Raccolta in due volumi cartonati da Panini Comics, “Danger Street” di Tom King e Jorge Fornes è una maxi-serie in 12 capitoli pubblicata da DC sotto l’etichetta Black Label in cui storie di molti e diversissimi personaggi si intrecciano in una sola, nuova, favola moderna.
Nel 1928, nell’allora Leningrado, veniva pubblicato il saggio del linguista e antropologo russo Vladimir Propp, “Morfologia della fiaba”. Lo scritto, che in Italia sarebbe arrivato solo nel 1966 parte dall’assunto, risultato ottenuto dopo studi intrapresi anche nelle società tribali, che le fiabe presentino una struttura e degli elementi di massima in comune, al netto dell’origine e della provenienza del racconto.
Secondo il cosiddetto “schema di Propp”, all’interno delle favole potevano riconoscersi trentuno funzioni – ovvero le sequenze che si verificavano dopo l’esordio – raccolte in quattro schemi (situazione iniziale, esordio, peripezie e scioglimento) e otto personaggi-tipo (l’eroe, l’antagonista, il mandante, l’aiutante, il falso eroe, la principessa, il padre di lei e il donatore).
Ovviamente, molti di questi schemi si ripresentano anche in racconti più moderni, compresi i nostri adorati fumetti: chissà che Tom King, per la sua “Danger Street“, non abbia voluto mettere in mostra alla lettera – ma declinandoli secondo la propria cifra stilistica – gli schemi di Propp.
Tutto lo lascerebbe pensare, in effetti: King affibbia ad ogni protagonista di questa maxi-serie in 12 capitoli, raccolta per l’Italia da Panini Comics in due volumi cartonati, un ruolo archetipico delle favole. Eroi “di serie B, C o D” del parco-personaggi di DC Comics interpretano, nell’ottica favolistica del racconto Black Label, la funzione dichiarata e ribadita nel corso del racconto a mo’ di filastrocca, di principe e principessa, cavaliere, orco.
Danger Street – 1st Issue Special
Ciò che è sicuramente certo, invece, è l’origine della maxi-serie: Tom King, infatti, decide di riprendere in mano i personaggi apparsi nella serie antologica pubblicata da DC Comics dal 1975 al 1976 per un totale di 13 numeri dal titolo “1st Issue Special“. Gli autori di quegli albi erano grandi nomi dell’industri fumettistica dell’epoca e della storia intera: da Jack “Il Re” Kirby a Joe Simon, da Bob Haney a Gerry Conway, da Mike Grell a Danny O’Neil, e poi Steve Ditko, Walter Simonson e Al Milgrom, tra gli altri, alle tavole.
L’obiettivo di ogni albo dell’antologia, che si può intuire anche dal titolo, era quello di proporre una storia che potesse fungere da “numero #1” di un’eventuale serie regolare dedicata al suo personaggio protagonista. Solo due numeri riuscirono nell’intento: il numero #8 e il numero #13, che diedero il via – ma solo mesi più tardi, quando l’interesse dei lettori per l’operazione era già scemato – rispettivamente a The Warlord di Mike Grell (durata poi per ben 13 anni) e New Gods Vol. 2 (Return of The New Gods) di Gerry Conway e Don Newton.
D’altro canto, il rischio di un insuccesso poteva non essere così difficile da immaginare: i personaggi già esistenti, come Metamorpho, Creeper, il Doctor Fate della Golden Age e i Nuovi Dei erano personaggi minori o comunque non (ancora) dalla floridissima e solida storia editoriale; i nuovi, come i Dingbats di Danger Street, avevano solo lo spazio di un albo per poter emergere ed attecchire.
Alla fine della serie, molti di loro tornarono ad avere un ruolo secondario nelle storie di altri personaggi, mentre altri finirono nel dimenticatoio se non per piccolissimi cameo o riferimenti all’interno di altre storie successive.
Questo, ovviamente, fino all’inizio di Danger Street nel febbraio 2023…
La prima mossa di Tom King – chissà se anche per rendere giustizia a questi personaggi che non ebbero il successo sperato – è quello di recuperare lo stesso ordine di 1st Issue Special ma rendendo la storia organica ed unitaria. Lo sceneggiatore abbandona la natura antologica dell’opera originale pur mantenendo gli stessi titoli – e, di conseguenza, il focus sul rispettivo personaggio protagonista – realizzando una storia inedita ma, allo stesso tempo e come cifra stilistica dello stesso King, dagli intrecci non lineari e stratificata, con un’unica ambientazione di riferimento dove agiscono tutti.
King piazza sullo scacchiere un numero non insignificante di personaggi ma le vicende prendono il via con tre volti più o meno noti ai lettori: Warlord, Metamorpho e Starman vogliono entrare nella Justice League. Per farlo decidono di compiere un’impresa straordinaria: sconfiggere ed uccidere Darkseid evocandolo attraverso l’Elmo del Doctor Fate.
Purtroppo però, le cose prendono subito una piega sbagliata, perché il cielo e gli Dei, nel frattempo, rischiano di cadere definitivamente e a fare le spese di tali questioni eroiche sono quattro piccoli teppistelli, i Dingbats di Danger Street, a loro volta già alle strette con la “Signora Sbirro” che li tiene sempre d’occhio.
Le gesta dei tre candidati eroi, che pure riescono a non farsi identificare, salgono agli onori della cronaca nazionale: in particolare la GTN, il network televisivo del Green Team (un gruppo di adolescenti milionari), decide di far luce sugli eventi grazie al loro nuovo volto, Jack Ryder a.k.a. Creeper, a sua volta interessato a portare avanti la crociata contro gli Outsiders.
E no, non parliamo del gruppo fondato da Batman nel 1983 grazie a Mike W. Barr e Jim Aparo (di cui si hanno avuto numerose e diverse incarnazioni) ma un gruppo di reietti mutanti legati allo stesso Green Team, apparsi proprio nel numero #10 di 1st Issue Special.
Insomma, come avrete capito, Danger Street è una storia – ed una lettura – parecchio ricca in cui sono evidenti le difficoltà nel ricordare i nomi dei personaggi e nella quale, soprattutto all’inizio, è difficile stabilire i legami che questi possono avere l’uno con l’altro. Se volessimo riassumerla in poche parole, evitando di fare spoiler, potremmo dire che Danger Street è un noir (grazie soprattutto al tratto oramai riconoscibilissimo di Fornés) fantasy che si carica cineticamente nella prima parte, in cui facciamo la conoscenza dei personaggi, delle loro singole intenzioni e delle loro storie, per esplodere nella seconda quando tutti, in momenti differenti ma sempre in maniera progressiva, vengono a contatto l’uno con l’altro.
È un giallo “verticale“, che parte dagli dei e arriva agli uomini, anzi dai Nuovi Dei e arriva ai vecchi (vizi) umani, alla sete di potere, al desiderio di essere, ottenere ed avere sempre qualcosa di più. È un racconto stratificato, di ambizioni, vendette ed inevitabili cataclismi che presenta una narrazione – marchio di fabbrica di King – grave, lirica e drammatica capace in questo caso, però, quasi di “fare il giro” per diventare ironicamente melensa e patetica, con lo sviluppo nel comparto grafico affidato prevalentemente alla consueta griglia a nove per esaltare i dialoghi tra i protagonisti impegnati in un continuo botta-e-risposta.
Dietro l’utilizzo di personaggi di fantasia, oltre alla critica non troppo velata alla natura umana – affatto differente a quella degli Dei – c’è una critica alla stessa società, pronta a fagocitare i più deboli attraverso il potere del denaro e il plagio dell’opinione attraverso la stampa e i mass media. In Danger Street troviamo bambini che giocano a fare gli Eroi, Eroi che si comportano da bambini e killer professionisti che filosofeggiano su probabilità di vittoria in duello come metafora della sopravvivenza stessa.
A conclusione della lettura, dopo i 12 capitoli, risulta evidente una non troppo velata narrazione ironica e sarcastica nella quale Tom King incastona ogni personaggio in qualche ruolo archetipo della favola da intendersi come tipologia di racconto universale, fa conoscere al lettore le loro storie e le fa procedere nel quadro complessivo portandole avanti anche quando i diversi capitoli dovrebbero avere un protagonista differente. E se il “mistero” che lega tutti insieme questi personaggi è quasi un McGuffin intuibile ma che rientra nei topoi del doppio e del fato, Danger Street si connota come una storia sopra le righe e dalle molteplici interpretazioni.
Forse non il lavoro più impressionante né rivoluzionario di King, di cui si riconoscono molte caratteristiche in termini di modus operandi nel racconto, fatto di intrecci su più livelli, di una linearità che si ritrova solo vicini alla risoluzione e della quantità di personaggi in gioco. Sicuramente, però, è tra i più genuinamente godibili e divertenti.