Siamo giunti al gran finale della lunga run di Tom King: lo scontro tra Batman e Bane (e non solo) chiuderà le trame portate avanti dall’inizio del periodo Rinascita. La seconda parte de “La Città di Bane” si muove tra scontri fisici e psicologici, conducendoci alle riflessioni finali sull’arco narrativo conclusivo e sull’intera gestione di King.
«Le storie cambiano. Le persone cambiano.»: siamo alla fine e, se volessimo scegliere un messaggio, un manifesto del lavoro di Tom King su Batman, nessun’altra parola sarebbe più eloquente di quelle pronunciate da Bruce Wayne, appunto, alla fine. Con la Parte Due de “La Città di Bane“, infatti, giungiamo alla conclusione del lungo ciclo di Tom King sulla serie regolare di “Batman“, iniziato nel 2016 in occasione del rilancio editoriale “Rinascita“.
Dopo una prima parte dedicata al recupero delle energie fisiche e mentali in compagnia di Catwoman, mentre Bane prendeva il comando di Gotham, Bruce e Selina riescono a tornare in città per affrontare una volta per tutte il proprio nemico. Ci riescono – come spiegato dallo stesso Batman – grazie ad un piano cervellotico messo in piedi utilizzando alcune preziosissime e costosissime informazioni raccolte nel corso del tempo e all’aiuto fondamentale della Bat-famiglia (nella versione che all’epoca era anche protagonista sulle pagine di Detective Comics).
Da una parte, la coppia si fa strada tra i celebri criminali di Gotham, resi poliziotti dal regime instaurato da Bane. Dall’altra, Damian si è lasciato catturare per entrare a Villa Wayne e permettere agli altri “fratelli” di accedervi e tenere lontano Thomas Wayne. Come si può immaginare, però, le cose non vanno del tutto lisce.
Lo scontro tra Batman e Bane prende il via dopo un «senza maschere» che ci dà la nuova dimensione del Cavaliere Oscuro: non ci sono più due entità separate come l’eroe e l’uomo ma un tutt’uno che ora vuole riprendersi ciò che gli è stato tolto. Perché Bane ha sempre agito cercando di distruggere psicologicamente il proprio nemico colpendone gli affetti più intimi: ora che si è giunti allo scontro finale, le maschere non devono nascondere più nulla che l’altro non sappia già.
Eppure, appunto, Bruce è cambiato ed ha acquisito, attraverso il dolore, la perdita, le separazioni causati dalla lotta a Bane la consapevolezza di non essere solo. Ha scelto di non esserlo. Ha scelto di non essere solo Batman. Ha scelto di poter condividere una battaglia perché chi gli sta vicino sceglie di esserci. La sua città è anche la città di Catwoman. La sua crociata è anche quella della Bat-famiglia.
E, allora, chi se ne frega dell’onore: conta solo vincere e scrivere la parola “fine“. Così, Gatta e Pipistrello ingaggiano furbescamente una lotta 2 vs. 1 con Bane, mettendolo alle corde ed arrivando quasi a spezzarlo definitivamente. Quasi perché, a differenza dei lettori, Bruce non ha ancora affrontato il vero “boss finale” della sua missione: Thomas Wayne, l’altro Batman.
Thomas Wayne voleva essere la pietra di paragone. Il controesempio da non seguire. La radicalizzazione estrema dell’essere Batman. Non poteva, quindi, non essere lui il vero nemico di Bruce. Perché tutta la run di Tom King si è poggiata sull’eterna lotta, diventata confronto e poi accettazione tra una vita felice e essere Batman. Una condizione dicotomica impossibile da far co-esistere e la proverbiale determinazione dei Wayne (di qualsiasi realtà), unita alla psiche turbata del Thomas di Flashpoint, esplodono in questa crociata contro Bruce che assume, nelle intenzioni del suo esponente principe, un carattere morale.
Essere Batman porta ad una vita di infelicità, senza affetti e senza amore con l’unico scopo della lotta al crimine. Perciò, succube delle sue stesse convinzioni, Thomas Wayne prova ad infliggere un ultimo colpo a Bruce: una drammatica variabile che il nostro Cavaliere Oscuro non aveva calcolato e di cui viene drammaticamente a conoscenza solo ora, la morte di Alfred.
Thomas vuole per Bruce una vita felice non riuscendo a comprendere, a differenza del Nostro, che è possibile anche scegliendo di essere Batman.
Ancora una volta, per l’ultima volta, la trama di Tom King tocca livelli tensivi ed emozionali molto alti, giocando con le sensazioni dei protagonisti e trasferendole ai lettori. Nonostante una forte componente action con scontri feroci e violenti, è ancora un senso di malinconia che avvolge il tutto: dalla drammatica lettera di Alfred, al background di Thomas Wayne che non giustifica certo il Flashpoint-Batman dal piano di dolore inflitto a Bruce, ma ispessisce il personaggio dalla mera figurina di nemico finale.
L’epilogo, di lunghezza doppia, segue una struttura imbrigliata tipicamente king-iana non procedendo in maniera cronologicamente lineare ma presentando quattro diverse situazioni, quattro diversi sotto-epiloghi: lo scontro fisico e finale con Thomas a Villa Wayne, il congedo da Gotham Girl, la prima notte con Catwoman come (nuova) coppia di fatto e la chiacchierata al bar con Chuck Brown.
Spicca per ritmo, certamente, lo scontro con Thomas Wayne, successivamente rinchiuso ad Arkham mentre gli altri tre si strutturano sui dialoghi: l’amore con Selina sboccia definitivamente senza remore o paure, Gotham Girl acquisisce dei poteri permanenti e non degenerativi grazie alla kryptonite di platino e lo scambio di battute con chi si nasconde sotto il costume di Kite Man è una sorta di ultima volontà metatestuale di King.
Ai disegni troviamo diverse firme piuttosto note ai lettori della run: il leggendario John Romita Jr. non entusiasma nei primi due capitoli per lasciare spazio al folle intermezzo con Bullock di Mitch Gerads. La palla passa a Mikel Janin, come di consueto, per gli scontri ipermuscolari e massicci. L’artista dà una gran prova anche sulla drammatica parte 9, con lo straziante messaggio di congedo di Alfred intriso di dolore. Jorge Fornes si occupa della flashback story di Thomas Wayne e della bellissima “Ogni giorno“, storia dell’Annual del 2019. Janin torna ancora una volta per il gran finale con un giusto e doveroso congedo per quello che è stato il disegnatore – con ottimi risultati – più presente.
Il lavoro dello sceneggiatore è stato da sempre improntato sulla possibilità di far (con)vivere Bruce Wayne e Batman rompendo definitivamente quella scissione dicotomica tra la persona e il vigilante. L’eterno dilemma tra il volere ed il dovere. Ci è riuscito attraverso un processo lunghissimo e costruito con una narrazione decompressa e molto intimista – croce e delizia dell’intera gestione -, con il ritmo che andava a rallentare tra archi narrativi più dinamici e all’interno degli stessi.
Come più volte evidenziato nelle recensioni precedenti di questa rubrica, per raggiungere il proprio scopo, Tom King ha utilizzato soprattutto e a più livelli il concetto di dualità, declinato a seconda delle necessità in dualismo o dicotomia. Si è passati continuamente, e per farla più semplice, da un confronto all’altro che permettesse al Cavaliere Oscuro di comprendere non solo la natura dell’opponente di turno ma anche – e soprattutto – la propria. L’esasperazione finale di tale scelta narrativa arriva, quindi, con lo scontro con Thomas Wayne: un Batman che si è piegato alla Crociata in maniera sbagliata e troppo radicale e, in maniera altrettanto radicale, ha cercato di piegare il figlio adulto, che nella propria realtà gli fu strappato via, infliggendogli dolore fisico.
Per il nostro Batman, l’accettazione della possibilità di una vita oltre e con il mantello è passata attraverso fasi di totale annullamento alla crociata, discussione del proprio operato come vigilante, la visione di paure estreme e recondite ma, di fondamentale importanza, l’affermazione della propria volontà indistruttibile. La stessa che ha messo ogni giorno per rialzarsi e combattere, la stessa che ha messo nella scelta finale di vivere una vita felice come Bruce e come Batman.
Dal ritmo piuttosto compassato, ma dalla profondità eccezionale, la run di Tom King ha voluto dare nuova vita al Cavaliere Oscuro provando a farlo passare in una fase del tutto nuova, pronto a gestire la vita matrimoniale e quella da vigilante in sincronia. La sensazione è che la scelta dello scrittore fosse troppo radicale ed infatti possiamo leggerne un probabile ultimo atto nella maxi-serie Batman/Catwoman. Ci teniamo stretti, sicuramente, il coraggio di provare, la possibilità di ottenere qualcosa di diverso, forse migliore. Soprattutto, la forza di rialzarsi e continuare a lottare. Perché «forse è sufficiente. Può bastare così.»
Best Quote:
«La vita è nelle scelte che fai ogni giorno. Ogni maledetto giorno.
Ho scelto lei. Ho scelto la felicità. Ho scelto la famiglia.
E ho scelto Batman.»