La fine della ragione di Roberto Recchioni è la prima uscita italiana dell’interessante nuova collana Feltrinelli Comics. Vista l’attualità e la complessità del tema trattato dall’autore, eravamo davvero curiosi di leggere questo romanzo grafico. Ecco la nostra recensione:
La storia parte da questa premessa: in un futuro vicino, tanto che è lo stesso Recchioni invecchiato a raccontare la storia in prima persona, la società è regredita a una sorta di medioevo oscurantista, dominato da complottisti e anti-immigrazionisti, dove la scienza è stata addirittura bandita. Una bambina ha una malattia che resiste ai rimedi che vengono usati in questo tempo e la madre, disperata, non può far altro che mettersi in viaggio per cercare una cura che possa salvare la piccola.
La figura della madre sta a cuore all’autore e l’ha già usata in altre storie riuscite come Mater Dolorosa (Che trovate su Dylan Dog n. 361 o ristampata da Bao Publishing nell’omonimo volume), oppure nella recente graphic novel in due parti Monolith, in cui ci troviamo di fronte a una mamma non proprio esemplare, anche se pronta a tutto pur di proteggere il suo bambino. In entrambi i casi siamo davanti a donne forti, disposte a sacrificarsi per amore dei propri figli senza battere ciglio.
E questa nuova protagonista non fa eccezione.
Il volume ha una caratteristica particolare: alcune parti contengono solo testo, proprio come un libro, ed altre sono un fumetto vero e proprio. C’è da dire che molte delle immagini sono belle ed evocative e che per quanto mi riguarda sono il punto forte dell’opera. Recchioni ha uno stile particolare (che deve molto, come hanno già scritto prima di me, ad autori come Frank Miller, Go Nagai, Bill Sienkiewicz e Andrea Pazienza) e usa tecniche differenti per rendere le tavole ancora più efficaci.
Quest’opera mi mette in grande difficoltà, tanto da non riuscire a capire se e quanto mi è piaciuta: da una parte trovo sempre positive le sperimentazioni – e l’alternarsi di prosa e fumetto lo è – dall’altra ho la sensazione che questo modo di raccontare, per quanto interessante, rischi di semplificare eccessivamente le modalità narrative. In particolare, ne La fine della ragione, ho la sensazione che questa alternanza venga usata per tagliare tutte le parti di passaggio della storia, lasciando ai disegni quelle più ad effetto. Però, il bello del medium fumetto è proprio la sequenzialità delle figure, che consente di enfatizzare le parti importanti, i colpi di scena. Per com’è strutturato il volume, rimangono solo quest’ultime e paradossalmente vengono minimizzate, proprio perché il resto della narrazione è troppo veloce. E questa rapidità della narrazione secondo me non si sposa bene con la critica a un certo tipo di pensiero che elimina la complessità, e in questo ci vedo una contraddizione molto forte. L’intero libro si legge in una mezz’ora scarsa, per quanto appassionante.
Inoltre appena finito di leggere il libro, ho avuto l’impressione che i temi fossero trattati in modo banale: c’è poco approfondimento e rimaniamo al livello dei discorsi da strada, quando con un po’ più di cura e attenzione si sarebbe potuta fare un’analisi accurata di un certo tipo di mentalità, che vada oltre lo sberleffo e la polemica. Per me in parte è un’occasione mancata, probabilmente non è stato dedicato al libro il tempo che meritava (l’autore stesso ha dichiarato che l’ha completato in pochi mesi). Riflettendoci però, ho capito che questa fretta era urgenza di narrazione, e che ognuno sceglie gli strumenti più congeniali per parlare delle situazioni che gli stanno più a cuore. Probabilmente lo stile usato da Recchioni non è il mio preferito, ma è riuscito comunque ad attirarmi e sicuramente a tanti altri piacerà proprio per il suo modo diretto e semplice. Resta il fatto che è il primo a parlare in maniera tanto strutturata di alcune dinamiche sociali che partono dai social come la condanna della competenza per una mal compresa idea di democrazia; lo scetticismo verso la cultura e la scienza; superstizioni e rimedi casalinghi per tutti i mali che riaffiorano da un passato che credevamo dimenticato. Inoltre è innegabile come alcune illustrazioni, anche prese singolarmente, siano davvero efficaci. Nonostante il mio scetticismo, spero che quest’opera possa spostare i riflettori sulle problematiche evidenziate da Roberto Recchioni, in quanto credo che siano enormemente sottovalutate.
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