I Vendicatori non stanno troppo bene. È un malessere sottile, forse appena percepibile. Di sicuro chi vede gremite le sale cinematografiche ad ogni nuovo Comics-panettone non riesce a prestarci occhio. Ma qualcosa è cambiato.
Un altro sintomo del caso sono le mie figlie: bambine di sei anni che sono in grado di riconoscere gli Avengers, uno per uno. E non è che non ne sia orgoglioso, solo che io a sei anni, non sapevo neppure chi fossero, i Vendicatori (perché all’epoca si chiamavano come Mamma Corno li aveva battezzati).
So già cosa state pensando. Questo è il solito brontolio da fan della prima ora che dopo una vita passata a farsi tirare le action figure in faccia da tutte le ragazze della scuola adesso vede le nuove generazioni dissertare della potenza dell’armatura di Iron Man Mark XL e sotto sotto rosica.
Fatemici pensare. No, non è il caso.
Credo che la situazione sia più complicata di così, ed il fatto che la Marvel abbia recentemente annunciato dei tagli al parco testate ne è un ulteriore indice.
Provo a dare la mia interpretazione: per anni il meglio che un altro media ha potuto offrire a noi fan dei comics è stato Lou Ferrigno dipinto di verde e con i jeans troppo stretti. Eppure di Storie da raccontare ce n’erano a bizzeffe. Poi, all’improvviso, negli anni 2000 i grandi Studios si rendono conto che i supereroi potrebbero essere una gallina dalle uova d’oro e quasi in contemporanea cominciano a sfornare una serie di pellicole che rasentano il capolavoro di genere : I primi due Spider-Man di Raimi, i primi due X-Men di Singer, ma anche poi Iron Man, Capitan America.
Gli sviluppi tecnologici pare siano diventati sufficienti a farci credere che un uomo possa volare (questa l’ho già sentita… ma è una storia che mi tengo per un altro momento) e quindi il filone diventa di colpo percorribile e anzi, ben sfruttato. Certo qualche licenza poetica c’è, qualche adattamento necessario che finisce per riflettersi sulle serie a fumetti in corso pure, ma, in linea di principio sono tutti film che funzionano alla perfezione. Sapete perché ? Perché sono fedeli, rispettano le origini e creano qualcosa che sia godibile per la fascia di fan, tanti, che vogliono vedere trasposte sullo schermo d’argento le avventure dei loro eroi.
E quindi tutto funziona, la sospensione dell’incredulità è un meccanismo ad orologeria e, prima ancora che ci si possa ricredere le sale si fanno ancora più gremite. Siamo grosso modo al primo Avengers, la battaglia di New York imperversa sullo schermo come nessun film di Roland Emmerich prima e, improvvisamente essere Nerd diventa una cosa figa. Certo, nel mentre Jim Parson e compagnia lavorano ai fianchi il grosso pubblico, ma è assolutamente innegabile che qualcosa sta cambiando.
Ed è in quel preciso momento che oltre la consacrazione qualcos’altro si insinua nelle menti dei produttori di Hollywood e Topolinia. Il pubblico cinematografico è molto più ampio di chi compra i fumetti. Siamo ben lontani dagli anni ’90 e dalla bolla dei comics generata dalla Image. Non solo: un po’ come per la musica, i vari servizi online, legali od illegali, riferiscono di un’utenza ben più ampia di quella che alla fine riempie i comic book stores. Ricordate, ad un certo punto anche la fumetteria di Stuart a Pasadena comincia ad andare davvero male.
Il problema del nuovo pubblico è che è molto più generalista. È fatto di famigle. E se è vero che la componente nerd è comunque dominante, serve che i nuovi film strizzino l’occhio anche a chi deve accompagnare i nerd al cinema. Serve che le nuove pellicole si affranchino un po’ dai tecnicismi della continuity fumettistica e che, in pieno regime di decostruzione del mercato, occupino uno spazio maggiore nell’ambito della commedia e della leggerezza. E’ così che la Fase 2 diventa un mostro a due teste. Da una parte l’esigenza di compattare i ranghi porta a bei film come Avengers 2 o piacevoli ibridi come Ant-Man, dall’altra genera sia Iron Man 3 che Thor 2, ovvero il trionfo dei buchi narrativi.
E’ il trucco più vecchio del mondo del marketing: bisogna banalizzare i concetti per arrivare ad un’utenza maggiore. Il punto è che, mentre per i Marvel Studios, la gallina produce un uovo d’oro almeno una volta ogni tre mesi, la Marvel Comics se la vede molto peggio.
Se pensiamo al mercato dove tutto ha avuto inizio, si è perso il conto dei reboot degli ultimi cinque anni. Marvel Now. All new Marvel Now. All New All different Marvel Now. Non si sa più che aggettivi usare. E se consideriamo a produzione più recente, mentre da una parte c’è tantissimo spazio per la ricerca e la sperimentazione (la nuova Ms. Marvel, Moon Knight, Black Panther…) la maggior parte del parco testate serve ormai per mantenere l’ondata di hype che si genera tra un film e l’altro. Team creativi di grido, formazioni che cambiano più del coach dell’Inter, tutto pur di arrivare ad attirare il pubblico del cinema con storie che anche se assestate su un buon livello, non smettono di ammiccare più alla commedia, moltiplicando i riferimenti alle versioni light dei Marvel Studios.
Il danno a questo punto diventa strutturale. Sarebbe semplice limitarsi a dire che la divisione Comics è ormai un semplice satellite degli Studios e pertanto non deve spingersi troppo oltre. Quello che invece mi preoccupa è che tra i titoli legati a doppio filo al cinema, e quelli più deliziosamente ricercati non c’è più un legante naturale. L’essenza stessa della continuity, la forza dominante degli Editor leggendari Marvel manca. Ed il risultato è una mancanza di coesione che, unita alla sovrappopolazione del mercato (chi ha veramente bisogno di quattro serie dedicate agli Avengers?) porta ad una conseguente contrazione assolutamente fisiologica.
C’è rimedio da questa crisi? Direi che la DC sta mostrando chiaramente un’alternativa percorribile. I suoi film, sono più drammatici, più tecnici e dedicati ai fan. La divisione Comics ha dimostrato maturità nell’accantonare l’esperimento di massificazione del new 52, ritornando con Rebirth in cima alle classifiche. Ritornandoci proponendo quello che da sempre è il valore aggiunto dei personaggi DC: saghe di largo respiro ed un ritrovato rispetto per la legacy.
In altri termini, educando il mercato ai proprio punti di forza, senza cercare di inseguire il trend della massificazione a tutti i costi.
Alla Marvel dei prossimi anni toccherà fare lo stesso, se vuole sperare di recuperare. Ma deve fare presto. Prima che qualcuno di più figo arrivi, e prima che i vecchi fan siano già scappati altrove.