Mauro Repetto – Il supereroe di provincia, tra musica e voglia di fantasia

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Mauro Repetto, co-fondatore dei mitici 883 insieme a Max Pezzali. In occasione dei 33 anni dall’uscita di “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” abbiamo parlato con lui dell’omonima serie (ormai cult) di Sky, di supereroi, di fantasia, di sale giochi e persino di due di picche.

copertina intervista mauro repetto

Certo che se trent’anni fa mi avessero detto che avrei intervistato uno dei due membri fondatori di una delle band italiane più famose degli anni ’90, non gli avrei mai creduto. Se poi aggiungiamo il fatto che il loro primo disco è stato anche il primo album musicale che ho acquistato e che custodisco gelosamente ancora oggi, be’, tutto assume toni ancora più surreali.

Ma si sa, il destino ha uno spiccato senso dell’umorismo, ed esattamente trentatré anni dopo mi trovo a intervistare Mauro Repetto, co-autore di molti dei pezzi presenti nei primi due dischi degli 883, nonché autore nel 2023 del libro “Non ho ucciso l’Uomo Ragno” scritto assieme all’amico Massimo Cotto (giornalista, conduttore radiofonico e scrittore scomparso ad agosto 2024).

Mauro è tornato sulle luci della ribalta con il suo spettacolo teatrale “Alla ricerca dell’Uomo Ragno, dove ripercorre alcuni aspetti della sua vita, raccontandosi anche attraverso le stesse canzoni che scrisse quando era assieme a Max Pezzali negli 883.

Si tratta di un vero e proprio one man show, a metà tra realtà e finzione, con una trama autobiografica e surreale al tempo stesso. È una favola ambientata nel Medioevo, in cui Mauro dal palco interagisce (con il supporto dell’intelligenza artificiale) con sè stesso e con Max com’erano da ragazzi, prima dell’arrivo della grande ondata di successi, e con i personaggi che hanno partecipato alla nascita e alla carriera degli 883, tutti proiettati sugli schermi con straordinari effetti visivi.


Mauro Repetto

Mauro Repetto, gli 883 e i supereroi di provincia

Caro Mauro, per gli 883 è come se ci fosse una seconda primavera. La tournée di Max, con la tua inaspettata apparizione durante la data a San Siro; la serie su Sky, che ha avuto un notevole successo, e il tuo spettacolo che ne sta riscuotendo altrettanto. Ti aspettavi un ritorno d’affetto da parte del pubblico così forte a distanza di trent’anni?

È stata una grandissima sorpresa vedere non solo adolescenti ma anche bambini venire a teatro con i genitori e i nonni, quindi ci sono almeno quattro generazioni presenti, e la cosa mi fa un piacere enorme.

Chiaramente, la serie ha permesso anche alle generazioni dei più giovani di scoprire un po’ questi due ragazzi di Pavia, e non posso che esserne felicissimo. A teatro è veramente una festa, quasi tutte le date sono sold-out, da Bolzano a Catania; ogni settimana continuano ad aggiungersene delle altre, quindi sono felicissimo, è chiaro.
Mauro Repetto non ho ucciso l'uomo ragno

Prima il libro nel 2023, poi lo spettacolo teatrale: quando è nata la voglia di raccontare il tuo punto di vista?

A volte le cose avvengono proprio per caso. Un weekend ho raccontato in maniera molto spontanea a getto continuo al compianto Massimo Cotto, penna sublime, ed è nata questa idea del libro in maniera immediata.

Lui aveva intervistato numerose star del rock internazionale e dopo aver sentito la mia storia mi disse una cosa che mi fece molto piacere: «Ma guarda tu sei veramente uno rock ’n’ roll». Questa sua frase mi aveva molto colpito, tanto che dopo gli dissi, «Troviamoci un weekend e ti racconto tutto in maniera molto “sport”». Lui ha messo assieme il tutto e da lì è nato questo libro, che è proprio un getto d’anima.

Collegandomi sia al libro che allo spettacolo, spesso hai definito te e Max dei supereroi di provincia, inizialmente un po’ ai margini come Spider-Man…

Sì, facevamo parte di una nicchia non mainstream, non eravamo forti all’università, non avevamo un lavoro, nessuno cagava le nostre canzoni – a parte Jovanotti con “123 Jovanotti”, ma lì erano pezzi in inglese.

Hai ragione, eravamo un po’ come Peter Parker che agiva d’istinto, di pancia, che faceva delle belle cose; ma eravamo ai margini di una Pavia che comunque era una città borghese, ricca, in cui dovevi essere o uno studente o uno che lavorava oppure già sposato.

Noi non avevamo nulla di tutto ciò, quindi eravamo un po’ ai margini di questa Hollywood sul Ticino che era Pavia negli anni ‘80 (ride, N.d.R).

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È proprio questo che mi incuriosisce molto, perché anche Stan Lee quando propose Spider-Man al suo editore inizialmente venne rimbalzato, e mi viene subito un parallelismo con la figura del “burocrate” che citi nel libro e che fu il primo a farvi un contratto al tempo, ma che giudicò tutti i vostri pezzi “spazzatura”. Nonostante tutto però sia per voi che per Stan Lee le cose sono poi andate diversamente. Lo stesso personaggio di Spider-Man, proprio come voi, a un certo punto prende in mano il suo destino e cambia le cose; anche voi avete fatto lo stesso…    

Credo che l’industria della musica al tempo funzionasse già così; ci vuole qualcuno che smuova un po’ le acque altrimenti le cose non sono destinate a cambiare. Penso che la parola chiave di tutto sia la perseveranza: questa parola è in grado di aprire le grotte dei tesori, sono molto sicuro di questo.

Questo è uno dei messaggi che trasmetti durante lo spettacolo? Mi ha colpito molto la componente emotiva nel raccontarti e questa cosa qui mi è piaciuta molto. Non ti senti un po’ vulnerabile a metterti così a nudo con il tuo pubblico?  

Quello che faccio a teatro è come se fosse una cena con gli amici. Quando si inizia, per prima cosa racconti delle cose divertenti che ti sono capitate, con autoironia, cose che magari sono capitate anche ad altri in modo da condividere le risate; per questo non mi sento vulnerabile, perché considero le persone che vengono a vedere il mio spettacolo un po’ come degli amici.

Poi credo che sia una sorpresa un po’ per tutti scoprirmi in questa nuova veste. Trent’anni fa io avevo un ruolo diverso, che mi piaceva, ma un po’ limitato: non parlavo mai (ride, N.d.R.). Quindi è una grande sorpresa per il pubblico vedermi cantare, ballare, suonare e tutti sono colpiti da questa sorpresa e me lo testimoniano.

Mauro Repetto teatro

La tua vita si può definire come un film, e in questo film a un certo punto approdi a Disneyland Paris. Dai supereroi a Topolino, dal mondo della musica a quello che coinvolge grandi e piccini. Quanto è importante per te la fantasia e come condiziona la vita di tutti i giorni, magari anche nel il rapporto con i tuoi figli?

Penso che i giochi, il divertimento e quindi la fantasia siano la componente più importante dell’umanità. Anche il sesso in fondo è un gioco no? Quindi quando parli di fantasia dici gioco, divertimento, e secondo me è il cibo preferito dell’anima.

Mi piacerebbe occupasse l’80% della giornata, ma nella vita di tutti i giorni è già tanto se arriva al 50%; finita quest’intervista, dovrò andare dal commercialista e lì c’è poca fantasia (ride, N.d.a.).

C’è un fumetto che ha influenzato in qualche maniera il tuo percorso in alcuni aspetti? Non vale rispondere l’Uomo Ragno.

Ricordo Zagor, Comandante Mark, Alan Ford. Proprio quest’ultimo, in una certa fase della mia vita, lo consideravo il fumetto più bello di tutti. Leggevo molti fumetti anche all’interno di riviste come l’Intrepido, Il Monello oppure Billy Bis. I miei figli invece sono più per i manga.

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In tutto questo però i videogiochi che ruolo hanno avuto nel tuo percorso? Jolly Blue a parte.

Al di là della Jolly Blue, siamo negli anni ‘80 quindi liceo, quindi piaghe sulle mani! Ti ricordi quel videogioco delle olimpiadi? (Track’n field, N.d.a.) Bisognava muovere velocemente il joystick e premere i pulsanti per fare il record. Qualcuno faceva i record senza troppi sforzi, e invece io avevo i segni sulle mani perché non ero così forte.

Ricordo i luoghi in cui c’erano i cabinati, la paninoteca, il bar, in piena metà degli anni ‘80. In casa, invece, avevo il tennis o il ping pong (giochi derivati dal Pong di Atari, N.d.a.), con cui giocavo insieme a mia madre.

Parlando di sale giochi, è d’obbligo la domanda che rivolgo a tutti i nostri ospiti: se ti dico sala giochi, a te cosa viene in mente?

Diagonale dei pomeriggi dalle 14 alle 20, quando poi dovevi tornare a casa altrimenti si finiva in castigo. Questa voglia di perdersi nei giochi, il game over che anticipava i primi due di picche che sarebbero arrivati con le prime ragazze. Il game over era proprio l’antipasto di questo, poi la Jolly Blue, i bar, solo bei ricordi di quei momenti. Ci si trovava, si parlava di brutto; bellissimo.

Grazie mille, Mauro, per averci concesso questa intervista.
Grazie a te, è stato un piacere nuotare nel passato ma in fondo il trampolino è verso il futuro. Grazie di queste emozioni che abbiamo condiviso assieme.


Questa era l’intervista che Mauro Repetto ha concesso a noi di MegaNerd; spero la troviate interessante tanto quanto me. L’appuntamento con Mauro è in teatro, in una delle numerosissime date del suo spettacolo “Alla Ricerca dell’Uomo Ragno” oppure in libreria con il suo libro “Non Ho ucciso l’Uomo Ragno”.  


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Arcade Mike

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Io? sono Mike! cresciuto a pane e videogiochi non perdo occasione per infilare qualche monetina in un vecchio cabinato arcade facendomi rapire dalla storia che queste macchine sono ancora in grado di raccontare.
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Mr. Kent

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Appassionato di fumetti, curioso per natura, attratto irrimediabilmente da cose che il resto del mondo considera inutili o senza senso. Sono il direttore di MegaNerd e me ne vanto.

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