Spinto dalla curiosità ho visto Biancaneve, il remake live action di Marc Webb della favola che ha scaldato il cuore di grandi e piccini di tutto il mondo. Questa non è un’altra recensione di Biancaneve, ma una serie di riflessioni in risposta alle molteplici critiche preventive che questa pellicola ha subito. Soprattutto, è un invito a giudicare i film solo dopo averli visti
ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO È PIENO DI SPOILER. SE NON VOLETE ROVINARVI LA VISIONE DEL FILM INTERROMPETE LA LETTURA.
Criticare per sensazioni
Ci sono poche cose che mi appassionano tanto quanto il calcio e il cinema. In questi ultimi giorni, mi sono soffermato a riflettere sul fatto che i modi in cui si fa critica in questi due ambiti sono basati su dinamiche totalmente diverse. Nel calcio, infatti, la valutazione delle performance di una squadra avvengono a posteriori, quando i risultati sono già stati raggiunti, che siano positivi o negativi. Un classico refrain che spesso emerge durante queste discussioni, soprattutto da chi è sotto accusa, è: «È facile parlare a posteriori, dove eravate quando le cose andavano bene?».
Nel cinema, invece, la dinamica è completamente diversa. Appassionati, critici e semplici spettatori si scatenano in entusiastiche lodi o feroci critiche ancora prima che il film arrivi nelle sale. Le valutazioni vengono espresse sulla base degli attori che compongono il cast, di qualche fotogramma diffuso online o dei trailer promozionali.
Per quanto mi riguarda, se nel calcio faccio parte dei 52 milioni di commissari tecnici che si animano in feroci discussioni davanti alla macchinetta del caffè, nel cinema non scendo a compromessi: mi sono imposto di giudicare un film solo dopo averlo visto. E, anzi, diffido da chiunque affermi di poter giudicare un film senza vederlo. Ce ne sono molti, credetemi, anche tra coloro che di professione fanno i critici cinematografici.
Un remake che non piace a nessuno
“Biancaneve“, il remake live action di uno dei più amati classici Disney di tutti i tempi al cinema dal 20 marzo, non è stato certo immune a questo fenomeno. Al contrario, è stato travolto da una valanga di critiche preventive di ogni genere. Un accanimento che ha attinto ad un repertorio vastissimo: dalle polemiche sull’etnia di Rachel Zegler (l’attrice che interpreta Biancaneve), la cui pelle non è esattamente “bianca come la neve“, alle voci sul presunto allontanamento dei celebri 7 nani, sostituiti da una versione in CGI che li trasforma in creature magiche simili a folletti di un bosco incantato.
C’è chi ha criticato l’idea che i nani potessero essere rappresentati come abitanti delle caverne, un approccio ritenuto poco inclusivo rispetto al messaggio progressista della pellicola. E, infine, anche Gal Gadot (l’attrice che interpreta Grimilde, la strega cattiva) ha ricevuto le sue critiche, principalmente legate alle sue posizioni politiche e al fatto di essere considerata “troppo bella” rispetto all’attrice che interpreta Biancaneve. Insomma, un clima per non ha per niente aiutato lo sviluppo di questo lungometraggio.
Di fronte a tutto ciò, qualcuno aveva addirittura ipotizzato che il gala di presentazione del film sarebbe stato ridotto per evitare “il contraccolpo da parte di alcune categorie sensibili ai contenuti della pellicola”, solo per scoprire che la première si è svolta come sempre, con tanto di red carpet e stampa. Mi chiedo, cosa sarebbe dovuto accadere esattamente?
Impavida, sincera, onesta e fiera
Marc Webb alla regia e Erin Cressida Wilson alla sceneggiatura combinano elementi della favola originale dei fratelli Grimm con quelli del celebre film animato Disney del 1937. La discendenza reale di Biancaneve, infatti, viene ripresa dalla favola dei Grimm: la ragazza nasce dall’unione di un Re e una Regina, rendendola la legittima erede al trono. Biancaneve nasce durante una notte segnata da una forte nevicata, da qui il suo nome. Viene così messo a tacere chi sostiene che la protagonista non può avere la pelle scura perché tradirebbe l’origine del suo nome.
Questa rivisitazione dell’opera originale, scritta nel 1812, è un esercizio di esclusività che, a mio modesto giudizio, non tradisce lo spirito della storia. La trama non viene stravolta da questo aspetto, e Rachel Zegler, oltre ad essere talentuosa, è perfettamente calata nel ruolo.
Biancaneve cresce sotto la saggezza e il senso di giustizia di due sovrani che si prendono cura del loro popolo. Non ambiscono per la loro figlia a ricchezza e potere, ma desiderano che ella diventi “impavida, sincera, onesta e fiera”. Attenzione, questo è un punto cruciale della pellicola che riscrive il concetto di bellezza sul quale si sfidano la giovane ragazza e la strega Grimilde.
La Strega
La Regina Buona muore e il Re Buono, sedotto da Grimilde e convinto di dover garantire a Biancaneve una figura materna, sposa la bellissima e malvagia strega (Gal Gadot). La critica preventiva ha sottolineato che Grimilde fosse molto più bella di Biancaneve e, in effetti, non potrebbe essere altrimenti. Grimilde è un’ edonista, ossessionata dalla bellezza estetica e dal potere, in grado di trasformarsi in qualsiasi creatura, figuriamoci se non si permette di assumere le fattezze di Gal Gadot…
Ma cosa alimenta l’odio di Grimilde verso Biancaneve? Di certo non è una gara di bellezza come lo si potrebbe intendere letteralmente – come già detto, su questo campo tra le due non c’è confronto – ma piuttosto un’ossessiva ricerca di potere e supremazia. Biancaneve rappresenta un ostacolo significativo ai suoi scopi (ricordatevi che è l’unica e legittima erede la Trono), e inoltre ha avuto l’audacia di sfidarla apertamente (“impavida, sincera, onesta e fiera”, ricordate ?), un affronto inaccettabile per l’orgoglio autoritario di Grimilde.
La strega ordina ad un cacciatore di ucciderla e di restituirgli il suo cuore in una teca come segno della missione compiuta. La storia la conosciamo: il cacciatore non ha il coraggio di compiere l’insano gesto e la ragazza fugge nel bosco (questa è una sequenza meravigliosa da vedere sul grande schermo), finché non si imbatte nella casa dei sette nani. E no, i nani non vivono nelle caverne: la loro abitazione è molto più accogliente del mio appartamento a settimo piano in zona Roma Est.
I Nani
Qui arrivano le note dolenti. I nani realizzati in CGI non rendono assolutamente. Questo appare evidente quando l’inquadratura si sofferma sui primi piani dei loro volti, soprattutto su quello di Cucciolo. Di tutto il gruppo Cucciolo è il nano più amato e adorato da grandi e piccini. E’ il più piccolo di tutti ed è l’unico che non parla. Cucciolo si esprime a gesti, principalmente sono fondamentali e le espressioni del volto, il movimento della bocca e degli occhi.
La versione in CGI di Cucciolo (e degli altri nani del gruppo) ci restituisce un personaggio che non emana alcun sentimento, è troppo evidente il fatto che ci troviamo di fronte ad una rappresentazione artificiale, priva di quella empatia che Disney era riuscita a trasmettere con il disegno animato. Tralasciando la resa generale della computer grafica, l’aspetto dei nani è del tutto coerente con quello del celebre film d’animazione del 1937.
La scelta di non utilizzare in un remake live action degli attori in carne ed ossa non la vedo come una mancanza di inclusività verso la categoria delle persone affette da microsomia. Piuttosto mi sembra che, in tal senso, un tentativo era stato fatto, ma la resa generale era oggettivamente non soddisfacente.
Il Ladro
Durante la storia Biancaneve fa la conoscenza di un ladro (interpretato da Andrew Burnap). Tralasciando il fatto che questo personaggio risulta simpatico come un pacco emorroidario, questo individuo sostituisce la figura del Principe Azzurro. Questo ladro ruba per una giusta causa: lui e il suo popolo stanno morendo di fame a causa della politica dispotica di Grimilde. Biancaneve e il ladro si conoscono, si aiutano a vicenda, instaurano un legame e si innamorano.
Il famoso bacio del vero amore (che molti hanno definito non consenziente…) destinato a rompere il maleficio di cui Biancaneve rimane vittima dopo aver morso la mela avvelenata, è solo la sublimazione di una storia d’amore che si sviluppa durante tutto il film. Dal mio punto di vista, questa scelta narrativa, nell’ottica di una rivisitazione moderna della favola, è assolutamente coerente.
Davvero nel 2025 volete vedere una favola con un principe azzurro che passa per caso davanti al capezzale di Biancaneve, ammaliato dalla sua bellezza subisce il classico colpo di fulmine, la bacia e la libera inconsapevolmente dalla maledizione di Grimilde?
Il Finale

Liberata dall’influsso maligno della strega, Biancaneve si aggrega al gruppo di briganti a cui appartiene il nostro amico ladro e si reca verso la contea per organizzare un vero e proprio atto reazionario. Il tono della pellicola, fino a quel momento “leggero” e assolutamente coerente con quello delle favola, muta improvvisamente. Sembra quasi di vedere un’altro film, una versione live action de “Il Quarto Stato“, il celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo che è stato ripreso a simbolo delle rivolte operaie. +
La giovane erede al trono, di rosso vestita, raduna un popolo allo stremo delle forze e lo conduce sotto la sua guida “impavida, sincera, onesta e fiera” al cospetto del dittatore per la definitiva resa dei conti. Giunta al confronto finale con Grimilde, Biancaneve fa sfoggio di tutta la sua capacità di eloquio per convincere le guardie armate del castello a ribellarsi al regime autoritario imposto dalla loro padrona. Senza alzare un dito, Biancaneve sconfigge la strega realizzando quello che sembra un vero e proprio colpo di Stato.
Il dialogo conclusivo tra la regina deposta e lo specchio (una scena visivamente molto bella) permette a quest’ultimo di spiegare il suo concetto di bellezza, enfatizzando l’importanza della bellezza interiore su quella esteriore, priva di valori. Questa riflessione mi ha colpito positivamente: l’ho trovato un messaggio parecchio attinente al periodo in cui stiamo vivendo, in cui l’apparenza conta molto più dei contenuti. Purtroppo di tutto l’epilogo, questo elemento è l’unico degno di nota in un finale altrimenti confuso e forzato. Un finale debole, che stona fortemente con il tono generale del film.
Insomma, com’è questo remake?
Dal mio punto di vista, relativamente alla qualità oggettiva del film, “Biancaneve” non è quel disastro che tanti hanno annunciato. È un film controverso, pieno di difetti. Ma non per i motivi che molti hanno voluto farci credere. Per gran parte della pellicola l’ho trovato anche un buon film con un impianto visivo notevole (nani a parte), una rivisitazione in chiave moderna intelligente, che contiene dei messaggi di inclusività, ma questi non sono invasivi come il popolo del web ha voluto credere sin dalla prima immagine trapelata online della pellicola.
Credetemi, anche io sono critico sull’uso imposto e sconsiderato di certi messaggi, seppur condivisibili. Soprattutto mi incazzo da morire quando questi snaturano il senso di un’opera. Non mi sembra il caso di questo “Biancaneve”, però. Quello che rovina fortemente questo film e lo rende assolutamente discutibile è il finale forzato, costruito in maniera approssimativa con l’unico scopo di trasmettere un messaggio ideologico che, seppur attinente con i tempi difficili che stiamo vivendo, trovo assolutamente fuori fuoco in una favola per bambini.
A rendere discutibile “Biancaneve” non è stata la cosidetta cultura “woke”, ma l’aver voluto introdurre un manifesto politico di cui, in questo specifico contesto, avremmo fatto volentieri a meno.