My Hero Academia – La storia di come sono diventati i più grandi eroi

Con il capitolo finale rilasciato questa settimana è terminato il decennale viaggio di My Hero Academia: riviviamo insieme il percorso di una delle opere di maggior successo degli ultimi anni, con cui dei giovani studenti sono diventati i più grandi eroi

speciale my hero academia

Come già comunicato da tempo l’ultimo capitolo di My Hero Academia (o Boku no Hiro Academia per gli amanti della precisione) è stato finalmente distribuito nella giornata di domenica, per il pubblico internazionale, sulla piattaforma digitale di casa Shueisha MANGA Plus  e in terra nipponica sul numero doppio 36-37 dell’iconica rivista Shonen Jump, uscito nella giornata di lunedì.

Si tratta del tassello finale di un percorso ormai cominciato dieci anni fa, quando il primo numero del manga realizzato dal talentuoso Kohei Horikoshi veniva pubblicato, il 7 luglio 2014, sul magazine per eccellenza del target shonen: Weekly Shonen Jump.

E vuoi per l’età che avanza, vuoi perché sono stato abituato a seguire saghe composte da millemila numeri, il fatto che il viaggio di My Hero Academia si sia concluso con “appena” 430 capitoli mi ha sicuramente destabilizzato. Ma d’altronde è questa la tendenza attuale dell’industria del fumetto giapponese: abbiamo già visto opere di successo come Demon Slayer The Promised Neverland concludersi ancora più rapidamente del manga a tema super-eroistico.

Ciò non vuol dire che non sia stato un viaggio bellissimo e che ha saputo farci scoprire sempre di più la maestria di uno dei mangaka certamente più apprezzati degli ultimi anni, Kohei Horikoshi, che sembrerebbe non volersi fermare a quella che è attualmente la sua magna opera.

Il brand di My Hero Academia è comunque ancora fortissimo, sono stati già annunciati numerosi progetti futuri e i prodotti realizzati negli altri media navigano a gonfie vele.

Ma la conclusione dell’opera originale ci permette anche di tirare le somme, di rivivere insieme le emozioni di questi dieci anni di serializzazione e di farci capire perché, a tutti gli effetti, My Hero Academia sarà comunque un’opera che rimarrà nei cuori dei suoi fan.

Weekly Shonen Jump 2014 32 My Hero Academia primo episodio pagina colore  Deku Ba
La copertina di Weekly Shonen Jump 32 del 2014, un cui debutta ufficialmente il primo episodio di My Hero Academia

Il cammino di un eroe senza poteri: da Izuku Midoriya a Deku

Brevi accenni per chi non dovesse conoscere il manga, probabilmente perché emigrato su Marte per qualche anno. Nel mondo di My Hero Academia vi è stato una vera e proprio evoluzione della popolazione terrestre che ha permesso alla maggior parte dell’umanità di avere dei super-poteri, denominati quirk.

Questo ha fatto si che molti utilizzino il loro dono per commettere crimini o comunque per eludere i dettami della legge, venendo etichettati con il termine villain. A contrastarli invece vi sono gli eroi, che fungono da tutori degli indifesi e che hanno una propria struttura ben delineata. In particolare in Giappone i migliori eroi si sono formati in una prestigiosa scuola superiore, il Liceo Yuei (meglio conosciuto con l’acronimo U.A.).

Izuku Midoriya è uno dei pochi esseri umani a non essere dotato di un super potere, ma ha una ossessiva ammirazione verso il più grande eroe della Terra, All Might. Sebbene non possegga alcuna abilità speciale desidera con tutto sè stesso entrare nel ristretto elenco degli ammessi della predetta scuola. L’incipit della storia parte proprio da un loro fortuito incontro che permetterà al giovane Midoriya di ottenere lo straordinario quirk di All Might, il One For All, il quale ha la peculiarità di potere essere trasmesso ad un altro essere umano.

My hero academia

Raccontata così sembra che la storia si incentri in particolare sul solo “protagonista”, che racchiude in sè tutti i classici stilemi degli eroi delle produzioni a target shonen: inizialmente privo di alcuna peculiarità, bistrattato per il suo status, farà leva sulla sua forza di volontà e sulla propria abnegazione per elevarsi fino a raggiungere vette insperate.

Ed in parte potrebbe essere anche così, la figura di Midoriya, che assumerà poi il nome da eroe di Deku (il quale si può tradurre letteralmente come “buono a nulla”) ricopre un ruolo centrale nell’opera, ma tuttavia non lo si può mettere al pari di altre su controparti, quali possono essere Naruto nell’omonima opera, Ichigo Kurosaki in Bleach o anche Monkey D. Luffy in One Piece, giusto per citare tre opere che potrebbero essere accomunate a My Hero Academia.

La forza di Midoriya infatti risiede principalmente nel sostegno che lo stesso riceve dalle figure che lo hanno accompagnato per il tutto il suo percorso. Senza questi personaggi non si sarebbe arrivati a quella che è stata, a mio dire, la degna conclusione dell’opera, un finale che, personalmente, ritengo perfettamente funzionale e calibrato su quella che è stata la narrazione del manga.

Trovare un finale soddisfacente è merce rara di questi tempi, ma questa volta credo che Horikoshi, abbia saputo orchestrare perfettamente gli ultimi passi della sua opera più importante. Ed è proprio nel capitolo finale (di cui non vi dirò praticamente nulla) che possiamo capire l’importanza dei compagni di avventura di Midoriya, la classe 1-A, ma anche (e direi soprattutto) dei nemici che lo stesso ha dovuto affrontare nelle corse delle varie peripezie susseguitesi nel manga

Villains, Pro Heroes e non solo: la vera essenza di My Hero Academia

My Hero Academia.
Quello che riporterò è ovviamente la mia visione personale dell’opera, ma con la fine del manga mi è apparso sempre più chiaro che il fulcro di My Hero Academia verta principalmente su tutte le figure che abbiamo potuto conoscere nelle varie saghe, ognuno con il proprio scopo e con il proprio fondamento all’interno della narrazione, e non solamente su Izuku Midoriya.

A differenza di molte opere del genere ho notato un approfondimento caratteriale dei personaggi, che non risultano essere dei vuoti contenitori che hanno il solo scopo di riempirsi di mazzate. E con questo non voglio dire che l’opera di Horikoshi non sia un buon battle shonen, anzi tutt’altro. Il manga ha saputo trasportare il genere verso altre frontiere, probabilmente non ancora propriamente esplorate, sapendo coniugare correttamente le componenti action con quelle legate a tematiche più quotidiane, dando una profondità ben congegnata a tutti i personaggi.

I componenti della classe 1-A potrebbero apparire delle semplici figure di contorno ma così non è stato: ognuno di essi ha portato avanti la propria storia, essendo parte di un grande mosaico che li ha portati ad essere i più grandi eroi. Questo discorso vale ancora di più per i nemici affrontati nel corso dell’opera, che non sono stati dei meri avversari, i cattivoni che dovevano essere semplicemente estirpati. Dietro le loro azioni abbiamo scoperto esserci molto di più che il desiderio di voler conquistare, soggiogare o prevaricare: viene infatti sviluppata una psicologia precisa che permette, talvolta, anche di identificarsi nelle loro scelte, pur consci che li hanno portati a percorrere il cammino sbagliato.

Ed è questo probabilmente il lascito più grande che ci lascia My Hero Academia, quello di essere potuti entrare nelle vite di ciascuno dei personaggi dell’opera, potendo capire a pieno la loro personalità, il loro percorso e le loro motivazioni.

Ora sarebbe il momento di tirare fuori i fazzoletti per dare il commiato ad un’opera che ha lasciato il segno nella storia recente del mondo del fumetto. Tuttavia sono certo che sentiremo ancora parlare di My Hero Academia, che continuerà a farci compagnia  per lungo tempo negli anni a venire

Non mi resta che congedarmi, gridando dal profondo del cuore due parole che rimarranno a loro modo iconiche: Plus Ultra!


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BorgoNerd

Nerd convinto dal 1989, amante del mondo geek a 360° gradi, redattore per passione, fervente fedele del Super Nintendo e di One Piece.

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