Pepe Larraz è l’Artista che ha illuminato il primo, rivoluzionario ciclo degli X-Men di Jonathan Hickman, che ha illustrato l’albo celebrativo dei 25 anni del Millarworld e fatto scontrare gli eroi Marvel contro un’orda di spietati vampiri. Prima di iniziare a disegnare il prossimo ciclo di Amazing Spider-Man, è venuto ai nostri microfoni per una chiacchierata su passato, presente e squarci di futuro
Durante la Milan Games Week & Cartoomics 2024 abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con Pepe Larraz, artista straordinario di cui è davvero impossibile non essere fan. Dopo essere stato uno dei super-ospiti di ARF! Il Festival del Fumetto di Roma (che gli ha dedicato una mostra straordinaria nel 2023), l’artista spagnolo è tornato nel nostro Paese grazie a Panini Comics, giusto in tempo per presentare l’edizione italiana di Blood Hunt, il maxi-evento invernale che ha coinvolto gli eroi Marvel contro un’orda di vampiri spietati.
Larraz però è stato anche il disegnatore del primo, rivoluzionario ciclo di Jonathan Hickman sugli X-Men, quello che ha cambiato totalmente le carte in tavola e ha fatto davvero evolvere i nostri amati mutanti. Con lui abbiamo parlato ovviamente di questo, ma anche di tanto altro: il volume celebrativo per i 25 anni di Millarworld, l’edizione Red Band di Blood Hunt e un “progetto davvero figo” sul quale sta per iniziare a lavorare.
Signore e signori, su MegaNerd c’è Pepe Larraz, il disegnatore figlio dell’atomo.
Ciao Pepe, benvenuto sulle pagine di MegaNerd! Partiamo subito dall’attualità: è arrivato da pochissimo in Italia Blood Hunt, il nuovo maxi-evento scritto da Jed MacKay che vede gli eroi Marvel affrontare un’orda di spietati vampiri. Marvel crede davvero molto nelle potenzialità di questa saga, al punto che ha deciso di varare due edizioni simili della stessa miniserie, anche se diverse in modo sostanziale. Una è la versione “regular”, adatta a tutti. L’altra invece è quella senza limiti, denominata “Red Band”, consigliata a un pubblico maturo. Ecco, per quest’ultima versione hai avuto davvero carta bianca? L’unico limite è stato la tua fantasia?
La cosa positiva dell’edizione Red Band negli Stati Uniti è che non era disponibile online: è stato utile a riportare le persone in fumetteria, perché molti di loro compravano solo online. Inoltre, per come funziona il sistema dei rivenditori, è proprio grazie al numero delle vendite che gli editori sanno quanti volumi pubblicare.
Credo che l’industria stesse risentendo un po’ della richiesta online; volevano riportare le persone in fumetteria, e questa è stata la tecnica che hanno sviluppato in Marvel, che credo sia stata un successo. Dopotutto, entrambe le edizioni sono finte in ristampa – la Red Band sicuramente – quindi è stato un successo.
A livello creativo c’è stata molta apertura: a un certo punto mi hanno proprio detto «Ok, fai qualunque cosa ti passi per la testa.»
Ok, lasciamo per un momento eroi e vampiri della Casa delle Idee per trasferirci su un altro mondo… quello creato da Mark Millar. Tu sei stato il disegnatore regolare di Big Game, il crossover evento che ha celebrato il ventennale di Millarworld e soprattutto sequel diretto di Wanted. Una storia ambiziosa, cosa puoi dirci a riguardo?
Be’, per me è stato un volume speciale per molte ragioni: una di queste è che desideravo lavorare con Mark Millar da anni. Mi aveva anche chiesto di collaborare, circa quattro anni prima di lavorare effettivamente insieme.
Quando firmai il mio contratto con Marvel, dopo una settimana Mark mi chiese se volessi fare qualcosa con lui, e io gli dissi che purtroppo non potevo. Mi ha aspettato per quattro anni. E poi, finalmente, abbiamo fatto questo volume insieme.
Per lui è una storia speciale perché, sai, ci sono dentro tutte le cose che ha creato in 25 anni; allo stesso tempo, per me lo è perché lavorare con lui era uno dei miei obiettivi, quando ho iniziato nel mondo dei fumetti americani. Quindi, per me davvero era il lavoro dei sogni!
Abbiamo avuto molto tempo per pensare alle cose su cui volevamo lavorare; Mark mi ha dato tutta la sceneggiatura in anticipo, che non è una cosa comune: a volte ti danno solo quella per la settimana successiva, e altre volte te ne danno solo metà, dicendoti che il resto arriverà a breve.
Una serie deve connettersi ad altri capitoli: lo sceneggiatore vuole, giustamente, che il suo personaggio faccia determinate cose, ma deve coordinare quello con il resto della serie, dei personaggi, e per questo serve del tempo. In questo caso, fortunatamente, Mark Millar non l’ha fatto: è stato capace di consegnare cinque uscite di fila, il che è pazzesco perché potevo cambiare cose della prima quando stavo lavorando sull’ultima e dare coerenza a tutto, trattando la storia come una cosa unica.
È decisamente meglio fare così che completare un’uscita alla volta e mandarla in stampa. È stata un’esperienza bellissima, davvero.
Facciamo ora un piccolo passo indietro e torniamo a un altro grande evento: la nascita dell’era Mutante di Jonathan Hickman, nel 2019. Tu hai illustrato i primi albi di un ciclo che è già diventato cult. Com’è stato creare da zero quello che – di fatto – era letteralmente un nuovo mondo?
Jonathan Hickman è un tipo brillante, per cui anziché fare un progetto di quello che voleva, ci ha dato una mappa. È grandioso, perché, da creator, voglio essere coinvolto a un certo punto; e se semplicemente ti dicono «ok, qui mettici questo» non ti senti coinvolto affatto.
Quando invece ti dicono «Fai qualunque cosa ti passi per la testa, purché sia in questa direzione» senti di poter essere creativo, di essere parte del progetto. E tutti si sentivano così; credo sia per quello che l’era di Krakoa è stata la fonte creativa che è stata: tutti volevano portare qualcosa al tavolo, e a livello creativo, c’entrava perfettamente con le cose che mi piacciono.
C’era questo mondo naturale accostato all’architettura contemporanea, insieme a un design alieno. Credo sia perché sono cresciuto in Europa, e i fumetti europei hanno più focus sui luoghi. Volevo disegnarli, quei posti.
Certo, io sono di parte perché era il lavoro dei miei sogni, ma anche da parte del pubblico c’è stato tanto amore: quella serie è piaciuta a tutti, ed è una cosa fantastica, perché fai qualcosa che ami e che il pubblico ama insieme a te. È la relazione migliore che si possa avere con i lettori.
Negli Stati Uniti, le uscite erano praticamente settimanali, per cui lavoravamo con estremo anticipo. Usciva, ad esempio, House of X n.1, due settimane dopo sarebbe uscito il numero 2, ma nel frattempo in mezzo c’era Powers of X n.1, in cui c’erano elementi che sarebbero stati ripresi nelle settimane successive. Per cui la gente online faceva teorie su come sarebbero andate le cose e poi le condivideva.
Ed era stupefacente vedere quel tipo di reazione quasi live, perché era una cosa del momento e poi se ne dimenticavano per il mese successivo. L’entusiasmo del pubblico non è mai calato, durante quel paio di mesi; è stato meraviglioso.
Ti abbiamo visto al lavoro sugli X-Men, su tutti i personaggi del Millarworld e ora su gran parte degli Avengers grazie a Blood Hunt… quali saranno le prossime sfide per Pepe Larraz?
La cosa brutta è che non posso dirtelo. Insomma, potrei dirtelo quando spegni il registratore, ma non dovresti dirlo a nessuno. L’unica cosa che posso dire senza spoiler è che è un progetto davvero figo; qualcosa di molto diverso da quello che ho fatto fino ad ora.
Ovviamente è con Marvel, e lo sceneggiatore è qualcuno con cui aspetto di lavorare da tantissimo tempo, uno degli esseri umani più gentili sulla faccia della Terra. Sto cercando di fare qualcosa di davvero speciale, ma è molto difficile: ogni pagina è sudata.
Perché non è quello a cui mi sono abituato negli ultimi tempi: negli ultimi sette od otto anni ho fatto grandi eventi, dei blockbusters, diciamo. Anche mentre facevo la serie regolare di X-Men – che non era una serie-evento – ricordo che qualcuno ne parlava come se lo fosse.
Fa piacere, ma in questo caso abbiamo preso una direzione diversa, più intima, più focalizzata sui sentimenti. Chiaramente c’è azione e c’è roba da supereroi; ma è una storia molto più intima e amo come sta venendo fuori. Mi sto godendo ogni secondo, anche se non credo di averlo ancora afferrato del tutto.
Sono alla terza uscita, ed è come se ora stessi cominciando a entrarci, e questo mi sta guidando in una direzione diversa… Ma credo che vi piacerà.
L’intervista è stata realizzata qualche giorno prima che Marvel annunciasse ufficialmente Pepe Larraz come nuovo disegnatore regolare di Amazing Spider-Man insieme a John Romita Jr… dunque il lavoro misterioso era questo… e aveva assolutamente ragione nel dire che è “un progetto davvero figo”!
Ringraziamo tantissimo Pepe Larraz per la disponibilità che ha avuto nei nostri confronti e il team di Goigest (ufficio stampa di Panini Comics) che come al solito è stato un prezioso alleato per la realizzazione di questa bella chiacchierata.
Si ringrazia Claire Bender per l’editing.
Pepe Larraz
Pepe Larraz, nato nel 1981 a Madrid, è un disegnatore, character designer e illustratore spagnolo.
Dal 2014 lavora per la Marvel disegnando per testate quali “Thor”, “Wolverine”, gli “X-Men” e “Avengers”. Dopo essersi cimentato con alcune testate “Star Wars”, nel 2018 è entrato a far parte del programma Marvel Young Guns. Nel 2019 ha partecipato al grande rilancio mutante scritto da Jonathan Hickman “House of X/Powers of X”. Attualmente è al lavoro su Amazing Spider-Man