Ultimo volume della saga di Black Hammer: viene finalmente svelato il mistero legato all’esilio dei più grandi eroi di Spiral City, ma soprattutto arriva a compimento una saga che si avvia a diventare un cult del fumetto contemporaneo
E così, siamo arrivati alla fine di questa incredibile avventura raccontata da un Jeff Lemire innamorato.
Ogni pagina trasuda amore, quello vero, passionale, unico, nei confronti del fumetto, specificatamente di quello supereroistico.
Jeff ci ha tenuti incollati alla sua storia, senza nemmeno darci il tempo di alzarci per bere un bicchiere d’acqua e le pause tra un volume e l’altro sembravano interminabili. Eppure, ora, l’attesa è finita.
Black Hammer è giunto alla sua naturale conclusione.
Dovete sapere, che nel settembre 2017, subito dopo il colpo di scena del numero 13 (americano), la casa editrice Dark Horse Comics aveva annunciato la chiusura della serie, per poi rilanciarla subito dopo con il titolo Black Hammer: Age of Doom. Tutto questo è accaduto ovviamente per volontà di Lemire, che si è voluto divertire a prendere in giro (con affetto) gli universi di supereroi che chiudono e vengono rilanciati anno dopo anno, in un ciclo continuo, ovviamente più per questioni meramente commerciali che per esigenze narrative. L’industria del fumetto americano sembra avere costantemente l’esigenza di attirare l’attenzione con nuovi numeri inizi, fornendo ai lettori degli ottimi starting point per saltare a bordo della testata, qualora già non ci fossero.
Se Black Hammer deve dunque seguire fedelmente la storia di questo filone, allora che abbia anche lui un rilancio in grande stile… che in questo caso ha portato al gran finale.
I nodi vengono finalmente al pettine e dunque scopriamo la verità sulla condizione di esiliati dei nostri (ormai ex) supereroi, anche se nuove domande cominceranno a formarsi nella nostra testa. I rapporti tra i protagonisti, che nel corso di questi mesi abbiamo imparato ad amare, cambieranno definitivamente.
Fidatevi, non resterete affatto delusi dalla lettura di quest’ultimo volume: lo scrittore non solo omaggia i mitici eroi della Golden Age dei comics, ma prova a rielaborare il concetto, sviluppando contemporaneamente l’universo in cui si muovono i protagonisti di Black Hammer. Leggendo questa serie (e i due successivi volumi spin off) Lemire ci fa capire che per innovare dobbiamo necessariamente porgere lo sguardo verso il passato, ricordarci da dove veniamo per capire dove andare. Lo scrittore traccia dunque una strada, che andrebbe necessariamente percorsa più spesso, per portare definitivamente il fumetto supereroistico nel futuro. Basta mantenere questi incredibili superesseri con i piedi per saldati per terra e magari – perché no – fargli passare qualche momento in campagna.
Ad illustrare il tutto troviamo come sempre l’ottimo Dean Ormston, stavolta coadiuvato in un paio di capitoli da Rich Tomaso. Entrambi assolutamente all’altezza della situazione, hanno dato un contributo a quello che siamo pronti a scommettere diventerà un vero e proprio classico moderno.
Arrivato a questo punto mi rendo conto questa è stata davvero una recensione atipica: ho solo accennato alla storia e mi sono dilungato sull’aspetto più emozionale e su cosa – secondo me – hanno voluto trasmettere gli autori. Il fatto è che questo volume va letto, vissuto e apprezzato, senza che venga svelato troppo: se nei tre volumi precedenti vi siete trovati bene in quella bizzarra fattoria piena zeppa di eroi provenienti dalla luminosa Spiral City, state tranquilli. Questo volume non vi deluderà in alcun modo.
Probabilmente ci troviamo in un periodo storico particolare, in cui si sta compiendo quel salto definitivo per far maturare i supereroi, portandoli in una dimensione sempre più attuale, che non rinneghi le origini del genere, ma in qualche modo le esalti. In quest’albo troverete dei dialoghi incredibili e sorprese a non finire.
Ma soprattutto, avrete una voglia matta di continuare a leggere fumetti di supereroi.
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