attaccano la band di Gene Simmons e Paul Stanley tacciandola di essere sempre stata più un riuscito progetto di marketing che un gruppo musicale. Ora, al di là del fatto che basti sentire i loro dischi o, appunto, andare a vederli dal vivo per smentire la seconda parte dell’affermazione, francamente non riscontro anomalie nel fatto che delle rock star monetizzino il proprio lavoro e la propria immagine, ricavandone milioni di dollari, se hanno un pubblico disposto a pagare. Chi fa musica a certi livelli, la fa (anche) per soldi, dando per scontato che la passione stia alla base di tutto. E i Kiss sono sempre stati dei maestri nel commercializzare il proprio brand, usando all’infinito la stessa formula vincente. Chi va ad un loro concerto (me compreso) si aspetta una perfomance esplosiva, nel vero senso della parola: colori, fuochi d’artificio, facce truccate, musica sparata a mille. E questo è quello che “Simmons & co.” hanno sempre garantito ai propri fan, diventando ogni volta ancora più spettacolari della precedente. E poi c’è il merchandise, per il quale la rock band, nel corso degli anni, ha concesso il proprio marchio a giocattoli, videogiochi, fumetti, programmi televisivi, linee di abbigliamento, scarpe (ci sono persino le ciabatte crocs!), ecc.

Persino al wrestling (visto che c’entravano?).

D’altro canto, se ci pensate, il connubio fra i maestri dello shock rock e il folle sport-spettacolo che tanto amiamo è piuttosto naturale. In un certo senso, sono due facce della stessa medaglia: intrattenimento mozzafiato per tutta la famiglia. È vero che i Kiss non furono certo i primi musicisti a mettere piede in un palazzetto di wrestling (basti pensare alle star presenti alle prime edizioni di Wrestlemania, per esempio) ma “la band più forte del mondo” fu l’unica nella storia a “brandizzare” un wrestler! Se state pensando che la cosa non abbia alcun senso e che sia impossibile, ricordatevi che Essi possono tutto.

A dire il vero, purtroppo, il tutto avvenne nel posto sbagliato al momento sbagliato e purtroppo non rese onore alla leggenda dei Kiss (anche se il loro portafogli si sentì comunque molto onorato). Ma è una storia che, per la sua peculiarità, merita di essere raccontata.

Dopo aver battuto negli ascolti i competitor della World Wrestling Federation per ben ottantatré settimane consecutive in quella che passò alla storia come la “guerra del lunedì sera” (televisivo), a partire dalla seconda metà del 1998, ed ancor più nel 1999, la World Championship Wrestling non navigava più in buone acque. La federazione stava perdendo milioni di dollari e le ingerenze della AOL-Time Warner, il colosso dei media da cui la WCW era controllata, erano diventate molto difficili da gestire. L’allora presidente della federazione, Eric Bischoff, era solito coinvolgere nei programmi della WCW celebrità di altri settori, pagandole profumatamente, per cercare di ampliare il proprio pubblico anche fra coloro che non erano strettamente fan di wrestling. Per esempio, i musicisti. Alcuni, come i Misfits – il celebre gruppo punk – arrivarono persino a cimentarsi come lottatori nell’ambito delle storyline dei vari show, mentre altri si limitarono a suonare in alcune puntate, legando le loro performance all’immagine di questo o quel wrestler. Purtroppo, però, non tutte le esibizioni portavano i risultati sperati in termini ascolti mentre tutte – questo sì – costituivano un costante drenaggio di denaro dalle casse (apparentemente senza fondo) della AOL-Time Warner.

Dal canto loro, alla fine degli anni Novanta, i Kiss viaggiavano nuovamente con il vento in poppa. La band, che aveva riunito la formazione originale di Gene Simmons, Paul Stanley, Ace Frehley e Peter Criss, era tornata nel 1996 con un tour mondiale di grande successo. Oltretutto i membri del gruppo, con il loro trucco e i costumi di scena, sul palco sembrano proprio dei supereroi o, appunto, dei lottatori di wrestling. Partendo da questi presupposti, Eric Bischoff approcciò Gene Simmons con una proposta per coinvolgere i Kiss e usare il loro marchio nella WCW. La mossa rappresentò un nuovo salasso per le finanze dell’azienda perché – com’è noto – i rocker dalla faccia colorata non vengono mai via per poco.

L’accordo firmato prevedeva addirittura la creazione di una stable di lottatori che, truccati e chiamati esattamente come loro, sarebbero dovuti diventare gli alter ego dei personaggi della band. Per la puntata del 23 agosto 1999 di Monday Night Nitro, lo show di punta della federazione, in diretta da Las Vegas, fu annunciato l’arrivo del primo: The Demon, cioè la “versione da ring” di Gene Simmons, introdotto da un’esibizione live del gruppo. In quella prima occasione, The Demon fu interpretato dal lottatore Brian Adams (conosciuto in WWE con il nome di Crush), che si presentò al pubblico dopo essere uscito da un sarcofago, mentre dietro di lui i Kiss cantavano God of Thunder (in playback).

Con questa trovata, Bischoff si aspettava di fare il pieno di ascolti, tanto da firmare – secondo le fonti dell’epoca – un assegno di ben 500.000 dollari per renderla realtà. Tuttavia, il risultato fu disastroso e la performance passò alla storia come uno dei segmenti di Nitro con gli ascolti più bassi di sempre. Un ulteriore chiodo sulla (futura) bara della WCW, che dopo il menzionato periodo di gloria annaspava nel tentativo di inseguire (da lontano) la rivale WWF.

Un’altra clausola della collaborazione con la band era che la WCW avrebbe promosso il personaggio in eventi di primissimo livello, cioè la federazione si impegnava di fatto a renderlo un main eventer. Ma dopo il catastrofico inizio, questa prospettiva sembrava già morta sul nascere. Tanto che lo stesso Brian Adams decise di abbandonare il personaggio. Per la verità, prima di lui, per indossare i colori di Gene Simmons era stato scelto un altro lottatore: Dale Torborg, un ex giocatore di baseball che era passato al wrestling dopo un infortunio che aveva compromesso la sua carriera sul diamante. Torborg era anche un fan di lunga data dei Kiss ed era in grado di replicare le movenze di Simmons alla perfezione. Anni dopo, il lottatore avrebbe ricordato come fosse stato lo stesso bassista del gruppo a sceglierlo fra tre diversi soggetti che gli erano stati proposti da Eric Bischoff. “Questo mi assomiglia molto” avrebbe concluso Gene, dopo aver analizzato le foto portategli dal presidente della WCW. Ma all’ultimo momento, prima del debutto, il giovane wrestler venne sostituito dal più conosciuto Adams. La bocciatura gli aveva letteralmente spezzato il cuore ma, dopo l’abbandono del collega, a Torborg venne inaspettatamente data una seconda chance.

Dopo appena due apparizioni (il 23 agosto e la settimana dopo), The Demon era scomparso per mesi dai programmi della WCW. A settembre, infatti, era stato licenziato lo stesso Eric Bischoff, artefice del progetto Kiss. Senza di lui, i dirigenti avevano deciso di “parcheggiare” il personaggio in attesa di capire cosa diavolo farne, anche perché, ormai nero su bianco, c’era un sostanzioso contratto da onorare. A gennaio del 2000, quindi, fu la volta di Dale Torborg a cui venne affidato il compito di salvare il salvabile nei panni del demone. La clausola del main eventer, però, era ancora valida e, in qualche modo, andava soddisfatta: The Demon doveva essere l’attrazione principale di almeno uno spettacolo in pay-per-view. Non avendo la benché minima idea di come promuovere il personaggio per renderlo rilevante (e interessante) agli occhi del pubblico e con la sola intenzione di adempiere agli obblighi contrattuali, un mese dopo, a Superbrawl 2000, The Demon venne sconfitto dall’avversario The Wall nel quarto match (su undici!) della serata che venne denominato “Special Main Event”, tanto per dare il contentino ai Kiss (leggasi piuttosto “prenderli per i fondelli” aggirando in maniera creativa il contratto).

Ad aprile del 2000, Bischoff fu richiamato dalla WCW e provò a dare una nuova storyline al lottatore, questa volta presentato in maniera più “realistica” come un grande fan dei Kiss, in onore dei quali combatteva vestendo i panni del demone. Nonostante tutto, purtroppo, fino al fallimento della federazione a marzo del 2001, Torborg continuò a fare la parte del jobber, cioè colui che nel wrestling serve solo a far fare bella figura agli avversari perdendo ogni incontro. E se il povero Dale non avesse già i suoi problemi, nelle trasmissioni italiane delle puntate di Nitro, che aveva riportato il wrestling sugli schermi del nostro Paese dopo tanti anni, ci si mise pure il buon Dan Peterson che in una puntata lo presentò come “Oh, chi è questo qui? Mamma mia, The Demon, amici sportivi… il demòne” (proprio con l’accento sulla “o”). Insomma, non gliene andava bene una, povero Torborg.

Diciamo che sarebbe potuta andare decisamente meglio. “Questa cosa mi fa impazzire – avrebbe dichiarato anni dopo il wrestler in un’intervista a WWE.com, mettendo nel mirino gli screzi fra le fazioni “politiche” del backstage – “Non hanno saputo sfruttare il potenziale rappresentato dai Kiss e hanno sacrificato The Demon solo per mettere in cattiva luce Eric Bischoff”.

Di fatto, oltre all’idea di creare una squadra tutta composta da “lottatori Kiss”, facendo debuttare anche uno Starchild (cioè la copia di Paul Stanley), uno Spaceman (quella del chitarrista Ace Frehley) e un Catman (quella del batterista Peter Chriss), si vocifera che il piano originale fosse di raccontare una storia meravigliosamente trash, di quelle per cui noi fan di wrestling andiamo matti. The Demon sarebbe stato messo in competizione con Vampiro, un altro lottatore “soprannaturale”, e sarebbe stato rivelato che il demone che adesso possedeva il lottatore era lo stesso che aveva ispirato Gene Simmons per la creazione dei Kiss negli anni Settanta. Questo demone avrebbe dato la caccia a Vampiro e lo scontro finale fra i due si sarebbe consumato la sera del 31 dicembre 1999, in occasione di uno show in pay-per-view chiamato New Year’s Evil e promosso congiuntamente dalla WCW e dai Kiss, con match alternati a performance musicali del gruppo rock. Allo scoccare della mezzanotte, durante la battaglia fra i due lottatori, Vampiro sarebbe stato posseduto da una moltitudine di anime infernali ma, in conclusione, The Demon lo avrebbe scaraventato in una vasca piena d’acqua santa e lo avrebbe definitivamente liberato, fra esplosioni e fuochi d’artificio di chiusura dello spettacolo.

Volete la mia opinione? Assolutamente fantasmagorico! È un vero peccato che ciò non sia mai avvenuto.

Indipendentemente dai fatti e dalle semplici voci di corridoio su questa storia, comunque, rimane che i Kiss ottennero tantissima ulteriore pubblicità (e un sacco di soldi) presso i fan di wrestling, ottenendo visibilità soprattutto fra i più giovani di loro, mentre la WCW non ne ricavò praticamente nulla in cambio. Nella sua biografia del 2002, “Kiss and Make-Up”, Gene Simmons arrivò persino a confermarlo senza farsi troppi problemi: “Era la situazione ideale per noi perché i Kiss mantennero tutti i diritti su licenze e merchandise. La WCW faceva tutto il lavoro e noi ne raccoglievamo i frutti”. Cosa dicevamo delle capacità di marketing di Simmons e compagni?

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Gianluca Caporlingua

Cresciuto (???) giocando a calcio e sbucciandomi le ginocchia sui campi in terra della provincia siciliana. Da bambino, però, il sogno (rimasto nel cassetto) era quello di fare il wrestler. Dato che mia madre non mi avrebbe mai permesso di picchiare gli altri, ho deciso di cominciare a scrivere le storie dei miei eroi. Oggi le racconto filtrandole coi ricordi d'infanzia.

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