Era il 2 giugno 1989 quando le sale americane accolsero un film destinato a cambiare per sempre la storia del cinema – e le vite di tutti noi. Il film era L’attimo fuggente (un bellissimo Dead Poets Society in inglese); il regista, quel Peter Weir che dieci anni dopo ci avrebbe regalato The Truman Show; il protagonista, un indimenticabile Robin Williams a una delle sue migliori interpretazioni – per quanto mi sia difficile trovarne una che non sia superlativa.
Ambientato alla fine degli anni ’50, L’attimo fuggente seppe raccontare in modo commovente l’amicizia, l’adolescenza, il bisogno di appartenenza e la liberazione culturale che avrebbe caratterizzato gli anni seguenti, attraverso un collegio maschile messo a soqquadro dall’anticonformismo del professor John Keating (Williams).
In una realtà scolastica che puntava a creare perfetti americani prodotti in serie – non che le cose siano cambiate poi tanto, in molti sistemi scolastici occidentali -, Keating fece scalpore per i suoi metodi poco convenzionali, volti a promuovere la creatività e favorire il pensiero critico. È stato quello, insieme al lavoro magistrale dei ragazzi – adolescenti veri, all’epoca delle riprese – ad aver impresso a fuoco la Setta dei Poeti Estinti nel nostro cuore, in qualche caso riavvicinandoci alla parte più creativa di noi.
Indimenticabile lo sguardo malinconico del professor Keating quando, prima di essere definitivamente allontanato dalla scuola, passerà dai “suoi” ragazzi, che gli diranno addio salendo sui banchi e salutandolo con quel “O capitano, mio capitano” che mai dimenticheremo.
L’Attimo Fuggente – Curiosità
Robin Williams non fu la prima scelta per il ruolo del professore – che gli valse una candidatura agli Oscar: prima di lui, il ruolo fu proposto a Mel Gibson, che lo rifiutò, e a Liam Neeson, su richiesta di uno dei primi registi, Jeff Kanew. La Disney, tuttavia, era ferma su Williams, che però non voleva lavorare con Kanew. Quando, un anno dopo, Peter Weir accettò l’incarico, a ruota l’attore accettò il ruolo. La proposta era stata fatta anche a Dustin Hoffman, che avrebbe dovuto occuparsi anche della regia, ma non poté a causa di altri impegni lavorativi.
Non fu l’unico caso di dubbi sul casting: per il ruolo di Neil Perry, prima di Robert Sean Leonard, l’attenzione era sul giovane River Phoenix, che aveva anche composto una canzone sulla “setta dei poeti estinti”. Tuttavia, Phoenix aveva già lavorato con Weir in Mosquito Coast, e il regista voleva solo attori sconosciuti al grande pubblico nei ruoli degli studenti.
Il personaggio di Keating pare fosse ispirato a un docente che lo sceneggiatore Tom Schulman – che con L’attimo fuggente vinse un Premio Oscar – aveva incontrato da giovane: Samuel F. Pickering Jr., professore di letteratura inglese all’università del Connecticut. Anni dopo, intervistato dal Times Daily, Pickering ridimensionò quella che poteva essere stata la sua influenza:
«Qualunque cosa ci sia di me nel personaggio, non è molto. Ero un ragazzo e lui era un bambino. 23 anni fa. Quanto ci può essere, di me, nel film? Non molto.»
E come nella vita di Schulman, nel film è proprio la letteratura a cambiare il modo di vedere degli ingessati allievi di Welton, nel Vermont, poco abituati a coltivare la creatività e l’amore per l’arte, che trasudano da ogni fotogramma. La carica di energia che il film sprigiona fu dovuta in buona parte a Robin Williams, al quale il regista concesse di improvvisare (il 15% dei dialoghi del film nacque da questa improvvisazione) e allo stretto rapporto che seppe creare con i giovani attori che interpretavano gli studenti.
A loro, invece, non fu data così tanta libertà: per far sembrare tutto realistico, i ragazzi vissero realmente insieme per tutto il periodo delle riprese, e furono invitati a non uscire mai dal personaggio – il che generò curiosi effetti tra i veri studenti della scuola… Il piano funzionò a tal punto che i sette fecero un viaggio a New York tutti insieme, per accompagnare Ethan Hawke e Sean Partick Leonard a un’audizione.
Altro aneddoto interessante è quello relativo a Dylan Kussman, l’attore che interpretò il “traditore” Richard Cameron: ancor prima di essere ufficialmente scritturato, infatti, il giovane fece notare a Peter Weir che il suo personaggio non si sarebbe mai comportato come i suoi compagni, nella scena finale:
«Gli dissi ‘non credo che il mio personaggio salirebbe sul banco. Penso sarebbe molto più credibile, per come il personaggio è scritto, che non si alzasse per non sfidarlo [il signor Nolan]’. Peter mi disse che avevo proprio ragione.»
L’attimo fuggente – Il cast ieri e oggi
L’attimo fuggente – Cosa resta?
Cosa resta, 35 anni dopo, di un capolavoro come L’attimo fuggente, stato ripreso, riproposto, parodiato, citato centinaia di volte? Resta la consapevolezza di poter scegliere il proprio cammino, o anche di non camminare affatto; resta la poesia, in tutte le sue forme e con tutti i suoi significati, l’unica che ci renda davvero vivi; resta il monito a cogliere l’attimo, a non attendere un domani che potrebbe non esserci.
E restano dei ragazzi in piedi sui loro banchi, che salutano il professor Keating/Robin Williams come avremmo voluto fare noi.
Ne approfitterete per rivedere L’attimo fuggente? Fatecelo sapere nei commenti!