Vista la crescente popolarità dei manga a livello globale, il fenomeno della pirateria ha preso letteralmente il volo. L’industria giapponese cerca di correre ai ripari, ma come? Vediamo insieme i dati che hanno preoccupato il paese del Sol Levante.
I manga, ormai, sono diventati un fenomeno mondiale e questo porta con sé vantaggi e svantaggi. Da un lato, il Giappone è diventata una meta ancora più amata dai turisti, ma dall’altro l’amore per la cultura e una delle sue maggiori espressioni ha portato a delle conseguenze tutt’altro che spiacevoli. L’Authorised Books of Japan (ABJ) afferma di aver condotto un sondaggio che ha riportato un pessimo risultato: ben 1.207 siti offrivano titoli piratati (indagine riferita al mese di febbraio). Più del 70% di essi erano in inglese, vietnamita e altre lingue straniere. Nakajima Hiroyuki, un avvocato specializzato in copyright e pirateria, afferma che alcuni di questi siti attirano più di 200 milioni di accessi al mese.
E in Giappone? La pirateria non esiste più? L’ABJ afferma che c’è stato un crollo significativo di questa attività illecita dopo che editori e organizzazioni hanno adottato precise misure per far fronte al problema. Il traffico dei siti in lingua straniera supera di cinque volte quelli giapponesi, e le violazioni del copyright sembra siano molto più elevate.
Perché accade tutto questo? Purtroppo, come evidenzia anche il principale editore giapponese Kadokawa, molte app sono presenti sugli store ufficiali, guidando gli utenti (consapevoli e non) verso i siti pirata. La Content Overseas Distribution Association (CODA) afferma che è molti difficile identificare questi ultimi attraverso gli app store ufficiali, poiché il metodo di visualizzazione varia da paese a paese (persino da regione a regione).
I primi provvedimenti
NHK ha appreso la notizia del rilevamento di attività illecite di tre cittadini cinesi, ritenuti colpevoli di violazione del copyright per aver gestito uno dei più grandi siti web di pirateria di anime. La questione è finita in tribunale e la corte ha affermato che il capofila del gruppo ha gestito il sito a scopo di lucro per circa 15 anni, attraverso server in Cina, Canada, Giappone e altri paesi. I guadagni si aggirano intorno ai 250.000 dollari in entrate pubblicitarie, distribuendo gratuitamente anime e film giapponesi. Il sito in questione, B9GOOD, ha registrato qualcosa come 300 milioni di visite nei soli ultimi due anni. Ma come è stato possibile tutto questo? Alcuni siti web limitano l’accesso dal Giappone per evitarne il rilevamento e piazzano le proprie app su piattaforme regolari, mimetizzandole con quelle legali. La situazione preoccupa molto l’industria giapponese, poiché le perdite stanno aumentando di giorno in giorno. Con questa prima azione forte nei confronti del mondo della pirateria ha dato un forte segnale, il Giappone spera di vedere diminuire (e un giorno cessare) questo fenomeno.
Fonti: NHK World Japan