Non so esattamente come spiegarlo.
Ci provo, ma secondo me non sarò in grado di far comprendere appieno alcune cose.
Aspettavo l’uscita dell’ultimo numero di Rat-Man con sensazioni contrapposte: da un lato non vedevo l’ora di vedere come andava a finire la storia, dall’altro non riuscivo ad accettare l’idea che fossimo arrivati alla fine.
Perché la parola fine, in fondo, fa sempre un po’ paura, soprattutto quando ti stai divertendo. Ridi, scherzi, ti emozioni e poi… finisce. Si accendono le luci, gli amici se ne vanno e tu rimani con quella sensazione stranissima addosso: vorresti continuare a far festa a divertirti, perché stai bene. Nessuno vorrebbe smettere di star bene, no? Però si è fatto tardi e ti tocca davvero salutare tutti. Anche se non vorresti, perché vorresti sentire altre storie, per te non è tardi, domani sarai uno straccio, ma non importa. Spostiamo la parola fine un po’ più in là, un po’ più lontana da noi.
In realtà questa cosa Leo Ortolani l’ha già fatta: per anni aveva promesso al mondo che Rat-Man sarebbe finito con il numero 100, salvo poi ripensarci… perché la festa non era finita. Aveva ancora altre cose da dire, il suo discorso non era finito e certe storie non puoi interromperle come se niente fosse.
Ora però ci siamo, la festa è davvero finita. Bisogna davvero accendere la luce. Dopo l’ultima pagina del numero 122 è come se tutti noi lettori ci fossimo idealmente guardati negli occhi: siamo cresciuti, vent’anni sono tanti. Alcuni di noi c’erano sin dall’inizio, altri si sono aggiunti strada facendo, ma ora siamo tutti qui. Siamo diventati grandi. Ci diamo grandi pacche sulle spalle, qualcuno si commuove, altri salutano ridendo. Leo stesso, prima di accendere la luce, ci ha detto che ci rivedremo presto, in altre vesti e in altri modi. Rat-Man finisce, ma chiaramente non muore. Ogni tanto tornerà a farci visita e noi saremo tutti lì, di nuovo, come sempre. Perché Rat-Man non è stato solo un fumetto: è stato un amico, un rifugio sicuro in cui i problemi della vita non potevano proprio raggiungerci, perché a difenderci c’era lui, il più grande eroe della storia. Che poi fosse un idiota totale, poco importava: in fondo era proprio quello a renderlo così simile a noi…
Ci mancherà, ma forse è giusto così. Dicono che tutte le cose belle debbano finire e allora, visto che qui parliamo di una cosa bellissima, è giusto che si metta quella dannata parola, quella che generalmente chiude tutte le storie. E poi potremo sempre bullarci con quelli che Rat-Man lo vivranno in differita, dicendo che noi, quelle storie lì, le abbiamo vissute in tempo reale… ma chi voglio prendere in giro? Invidio quei lettori che ancora non hanno letto nulla di Rat-Man. Perché davanti a loro hanno un mare di storie fantastiche, divertenti, irriverenti. Spesso anche politicamente scorrette, tanto per non farci mancare niente… ma sicuramente mai banali. Ecco, probabilmente il più grande pregio di Leo Ortolani è stato sempre quello di spiazzare il lettore, facendo sempre l’opposto di quanto si pensasse, accollandosi rischi e sperimentando sempre nuove strade, pur restando fedele a sé stesso: infilando tra una storia e l’altra una continuity via via sempre più fitta, che è letteralmente esplosa negli ultimi 10 numeri della serie.
Leo ha fatto un lavoro enorme, trasformando quella che poteva sembrare una testata parodistica in una serie con una sua coerenza narrativa, in continua evoluzione. La verità è che in questi vent’anni, anche Rat-Man è cresciuto con noi: la profondità di alcune storie è lì a testimoniarlo. Ci siamo fatti un sacco di risate, ma mai nello stesso modo. Probabilmente sarebbe stato più facile per l’autore continuare a fare semplici parodie, infilare una gag dopo l’altra. Sarebbe potuto andare avanti all’infinito e noi l’avremmo seguito comunque… e invece ha voluto giocare col fuoco, intessendo una trama che si faceva via via sempre più complessa e che in alcuni punti si è fatta decisamente seria. È stato un rischio enorme, perché poteva non essere capito, frainteso. Poteva perdere lettori, tanti lettori, che magari volevano solo leggere parodie (che comunque continuavano a esserci, di tanto in tanto, eh) o storie leggere. Me lo immagino come un sub, Leo: si è tappato il naso e si è buttato in mare, magari pensando “Ma sì, proviamoci”.
Beh, c’è riuscito.
Se ora, alla fine della festa, siamo tutti qui con gli occhi lucidi, è perché siamo davvero cresciuti tutti. Noi, Leo e Rat-Man, che nel frattempo è entrato di diritto nella storia del fumetto italiano.
Ora si apre una nuova era e non vediamo davvero l’ora di leggere i prossimi progetti… in cui, ne siamo convinti, ci sarà anche lui.
Grazie di tutto, Leo.
È stata una festa bellissima.