Sono sempre stato convinto che se è la passione a muoverti, puoi fare davvero tutto. Non iniziate a fare quelle facce, non è una delle classiche frasi fatte che potreste trovare in qualche link sfigato di Facebook. Se alle spalle hai la giusta motivazione, se dentro di te hai una passione senza pari, puoi realmente raggiungere quello che ti sei prefissato. Magari con qualche difficoltà, ma alla fine chi la dura la vince.
E Romero ha vinto.
Si era messo in testa di scrivere storie che facessero paura, voleva entrare nell’animo della gente per fargli provare quel maledetto brivido che talvolta può essere così eccitante… se, ovviamente, la storia la stai leggendo o guardando su uno schermo, ovvio.
Romero è riuscito a dar vita a un genere che prima non esisteva, spinto solo dalla sua grande passione e dall’aiuto di qualche amico fidato. Se c’era riuscito al cinema, perché a questo punto non provare anche sui fumetti? In un periodo in cui zombie e non morti vanno per la maggiore grazie a The Walking Dead e affini, la Marvel decide di buttarsi in questo filone narrativo schierando il fuoriclasse che non ti aspetti: proprio lui, Mr. George Andrew Romero, il quale accetta immediatamente di tornare a occuparsi di zombie con un progetto che solo all’apparenza può sembrare di poco conto.
In realtà, dentro le pagine de L’impero dei Morti, ci sono collegamenti con i suoi film, citazioni più o meno velate pensate per gli appassionati di vecchia data e trovate spiazzanti per i nuovi lettori, che forse sono capitati da queste parti quasi per caso, magari per seguire la moda del momento. Romero sorprende con una sceneggiatura semplice ma appassionante, con dialoghi serrati, moderni. Inizi a leggere questa miniserie pensando che si tratti di una mera trovata commerciale e ti ritrovi ad appassionarti delle vicende di una ragazza tornata dalla morte, Xavier, che non riesce più a capire quale possa essere il suo posto nel mondo. Sempre ammesso che ce ne sia ancora uno, visto che è una non morta.
La trama ci catapulta in una New York blindata, in cui gli zombie sono ormai una consuetudine. I non morti infestano le strade della metropoli americana ormai da qualche tempo e la loro inspiegabile fame di carne non riesce a placarsi. In un clima di terrore, il losco sindaco Chandrake riesce a costruirsi un vero e proprio impero, sfruttando la paura della gente, rafforzando la sua morsa sulla città mentre le gente muore. A lui non interessa più di tanto, visto che… no, dai. Questo piccolo colpo di scena ve lo risparmio.
Il cast dei personaggi vede tra i protagonisti Paul Barnum, uomo di fiducia del sindaco in perenne lotta con sé stesso. Il suo compito è quello di catturare i non morti (le “carogne”, come li chiama lui…), cercando di addestrarli – per quanto possibile – per farli combattere tra di loro. Perché in questa folle New York che vive nel terrore, l’unico svago è vedere questi zombie combattere tra di loro all’interno di un’arena, incoraggiati dalla vittoria di un pezzo di carne. Uno spettacolo assurdo, che però sembra divertire la popolazione… e questo è ciò che vuole il sindaco. Che il popolo si diverta, mentre io lo fotto. Ok, non dice proprio così, ma il senso è quello, fidatevi…
C’è poi la dottoressa Penny Jones, convinta che i non morti si possano in qualche modo risvegliare. Una donna convinta che si possa instaurare un rapporto con queste creature, desiderosa di provare a risvegliare un barlume d’intelligenza in chi sembra muoversi solo guidato dal più basso degli istinti.
Leggendo questa miserie in tre atti, raccolti per il momento in due volumi da Panini Comics (siamo in attesa della pubblicazione del terzo e conclusivo volume), vi renderete conto che pian piano il vostro punto di vista sulla storia cambierà, finché non inizierete a provare disgusto soprattutto per la razza umana, messa all’indice dall’autore. Alle prese con un evento apocalittico di questa portata, l’uomo tira fuori il peggio di sé, regredendo quasi allo stato bestiale. Non nelle apparenze magari, ma sicuramente nella sostanza. Se da un lato vedremo alcuni zombie cercare quasi disperatamente una parvenza d’umanità, dall’altro ci troveremo di fronte a umani totalmente insensibili di fronte alla brutalità delle loro stesse azioni, perpetrate non nei confronti delle “carogne”, ma ai loro stessi simili. E allora non ci rimane che concordare con Kirkman, che dalle pagine del suo The Walking Dead ci ricorda spesso che durante un’apocalisse zombie, i veri morti che camminano sono gli umani sopravvissuti.
Nel secondo atto la narrazione rallenta un po’, dedicandosi più all’introspezione dei singoli personaggi (cosa che a Romero riesce particolarmente bene), con ritmi decisamente più blandi rispetto alla prima parte. La cosa è voluta, si vede, ed è apprezzabile: una storia del genere non può avere una sola velocità, ma essere dosata con saggezza.
Una menzione speciale bisogna riservarla ai disegni: la scelta di far disegnare al grande Alex Maleev il primo atto di questa saga è stata assolutamente ottima. Il tratto sporco dell’artista bulgaro impreziosisce non poco una storia che fondamentalmente si nutre di sporcizia. Nel secondo atto la parte grafica è invece appannaggio di Dalibor Talajić, il quale perde inevitabilmente il confronto con Maleev, ma senza grandi colpe. Attendiamo dunque con ansia di leggere la terza parte, in cui vedremo i disegni dell’italiano Andrea Mutti.
Se pensavate di aver visto o letto tutto sul genere zombie, provate a dare almeno un’opportunità a L’impero dei Morti. Non siamo davanti a un capolavoro, ma di fronte a una storia scritta da un uomo che ha vissuto di passione e per la sua passione. Una storia fatta bene, che se in alcuni momenti si lascia andare a qualche piccolo déjà vu, subito dopo si fa perdonare con trovate dure, potenti.
No, non è davvero un capolavoro.
È una buona storia e ne avevamo davvero bisogno.
Mr. Kent
NB: L’intersa saga è stata già pubblicata in Italia da Panini in volumetti da edicola. In questa sede ci stiamo concentrando sulla ristampa in volumi per libreria, di cui il terzo e conclusivo atto è di prossima pubblicazione.
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