Abbiamo visto “Avatar: la via dell’acqua“, sequel del film che ha fatto il maggiore incasso al botteghino della storia del cinema. Queste sono le nostre impressioni.
Ce lo immaginiamo James Cameron nel suo studio di Los Angeles seduto davanti la scrivania in mogano. Accanto a lui, sulla sua sinistra, vediamo la mano d’acciaio di “Terminator“, alla sua destra una riproduzione in scala del timone del “Titanic“. Il ghigno stampato sul volto è di uno di quelli che hanno appena avuto un’idea brillante. Seduto di fronte a lui troviamo Jon Landau, produttore storico dei film di Cameron e grande amico del regista canadese. Landau ce lo immaginiamo con il colletto della camicia slacciato e la faccia di chi tradisce un certo nervosismo. Se Jim ti chiama nel cuore della notte perchè è ansioso di condividere un’idea per un nuovo progetto rivoluzionario allora è naturale percepire una certa preoccupazione. Stiamo parlando di un uomo, James Cameron di anni 68, che nel marzo 2012 si è immerso in solitaria nelle fosse delle Marianne raggiungendone il fondo. Capite bene che da un uomo del genere è lecito aspettarsi di tutto.
“Voglio dare un seguito alla storia di Avatar” avrebbe a quel punto sussurrato Cameron nell’intimità di quello studio adorno di feticci hollywoodiani.
A quel punto il buon Landau, cambiando posizione nella poltrona di pelle e asciugandosi la fronte imperlata di sudore, avrebbe assunto un tono bonario misto ad apprensione come a voler indurre il proprio figlio che non sarebbe salutare mangiarsi la seconda stecca di cioccolata.
“Avatar è stato un successo enorme Jim, abbiamo solo da perderci nel voler produrne un seguito. Sei sicuro di voler provare a ripeterlo?”
Tra il serio e il faceto, Cameron avrebbe sgranato gli occhi sorpreso dell’osservazione dell’amico, e sarebbe stato colto da una crisi di riso. “Jon amico io, io non voglio fare un seguito di Avatar! Ne voglio fare quattro!”
La storia che vi abbiamo raccontato è ovviamente inventata o, probabilmente, sarà avvenuta in uno degli universi paralleli al nostro. Nella realtà crediamo fortemente che nella testa di Cameron e Landau siano transitati sentimenti di eccitazione misto a paura all’idea di sviluppare un franchise di film legato al mondo di Pandora. Se l’intento è continuare a stupire allora deve essere fatto qualcosa di veramente monumentale, altrimenti è meglio restarsene a casa davanti al camino a leggere un buon libro. La morale della favola è che la squadra di sceneggiatori, guidata da Cameron stesso e composta da Josh Friedman, Rick Jaffa, Amanda Silver e Shane Salerno si è messa all’opera e sono state già annunciate quattro ipotetiche date per l’uscita di sequel, intervallati ognuno di essi di due anni. Prossimo appuntamento quindi con Avatar è nel dicembre 2024, sebbene sia stato specificato che l’effettiva produzione di queste pellicole è vincolata al successo di “Avatar: La Via dell’Acqua“, il secondo capitolo che arriva il 14 dicembre nelle sale cinematografiche italiane, dopo ben 13 anni di distanza del primo, iconico film, un mostro che ha incassato al botteghino quasi 3 miliardi di dollari a fronte di 237 milioni di costi (solo “Avengers: Endgame” si è avvicinato a cifre simili, ma si tratta di un film quest’ultimo che chiudeva un’era durata 10 anni e composta da circa 20 film).
Il mare è intorno a te e dentro di te
“L’acqua non ha inizio o fine.
ll mare è intorno a te e dentro di te.
Il mare è la tua casa prima della tua.
Il mare da e il mare toglie.
L’acqua connette tutte le cose: la vita alla morte, il buio alla luce”
La storia di “Avatar: La Via dell’Acqua” riparte 10 anni dopo gli eventi del primo capitolo. Ritroviamo l’invalido ex marine Jake Sully (interpretato ancora da Sam Worthington) a capo dei Na’vi sposato con Neytiri (Zoe Saldana) da cui ha avuto 3 figli: Neteyam, (Jamie Flatters), Lo’ak (Britain Dalton) e Tuk (Trinity Bliss). Completano la famiglia allargata anche due “adozioni”: Kiri, una ragazza nata in circostanze misteriose dall’avatar deceduto di Grace (e interpretata da Sigourney Weawer che rispetto al primo film prende la parte di un personaggio del tutto nuovo) e Spider (Jake Champion), un ragazzo umano, uno dei pochi terrestri rimasti su Pandora per facilitare la cooperazione con i Na’vi. Spider è il figlio del colonnello Miles Quaritch (Stephen Lang) , quest’ultimo morto alla fine del primo capitolo a seguito dei tentativi da parte delle forze della RDA di colonizzare Pandora.
La serenità e l’unione della famiglia Sully viene messa ben presto a repentaglio. Il nemico che arriva dal cielo infatti si ripresenta per conto del colonnello Quaritch riportato in vita con le fattezze di un Na’vi a cui sono stati impiantati i ricordi e la coscienza del comandante delle forze della RDA. Ma se nel primo film le mire di conquista erano dettate dalla necessità di impossessarsi di materie prime preziosissime appartenenti al mondo di Pandora, forte metafora sulla crisi ecologica che sta colpendo il nostro pianeta, in questo secondo capitolo ciò che muove il colonnello Quaritch è esclusivamente la cieca sete di vendetta nei confronti di Jake Sully e della sua compagna Neytiri. Scelta questa che, dal nostro punto di vista, toglie molto del potente messaggio ambientalista della prima opera.
Per Jake Sully, la cui priorità è quella di difendere la sua famiglia, arriva il momento delle scelte difficili. Deposta l’ascia del guerriero e il ruolo di comandante del clan degli Ometicaya, decide di abbandonare la propria casa nella foresta per chiedere rifugio al clan dei Metkaina, guerrieri acquatici guidati dalla coppia Ronal (Kate Winslet) e Tonowari (Cliff Curtis) che per fattezze, tradizioni e abitudini sono molto differenti dai primi. Questo mette a dura prova lo spirito di adattamento della famiglia Sully, che ora si trova nella situazione di dover ricominciare da capo, tornare ad essere bambini per capire cosa significa essere un Na’vi, lontano dalla sicurezza degli alberi e immersi a stretto contatto con le meraviglie del mare. Come è esplicito dal titolo del film, l’acqua è l’elemento principale di questo sequel, elemento naturale con il quale Cameron si trova particolarmente a suo agio (vedi “Titanic” e “The Abyss” per citare due titoli partoriti dalle fervida immaginazione del regista canadese). Anche gli attori coinvolti nelle riprese di “Avatar: la via dell’acqua” hanno dovuto fare forza sulle proprie capacità di adattamento. Per le riprese subacquee, gli attori sono stati immersi dentro una vasca con 2 milioni di litri d’acqua e hanno dovuto imparare le tecniche di immersione oltre che a recitare in mancanza di ossigeno. Questo perché le prove fatte in CGI non rendevano credibile l’oceano simulato al computer. Quando al buon Jim si sedimenta in testa un’idea, non c’è nulla che possa fargli cambiare opinione.
Tema centrale di “Avatar: La Via dell’Acqua” è il concetto universale della famiglia, dove alle dinamiche di rapporto tra Jake e Neytiri si succedono quelle tipiche di un conflitto generazionale raccontato mediante il rapporto padre-figlio. Per famiglia si intende anche il senso di appartenenza ad una comunità. I personaggi si interrogheranno su dilemmi esistenziali del tipo “Chi sono io?” , “A quale gruppo appartengo ?” che sfociano, con un pizzico di retorica tipica dei grandi blockbuster, sull’inclusività e sulla necessità di deporre le armi in ogni condizione.
Il mare da e il mare toglie
Dal punto di vista visivo e tecnico “Avatar: La Via dell’Acqua” è un film monumentale. Sembra incredibile, ma James Cameron è riuscito nell’impresa di migliorare in modo notevole la resa visiva del primo capitolo. Resa che nessuno, nel corso di questi lunghi 13 anni, nemmeno la più ardita delle opere Marvel/DC/Disney, è riuscito ad avvicinare e che, probabilmente, solo James Cameron è in grado di superare. La qualità del 3D è portentosa e ve lo dice chi ha sempre evitato di vedersi un film in sala con gli occhialetti. L’immagine è incredibilmente pulita, dettagliata, sopratutto nelle sequenze girate nei mari di Pandora, dove sembra di assistere al più bello dei documentari del National Geographic oppure a una di quelle demo che vengono proiettate negli schermi OLED 8k che trovate nei centri commerciali per invogliare il pubblico ad acquistare l’ultimo televisore di grido. In questo senso, Cameron è riuscito ad innalzare ulteriormente l’asticella e siamo sicuri che non vedrete nulla di meglio nei prossimi anni, o per lo meno fino al prossimo capitolo di Avatar, anche nell’ipotesi di dover aspettare altri 10 anni per la sua distribuzione.
La fauna di Pandora si arricchisce di nuove incredibili creature marine come i Tulkun , enormi balenotteri che avranno un ruolo fondamentale nell’economia della storia. Cameron si è divertito anche a mostrarci una battuta di caccia al Tulkun che appare essere una caccia hi-tech alla balena, esplicito riferimento a Moby Dick sul quale, evidentemente, il regista canadese deve molto della sua ispirazione. Di citazioni ne troverete molteplici, tutte che fanno riferimento a precedenti capolavori di Cameron (quella più evidente è a Titanic nell’ultima ora di film), un pizzico di auto referenzialità che siamo disposti a perdonare a James Cameron.
È un peccato dover constatare che un tale impianto visivo non è supportato da una storia altrettanto solida. Intendiamoci, senza voler offendere la suscettibilità dei fan di Avatar, neanche la trama del primo film brillava per originalità. In questo secondo capitolo sono stati introdotti molti personaggi nuovi, alcuni di questi (sopratutto quelli che danno una svolta importante alla trama) hanno anche un buonissima caratterizzazione, altri invece sembrano essere buttati nella mischia un pelino a caso. Si tratta di personaggi dal potenziale enorme che avrebbero meritato un maggiore approfondimento e di cui ci viene raccontato maledettamente poco delle loro origini. Inoltre, come già accennato in precedenza, aver privato le motivazioni degli antagonisti della componente ambientale (inteso come necessità dei terrestri di colonizzare Pandora per accedere alle sue risorse oppure per salvarsi dal pianeta Terra morente) impoverisce (e non poco) la solidità della trama. Tutto il dispiegamento di forze che vediamo attuato dalle forze della RDA in “Avatar: la via dell’acqua” non è giustificato da un mero regolamento di conti.
Crediamo che Cameron sia più interessato nel mostrare in modo stupefacente le sue opere piuttosto che raccontarle (da non confondere con lo “Show don’t Tell” che è caratteristica peculiare dei grandi scrittori) ma in “Avatar: la via dell’acqua” ci saremmo aspettati una sceneggiatura maggiormente curata. L’attenuante che diamo è che il “progetto Avatar” verrà sviluppato su più film e che, pertanto, le risposte alle nostre domande potrebbero arrivare nei prossimi capitoli.
Altra punto sul quale soffermarsi è la durata del film. Tre ore e venti minuti di film sono oggettivamente tante. A chi ha rivolto questo tipo di osservazione Cameron ha risposto dicendo che “non tollera critiche sulla durata del film da chi è abituato a stare su un divano per spararsi di filato un’intera stagione di una serie TV“. Noi vogliamo avere un atteggiamento più incline ad ascoltare le critiche del pubblico confidandovi che non abbiamo vissuto tutto questo tempo come un sequestro di persona. Il ritmo sempre ben sostenuto e la bellezza delle immagini ci hanno fatto passare 3 ore piacevoli in piena immersione (in tutti i sensi). Per dare anche un botta al cerchio è vero che il binge watching da serie TV viene fatto sul divano di casa, con la possibilità di mettere in pausa per andare in bagno. Quindi non ci sentiamo di condannare chi potrebbe percepire un certo disagio nell’affrontare oltre tre ore di film indossando occhialetti 3D.
In conclusione non possiamo che consigliarvi caldamente di andare al cinema a vedere “Avatar: la via dell’acqua“. Il consiglio è di vederlo in una sala con un ottimo impianto audio, comoda e di prediligere lo spettacolo in 3D per trasformare la semplice visione di un film in esperienza.
Avatar - La via dell'acqua
Sam Worthington: Jake Sully
Zoe Saldana: Neytiri
Stephen Lang: col. Miles Quaritch
Giovanni Ribisi: Parker Selfridge
Joel David Moore: dott. Norm Spellman
Dileep Rao: dott. Max Patel
CCH Pounder: Mo'at
Cliff Curtis: Tonowari
Matt Gerald: Lyle Wainfleet
Sigourney Weaver: Kiri
Kate Winslet: Ronal
Edie Falco: generale Ardmore
Jemaine Clement: dott. Ian Garvin
Oona Chaplin: Varang