Abbiamo il grande piacere di ospitare sulle nostre pagine Federico Memola, autore di alcuni soggetti per Nathan Never, responsabile editoriale di Zona X, ma soprattutto creatore di una serie storica come Jonathan Steele e di tanti altri personaggi. Sceneggiatore, curatore di testata, redattore: nella sua carriera di fumettista, Federico ha avuto modo di provare quasi tutti i ruoli dell’editoria, sempre con grande talento.
Nel mese in cui la sua creatura più famosa compie 20 anni, abbiamo fatto una bella chiacchierata con Federico, parlando non solo di Jonathan Steele, ma anche di tutti i progetti che lo riguardano.
Ciao Federico, grazie davvero per essere qui su MegaNerd. Ti andrebbe di presentarti un po’ ai nostri lettori, ripercorrendo le tappe più significative della tua carriera?
Ho iniziato a scrivere fumetti nel 1991, quando lavoravo come redattore per la rivista Fumo di China. Nel 1993 sono entrato in Bonelli e l’anno seguente sono divenuto curatore di Zona X mentre scrivevo storie per Nathan Never, Legs Weaver e Martin Mystère. Nel 1999 è uscito Jonathan Steele, passato nel 2004 in Star Comics. Nel 2005 è stato il turno di Agenzia Incantesimi, poi di Rourke (2009) e Harry Moon (2010). Da allora non sono più rimasto nella “scuderia” di una casa editrice, ma ho lavorato per vari editori come libero professionista: Edizioni San Paolo, Edizioni Arcadia, Kappalab e altre ancora.
Hai dunque lavorato per alcune tra le realtà editoriali più importanti del nostro Paese. Quali sono le differenze più grandi che hai trovato tra questi editori?
Sicuramente lavorare in Bonelli garantiva una stabilità economica e una cura formale degli albi senza pari nel fumetto seriale. E ti forniva una efficiente struttura a cui appoggiarti. Era rassicurante, insomma. Per contro, nelle altre case editrici il fatto di dover essere autosufficiente (e pagato decisamente di meno!) era compensato da una maggiore libertà creativa. Ogni realtà aveva i suoi pro e i suoi contro, insomma. Per il resto, come autore, spetta a me essere ben consapevole del pubblico a cui mi sto rivolgendo quando lavoro per un certo editore e regolarmi di conseguenza. Quando ho fatto Jonathan Steele per la Star, pur avendo maggiore libertà, sapevo di rivolgermi a un pubblico che comunque segue i fumetti seriali in edicola, più vasto e più generico. Quando invece, negli ultimi anni, ho scritto le graphic novel di Jonathan Steele per Kappalab, sapevo che i lettori sarebbero stati più adulti come età, quindi ho potuto permettermi, a livello di contenuti, tematiche e situazioni che non avrei inserito (o, almeno, non nello stesso modo) nelle serie da edicola.
Come sceneggiatore devi affidarti a uno o più disegnatori per la realizzazione delle storie. Cosa si prova a veder interpretate da altre persone le tue idee?
A meno di non essere un autore completo, fare fumetti è un lavoro di squadra e come in tutti i lavori di squadra, l’armonia è fondamentale. Conoscere il disegnatore, i suoi gusti, i suoi punti di forza e quelli deboli è essenziale per la buona riuscita della storia. E proprio perché si è una squadra, bisogna anche rendersi conto che il disegnatore non costituisce un’estensione della mente dello sceneggiatore, ma avrà una propria visione attraverso cui interpreterà la sceneggiatura. E’ un lavoro di entrambi, insomma, non è il TUO lavoro che un altro deve rendere esattamente come l’hai in mente tu. Il che non significa che non ci si possa fare appunti a vicenda, quando sia necessario. Io ho avuto la fortuna di lavorare ormai con parecchi disegnatori (forse quasi un centinaio!), ma raramente ho avuto problemi. Però è chiaro che le storie migliori sono quelle realizzate insieme a disegnatori con cui c’era una grande sintonia. Mi è anche successo che scene che avevo immaginato in un certo modo, una volta illustrate, siano venute molto meglio proprio perché il disegnatore, attraverso la sua interpretazione, aveva saputo valorizzarle.
Quanto è diverso scrivere per un disegnatore piuttosto che per un altro?
Come ho detto, bisogna conoscere i disegnatori e quindi regolarsi di conseguenza. Ma poi io ho il mio stile, che uso un po’ con tutti. Se prendiamo una scena, la stessa identica sceneggiatura, e la diamo a dieci disegnatori diversi, comunque verranno fuori dieci scene diverse. Che racconteranno lo stesso evento, ma lo faranno in modo diverso, perché ogni disegnatore è un individuo a sé e ha una propria sensibilità, una propria visione. E tutto questo emerge nel disegno. Non è solo una questione di stile, ma di inquadrature, ombre, recitazione dei personaggi, dettagli…
Nella tua carriera sei riuscito a saltare egregiamente tra tantissimi generi: ti abbiamo visto alle prese con il fantasy, la fantascienza e persino con l’erotismo. Tutte cose molto diverse tra loro, ma con un grande comune denominatore: la tua qualità che, nonostante cambiasse il contesto, non è mai venuta meno. Come fai a saltare da un genere all’altro senza snaturarti mai?
Cerco di scrivere solo storie che mi divertano. Alcune di più, altre di meno, ma tutte le storie che ho scritto mi piacevano, le avrei apprezzate come lettore. In ogni sceneggiatura che scrivo devo riuscire a trovare almeno un elemento, una scena, un personaggio che mi piaccia, che funga da motivazione, altrimenti non riuscirei proprio a finirla, mi bloccherei davanti al monitor del mio computer. Poi, nonostante abbia una predilezione per il fantastico e la fantascienza in particolare, io sono onnivoro come generi, non potrei citarne uno che non mi piaccia proprio. Per esempio, non sono un appassionato di horror, eppure ci sono dei film horror che mi sono piaciuti. Ecco, non reggo proprio i film o fumetti “sadici”, quelli che mettono in scena torture e violenze efferate con compiacimento. Quello non è proprio il mio genere! Ma per il resto, ho visto e letto abbastanza da potermi cimentare quasi con tutto. Anche se nel genere fantastico mi trovo decisamente più a mio agio!
Oltre a essere autore, sei stato anche curatore di una testata storica come “Zona X”, un contenitore davvero ricco di belle storie. Pensi che sarebbe impossibile riproporla oggi, nel 2017? Ricordo di una collana analoga per la Star Comics, “Altrimondi”, ma non andò benissimo… come mai?
Il problema grosso è che testate di questo genere, tipo rivista contenitore, sembrano proprio non essere più apprezzate dai lettori. Può funzionare, come formula, per volumi da libreria, a tiratura decisamente più contenuta, ma anche in quei casi non funziona tanto la formula in sé, quanto “l’evento”, che in genere è costituito dalla combinazione fra il tema del volume (un personaggio famoso, un genere o un tema specifico) e il nome degli autori coinvolti. Ma collane e riviste contenitore sembrano proprio estinte: il pubblico vuole seguire un personaggio e solo quello, quando compra un albo in edicola. Sembrerebbe essersi perso un po’ il gusto della scoperta e della sorpresa, purtroppo…
Che ricordo hai della serie Harry Moon?
In questo momento soprattutto, Harry Moon è un nome che mi suscita un vero e proprio turbine di emozioni. E’ una serie che ancora adesso avrebbe grandi potenzialità e il primo numero lo reputo uno dei miei lavori migliori. Ma è anche strettamente legata a Giacomo Pueroni, che oltre a essere un ottimo disegnatore era anche un carissimo amico, e la sua recente scomparsa è stata un duro colpo. Inoltre non posso fare a meno di mettere in conto anche il comportamento dell’editore, quindi sono molto combattuto… E’ un fumetto di cui mi sento di andare fiero, ma anche legato brutti ricordi.
Pensi che Planeta DeAgostini non abbia supportato adeguatamente l’operazione?
Penso che Harry Moon sia stato “suicidato” dalla casa editrice. Soprattutto la tiratura di appena 10.000 copie (quando solo le edicole, in Italia, erano circa 30.000) e un prezzo molto al di fuori dal mercato hanno stroncato la serie ancora prima di nascere. E’ stata la sfortuna di capitare nel mezzo del cambio dei vertici della casa editrice, tant’è che quasi tutto quello che era stato programmato alla firma del contratto è stato disatteso dai nuovi vertici. Non è un caso che, nonostante abbiano interrotto la serie al quarto albo, abbiano dovuto pagare a me e ai disegnatori, in totale, il 75% dei compensi previsti fino al dodicesimo numero.
Parliamo di Agenzia Incantesimi, lo spin-off di Jonathan Steele. Ultimamente hai lanciato una campagna di crowdfunding per poter pubblicare autonomamente il primo volume di una nuova serie. Ti andrebbe di parlarcene?
Agenzia Incantesimi, spin-off di Jonathan Steele, è in assoluto la serie che mi diverto di più a scrivere. Per questo motivo, una volta terminati gli speciali annuali della Star Comics, ho deciso di provare a mandarlo avanti per conto mio pubblicandolo gratuitamente in rete. Ma ho sempre avuto la voglia di riportarlo su carta. In questo senso l’incontro con Francesca Follini, la disegnatrice, è stato fondamentale. Non voglio far torto agli altri disegnatori, tutti bravissimi, ma il suo tratto è perfetto per il genere di storie della serie: Myriam e Jasmine, nella sua interpretazione, riescono a essere simpatiche, dinamiche ed estremamente sexy, ma tutti i suoi personaggi sono buffi ed espressivi. Non è solo una questione di bravura (perché Francesca è davvero straordinaria), quindi, ma proprio di affinità. E infatti quando le ho chiesto se avrebbe voluto realizzare un bel volume alla francese, lei ha accettato subito. Così ci siamo buttati. E mentre la versione “Reloaded” di Agenzia Incantesimi proseguirà in rete su Indieversus, noi proviamo a dare inizio a questa versione “2.0”, a metà fra il seguito e il reboot (per usare un termine che oggi va molto di moda!). Il lavoro che Francesca sta facendo è fantastico e il risultato è un bizzarro miscuglio fra manga e fumetto francese, molto originale, ma soprattutto molto divertente. In questo momento non posso sapere se la campagna di crowdfunding avrà successo, ma noi non ci stiamo certo risparmiando e siamo fiduciosi.
Se volete avere un’idea più precisa del progetto, ecco il link alla pagina: https://it.ulule.com/agenzia-incantesimi-sherazade/
Come mai avete optato per il crowdfunding anziché proporre il progetto a un editore?
Il motivo principale è quello della totale indipendenza e libertà. Proprio perché Agenzia Incantesimi è un progetto a cui tengo moltissimo, ho deciso che o lo faccio come dico io, o piuttosto meglio lasciar perdere. Anche per togliermi la soddisfazione di mettermi alla prova, di vedere che cosa riesco a combinare con le mie sole forze (e quelle di Francesca!). E poi il mercato del fumetto, in Italia, sta mutando, sta dando origine a nuove correnti e nuove tendenze, ed è sempre interessante e stimolante esplorare nuovi territori. Una volta l’autoproduzione era sinonimo di dilettantismo, di immaturità e di una possibile via per arrivare alle case editrici.
Oggi, invece, è diventato anche una scelta ragionata e moltissimi autori “indipendenti”, sia in rete che su carta, non hanno nulla da invidiare alle produzioni delle case editrici. Anzi, spesso producono materiale anche più interessante, tant’è che non è raro che siano le case editrici, poi, ad andarli a cercare, anziché attendere che si presentino loro. E’ una nuova avventura, insomma, e a me piacciono sia le novità che le avventure. Sono curioso di vedere che cosa accadrà.
Parlando di Agenzia Incantesimi, non possiamo davvero evitare di chiederti di Jonathan Steele… lo rivedremo in una serie tutta sua? Sappiamo che con l’Agenzia ti diverti, ma non dirci che l’appuntamento mensile con JS non ti manca neanche un po’…
Non so se riuscirei ancora a reggere il ritmo di un albo mensile. Inoltre Jonathan ha detto quel che doveva dire, in quel formato. A me è piaciuto molto realizzare la “trilogia dei colori”, come la chiamo io, per Kappalab con Joachim Tilloca e non nego che non mi dispiacerebbe andare avanti. Jonathan Steele è una parte importante di me e non intendo abbandonarlo, quindi almeno una storia (o un volume) all’anno continuerei a farla volentieri. Vedremo, se si presenterà l’occasione, io non mi tirerò indietro.
Prima di salutarti, dobbiamo necessariamente farti la domanda che poniamo a tutti i nostri ospiti… quali sono i tre fumetti che assolutamente non possono mancare nella tua libreria?
Ti dirò i tre che più degli altri mi hanno influenzato: Asterix, il Principe Valiant e le storie di Carl Barks.
Grazie davvero per la disponibilità, Federico.
Noi supporteremo il crowdfunding per Agenzia Incantesimi, non vediamo davvero l’ora di poter leggere questa nuova serie… ovviamente, aspettando Jonathan!
Mr. Kent