Con il debutto nelle sale italiane del film live action di Dampyr nasce ufficialmente il Bonelli Cinematic Universe: un progetto ambizioso, che coinvolgerà gran parte dei personaggi della casa editrice e che potrebbe aprire nuovi orizzonti per il cinema d’intrattenimento italiano nel mondo. In questa recensione no spoiler vi diciamo com’è la prima volta sul grande schermo di Harlan, Tesla e Kurjak.
Assistere in anteprima al lancio di una nuova avventura è sempre emozionante. Nel corso degli anni abbiamo partecipato a numerose anteprime stampa, ma mai come stavolta abbiamo percepito una certa elettricità nell’aria: già all’ingresso del cinema incontriamo lo stato maggiore della Sergio Bonelli Editore, impaziente di mostrare a tutto il mondo il frutto di un lavoro durato anni, un primo passo verso un progetto ambizioso e coraggioso allo stesso tempo. Perché è vero che viviamo nell’epoca dei cinecomics, ma non tutti riescono a guadagnarsi l’amore e la fiducia del pubblico, dunque non basta realizzare un “semplice” adattamento del fumetto in film, ma va strutturato un progetto in grado di conquistare nuovi e vecchi fan.
Qui, almeno sulla carta, il progetto c’è: si chama Bonelli Entertainment e da oggi diventa il braccio operativo della casa editrice per i progetti multimediali. In poche parole, se prima l’editore milanese cedeva i diritti di sfruttamento televisivo e/o cinematografico dei suoi personaggi ad altri player, ora scende in campo in prima persona. Da questo momento in poi sarà proprio Bonelli a impegnarsi nella realizzazione di film e serie TV basate sui suoi fumetti, il che vuol dire avere un completo controllo creativo, decidere in autonomia quale strada prendere, ovviamente non tradendo mai le storie che hanno dato vita a tutto.
Una sfida stimolante, inedita per il panorama italiano, che forse solo un editore così importante poteva raccogliere e rilanciare, prendendosi anche tutti i rischi del caso.
In Via Buonarroti si è deciso dunque di partire per questa nuova avventura con Dampyr, anti-eroe dalle forti tinte dark creato da Mauro Boselli e Maurizio Colombo, titolare di una serie a fumetti che va avanti da ben 22 anni con un certo successo, le cui storie ben si prestano a una trasposizione cinematografica. Parliamo di un cacciatore di vampiri mezzosangue, figlio di un Maestro della Notte e di una donna umana, il cui destino sarà proprio quello di dare la caccia ai vampiri… Senza sapere di esserlo lui stesso, ovviamente. Il personaggio probabilmente a qualcuno ricorderà – seppur vagamente – Blade della Marvel, almeno nelle origini, ma vi posso garantire che i punti di contatto finiscono qui. Si tratta dunque di temi già visti sul grande schermo, che potrebbero attirare chi ancora non conosce il personaggio o il fumetto da cui è tratto. Un modo soft per far entrare il pubblico nell’incredibile universo Bonelli.
Alla regia troviamo – a sorpresa, vista la portata dell’operazione – un esordiente puro: Riccardo Chemello, che se la cava davvero alla grande per essere alla sua opera prima. Non dev’essere stato facile esordire con un film del genere: non perché fosse chissà quanto complicato, ma proprio perché nelle intenzioni dei produttori dovrebbe rappresentare il primo capitolo di una nuova, grande saga cinemtografica. Non si può sbagliare, non dopo i troppi passi falsi fatti sul grande schermo dai personaggi Bonelli (quando erano gestiti da altri Studios): una responsabilità non da poco per Chemello, che fortunatamente per noi si è fatto trovare pronto e sempre sul pezzo. Stavolta deve andare diversamente, dev’essere un’altra storia.
Una storia che inizia nel 1992 e ci porta nei Balcani, luogo in cui troviamo un cialtrone di nome Harlan (interpretato da Wade Briggs) che insieme al suo degno compare Yuri (Sebastian Croft) passa da un villaggio all’altro ingannando la gente del luogo, facendogli credere di poterli liberare proprio dai vampiri. Il ragazzo fa leva su antiche credenze popolari per raccimolare qualche soldo, ma non sa che in realtà i mostri esistono davvero… e che i vampiri sono più vicini di quanto lui possa credere. Lo ha imparato a sue spese il comandante dell’esercito Emil Kurjak (che ha il volto di Stuart Martin), al quale queste creature hanno massacrato alcuni membri della sua squadra. Kurjak è un soldato, sa bene cosa vuol dire combattere, lo fa da una vita. Ma farlo contro creature sovrannaturali sembra davvero impossibile… a meno che quel ragazzo di cui ha tanto sentito parlare non dica il vero. Sarà davvero lui il Dampyr della leggenda?
A sentire Harlan, la risposta è no: «Sono una presa per il culo. I vampiri non esistono», dice il ragazzo al comandante durante il loro primo incontro. Ancora non sa che sarà costretto a rimangiarsi queste parole dopo pochissimo tempo, ritrovandosi faccia a faccia con mostri che sembrano usciti dalle leggende e incontrando lei, Tesla (interpretata da una bravissima Frida Gustavsson): una vampira che lotta per riconquistare il suo libero arbitrio e sfuggire dal controllo di Gorka, un Re della Notte potentissimo che manovra i vampiri come fossero burattini nelle sue mani.
Spezzare quel legame non sarà semplice e costringerà questo improbabile trio a formare una squadra per tentare di contrastare l’avanzata delle forze del male sui Balcani. Non sarà semplice, molti innocenti sono stati coinvolti e rapiti, tra cui Yuri, il socio di Harlan. Bisognerà salvare lui e tutti gli altri, ma l’impresa appare impossibile.
Il film scorre via bene e riesce ad appassionare quanto basta: ha molti pregi, ma ovviamente non è esente da difetti. Se – come detto poco più in alto – in alcuni punti la sceneggiatura appare “familiare” per il grande pubblico, in alcuni punti risulta un po’ scontata e si capisce abbastanza rapidamente dove si vuole andare a parare. Dampyr è un prodotto realizzato con il cuore, ma a cui forse manca quel pizzico di profondità in più per renderlo davvero memorabile. Ottima la scelta del cast, i protagonisti sono assolutamente azzeccati e centrati nelle loro parti, un po’ meno la resa dei vampiri. Anche Gorka, villain spietato e senza scrupoli, forse poteva essere rappresentato in modo migliore: ma questo è il difetto della stra-grande maggioranza dei cinecomics, la resa del cattivo. Per quanto nei fumetti possano essere sfaccettati e persino affascinanti, sul grande schermo risultano sempre troppo piatti e purtroppo Gorka non fa eccezione.
Wade Briggs è un Harlan perfetto: sopra le righe nella prima parte del film, risoluto nella seconda. Stuart Martin ci regala un comandante Kurjak carismatico e duro, un uomo con un profondo senso dell’onore, anche e soprattutto in tempo di guerra. Tesla è spietata e passionale al tempo stesso, Frida Gustavsson riesce a donare al pubblico l’eroina migliore che in quella situazione potesse esserci. Il villain appare però davvero troppo scontato, ed è – secondo il mio punto di vista – un grande neo in questa produzione.
Un plauso alla scelta di voler girare tutto il film proprio nei Balcani, rinunciando al green screen per restituire un paesaggio reale e autentico allo spettatore. Altro punto a favore è senz’altro quello di aver reso “ruividi” i personaggi: Harlan, Emil e Tesla non si fanno problemi a usare un linguaggio vero, senza tanti fronzoli. I dialoghi sono efficaci, così come lo è vedere i personaggi bere e fumare: sembra scontato, ma è un qualcosa che sta sparendo dai film di genere, sempre più attenti a non dare cattivi esempi al pubblico di giovanissimi.
Qui però ci troviamo di fronte a tre persone che saranno sostanzialmente costrette dagli eventi a diventare degli eroi. Ad analizzare gli incubi, a scegliere se continuare a nascondere la testa sotto la sabbia restando cialtroni o abbracciare il loro destino e diventare l’ultimo baluardo dell’umanità. Sembrerebbe in apparenza una scelta facile, ma non credo sia facile guardare l’inferno e scegliere di combatterlo.
Il film è un lungo percorso di crescita, non solo di Harlan, che dovrà finalmente scegliere se continuare a essere un truffatore da quattro soldi o l’eroe che ci si aspetti diventi, ma anche per Emil e Tesla, messi di fronte alle loro paure e alla non semplice scelta tra il bene e il male, qui rappresentato nella sua forma più pura.
Dampyr ce la mette tutta. Ad essere un eroe e ad essere un buon film.
In molti punti cade, poi si rialza, poi cade ancora. Ma non smette di combattere, non si arrende.
La sensazione che abbiamo avuto uscendo dalla sala è stata quella di aver visto un lungo episodio pilota di una serie TV e questo – credetemi – non è detto in modo dispregiativo, anzi.
Anche perché ora non vediamo l’ora di capire come continua…
Dampyr
Wade Briggs: Harlan Draka
Stuart Martin: Emil Kurjak
Frida Gustavsson: Tesla
Sebastian Croft: Yuri
David Morrissey: Gorka
Luke Roberts: Draka