Marco Checchin – “Questi muri” che ci tengono lontani

Questi Muri è una graphic novel intensa, profonda, necessaria. L’autore, Marco Checchin, ha capito come veicolare frustrazioni e turbamenti di una generazione attraverso le pagine del suo libro, pubblicato da Edizioni BD. Noi lo abbiamo incontrato, ed è venuta fuori una chiacchierata davvero interessante

Marco Checchin - "Questi muri" che ci tengono lontani

Questi Muri è un racconto intenso, profondo, che se già prima ci riguardava tutti, da dopo la pandemia lo fa un po’ di più. A raccontare alcune delle barriere che ci possono intrappolare è Marco Checchin, un autore giovane che possiede il linguaggio giusto per verbalizzare i turbamenti che la sua generazione, forse più di altre, sta attraversando. Lo abbiamo incontrato a Lucca Comics & Games 2024 grazie agli amici di Edizioni BD, e ci abbiamo fatto una piacevolissima chiacchierata, che vi raccontiamo qui.


Ciao Marco, grazie di essere qui con noi. Se sei d’accordo, partirei subito parlando dell’opera che presenti qui a Lucca, Questi muri. Si tratta di un lavoro in cui affronti il tema della crisi personale e dell’isolamento, toccando quelle che, in qualche modo, sono forse esperienze che tutti abbiamo vissuto in certi momenti della vita, specialmente dopo la pandemia. C’è stata qualche esperienza in particolare che ti ha fatto nascere l’esigenza di raccontare questa storia?

Sicuramente ci ho messo l’esperienza con persone che ho conosciuto in passato, in particolare un amico molto introverso, che faticava a uscire di casa. Lui non lo viveva come un dramma, per lui era semplicemente un fatto: “Io non esco e basta”. Sono persone che non vogliono attirare l’attenzione su di sé, ma che mi affascinavano proprio per questo.

Così, ho cominciato a costruire un personaggio con queste caratteristiche, perché l’idea di qualcuno “sedimentato” al suolo, statico, mi attirava molto. Dal punto di vista personale, invece, è stata più l’idea dell’ossessione per il “fare”: quella continua pressione della società della performance, dove ci si sente spinti a ottenere sempre nuovi risultati. Ho deciso di inserirlo in Questi muri facendo in modo che al personaggio capitasse un incidente brusco.

Questo è stato il mio punto di partenza, ma naturalmente nella sceneggiatura tutto si mescola con regole narrative, conflitti, eventi, ed è poi diventato qualcos’altro.

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Immagino che qui a Lucca stia incontrando un po’ di pubblico, persone che hanno letto il volume. Che impatto sta avendo? Quali sono le reazioni che hai raccolto finora?

Beh, la cosa che non mi aspettavo era di vedere dei padri di famiglia avvicinarsi a Questi muri. A Lucca, nel mio immaginario, ci sono tanti giovani; quindi, vedere dei padri interessarsi mi ha colpito. Il libro tratta anche del rapporto tra generazioni, e mi ha incuriosito vedere come queste tematiche possano attrarre anche un pubblico adulto. Da quello che mi hanno raccontato, sembrava che fossero più interessati alla storia che ai disegni, il che mi ha fatto piacere.

Alcuni mi hanno detto di aver apprezzato la documentazione che ho raccolto e, mentre dedicavo loro degli sketch, abbiamo parlato tanto. Essendo un autore giovane, forse riesco a essere per loro una sorta di canale per comprendere meglio i loro figli e il mondo in cui vivono. Questo, secondo me, è qualcosa di molto bello.

In Questi muri hai usato il colore in modo molto simbolico, per nulla lasciato al caso. Come ti regoli quando lavori su questo aspetto?

Il colore è fondamentale. Io sono partito dal disegno e solo in un secondo momento sono arrivato al colore, ma la cosa che mi interessava era creare un contrasto tra uno stile di disegno realistico e un colore piatto, quasi a sottolineare il tema. L’idea è nata anche da concetti legati alla “Red Pill“, una metafora presa da Matrix e usata nella cultura Incel, in cui prendere la “pillola rossa” simboleggia vedere il mondo in modo “realistico”.

Dato che la storia racconta di un risveglio, ho deciso di usare il rosso e il blu in modo alternato. Per esempio, il blu rappresenta la notte, mentre il giorno è immerso nel rosso. Alcuni personaggi sono sempre rossi, simbolo della “pillola rossa” e dei riferimenti culturali ad archetipi sbagliati.

Ho notato, per esempio, che il mondo della “Red Pill” è sconosciuto a molti. Persone più grandi, tra i 40 e i 60 anni, potrebbero aver bisogno di una sorta di Virgilio per esplorare questo universo; io stesso, per poterne scrivere, ho fatto una ricerca approfondita, frequentando forum Incel in incognito per assistere alle discussioni.

Ho scoperto una comunità molto trasversale, formata da persone di tutte le età, accomunate da sentimenti di esclusione che, nel tempo, si sono trasformati in rancore. È stato emotivamente difficile, anche perché mi sono reso conto che dietro certe parole c’erano storie di solitudine profonda, difficoltà a interagire con l’altro sesso e, spesso, disperazione.

Non giustifico questo atteggiamento, ma ho iniziato a comprendere la sofferenza che si cela dietro certi comportamenti. Anche nell’intrattenimento si può contribuire a decostruire queste narrative tossiche.

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Centrale poprio il tema del muro, quindi, che può rappresentare molte cose: forme di protezione, ma anche barriere insormontabili. Come pensi che i lettori possano rapportarsi a questo concetto?

Il muro rappresenta quasi sempre una figura negativa nel libro; è più una prigione che un luogo di comfort. Anche il protagonista ha eretto un muro, sia a livello materiale che comunicativo, soprattutto nei confronti della famiglia. Nessuno fa un passo avanti, e per abbattere questo muro è necessario un evento traumatico. L’idea è che, alla fine, a volte basta davvero poco per aprire un dialogo, senza bisogno di un trauma per capirlo.

Nel tuo processo creativo, c’è un’emozione che predomina?

L’emozione della frustrazione, sicuramente. Quando disegno, tendo a essere molto severo con me stesso, e spesso l’ambizione di creare tavole ricche si scontra con i miei limiti fisici e di tempo. Quindi devo razionalizzare e trovare un compromesso con me stesso.

Sei un giovane autore; cosa ti sentiresti di suggerire ad altri esordienti che si approcciano a narrazioni non esattamente mainstream?

Non mi sento ancora esperto per dare consigli, ma direi di buttarsi a capofitto se si ha l’opportunità di partecipare a un concorso o di far sentire la propria voce. Io, ad esempio, ho sempre avuto paura di scrivere un racconto completo, oltre al semplice disegno. Il mio consiglio è di buttarsi e provare.

Se avessi la possibilità di curare una collana di fumetti, come sta facendo Zerocalcare per Bao, che titoli inseriresti?

Di cuore, metterei Ping Pong di Taiyo Matsumoto, Rusty Brown di Chris Ware, e sicuramente Golem di Lorenzo Ceccotti, perché lo considero una fonte di grande ispirazione. È un autore che seguo molto e che mi ha formato anche per il lavoro su questo volume.

E se invece, per un solo giorno, potessi risvegliarti nel corpo di un altro autore e lavorare come quella persona, chi sceglieresti?

Beh, direi Corrado Mastantuono. È un disegnatore pazzesco! Da piccolo leggevo già Topolino, quindi vedere i suoi lavori lì, e poi scoprire che lavorava anche su Tex – che è la tappa successiva che ho fatto io per “evolvere”, diciamo – è stato incredibile. Per me è stato come passare da Topolino ai fumetti Marvel. Vedere come lui padroneggia il suo stile con una fluidità pazzesca… Avere le sue mani sarebbe una benedizione, come minimo.

Da appassionata di Topolino, capisco bene la sensazione…

Guarda, io ero fissato con la saga di PK, che per me è fantastica. Le storie migliori le ho lette dai sei ai dieci anni, anno dopo anno, fisso. Tra tutte, quella che mi ha davvero segnato è Trauma. Ricordo la pagina di splash pazzesca di PK che tira un pugno a Trauma… è pura magia! Mi chiedevo: ma questo è davvero Topolino? E ci ho messo tanto per riuscire a ridisegnarla da bambino; l’avrò rifatta quattro volte, era iconica. E sì, per me Paperino è superiore a Topolino; Topolino, per quanto mi riguarda, è un po’ troppo saccente!

Capisco perfettamente, anch’io preferisco i paperi! E mentre tu impazzivi per PK, io facevo lo stesso con le W.I.T.C.H.; sono riuscita per puro miracolo a trovare i primi numeri nella prima edizione…

Sì, ti capisco. Io ho passato la stessa esperienza con Trauma! Ho il numero originale spillato, la ristampa, qualsiasi versione. È uno dei miei preferiti di PK. L’anno scorso, poi, l’ho ripreso dopo averne parlato con un amico, e ora è sempre con me!

Grazie mille per il tuo tempo, Marco, e ad maiora!


Marco Checchin

Con uno stile di disegno graffiante e una regia già solida, in parte ispirati dall’arte di grandi maestri come Taiyo Matsumoto e Chris Ware, Marco Checchin mette in scena un dramma familiare che è anche storia di formazione e specchio dei dubbi e della ricerca di futuro della generazione Z.

Questi Muri è un esordio strabiliante, sostiene l’art director di Edizioni BD & J-POP Manga Giovanni Marinovich“Checchin ha dato vita un lavoro completo che riesce a raccontare – con precisione chirurgica ma carica di emozione – una storia di problemi personali e familiari, una storia che è storia di tutti. Raramente il dialogo fra stile di disegno e narrazione ha messo insieme un accordo così bilanciato per portare ai lettori la provincia, terra di tutti e di nessuno, e il silenzioso grido dei suoi personaggi”.

Questi muri marco checchin

Questi Muri
di Marco Checchin
Volume Unico
Formato – 16,7×24 – Brossura
Pagine – 160, Colore
Prezzo – 16,00 €


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Claire Bender

Vive con un dodo immaginario e un Jack Russell reale, che di recente si è scoperto essere Sith. Grifondoro suo malgrado, non è mai guarita dagli anni '80. Accumula libri che non riesce a leggere, compra ancora i dvd e non guarda horror perché c'ha paura. MacGyver e Nonna Papera sono i suoi maestri di vita.

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