La prima stagione di Daredevil: Rinascita che è appena sbarcata su Disney+ ci ha entusiasmato ed emozionato. In questa recensione (assolutamente senza spoiler) approfondiamo i temi che sono stati toccati dalla serie, andando anche a ripercorrere le prime tre stagioni del Diavolo Custode

L’Uomo Senza Paura.
Non mi riferisco però al protagonista titolare: se la Stagione 1 di DAREDEVIL BORN AGAIN, appena conclusasi su Disney+, ha saputo funzionare bene, è grazie al fatto che lo showrunner Dario Scardapane non ha avuto timore di affrontare la sfida di prendere in mano le redini di una produzione partita bene ma che stava già razzolando male, e trasformarla in un collante col passato che riuscisse a non far rimpiangere l’era Netflix.
Non è un mistero, difatti, che questa “Rinascita” è stata praticamente doppia: inizialmente, l’idea dei Marvel Studios era riportare in scena il Diavolo di Charlie Cox e il Kingpin di D’Onofrio, integrandoli appieno con il MCU, per tornare a sfruttare due dei migliori casting di sempre. Così ecco i cameo, uno in “Spider-Man No Way Home“, l’altro in “Hawkeye“, un altro ancora in “She-Hulk“, giusto per prendere le misure con il pubblico.

È pur vero che, almeno nelle intenzioni iniziali, “Daredevil”, inteso come serie, era inserita nel celebrato Universo Cinematografico Marvel: basterebbe ricordare, nella prima stagione, il riferimento alla “Battaglia di NY” del primo “Avengers”, con quel ritaglio di giornale appeso a bella posta sulla parete.
Poi i contorni, con l’andare avanti, si son fatti più sfumati, vuoi per ragioni produttive (di recente, sia Ted Sarandos, il capoccia di Netflix, che Steven S. DeKnight, l’allora showrunner, hanno lamentato il fatto che, comunque sia, ABC/Marvel Television hanno tenuto a fare le cose al risparmio), vuoi per non dare alla concorrenza qualcosa di troppo radicato con il loro carrozzone delle meraviglie. Così è sembrato un poco a tutti che, con l’andare del tempo, Cornetto e compagni Difensori vivessero come in uno stato delle cose separato dal resto, in quel loro microcosmo urbano. Poi il Topo si è ripreso i diritti e tutto è finito in un cassetto.
Ma se Luke Cage, Jessica Jones e Iron Fist hanno segnato una piccola parentesi rimpianta solo relativamente (Frank Castle fa gioco a parte), Daredevil e Kingpin erano ancora saldi nel cuore di molti, e così ecco l’idea di ritornare nella Hell’s Kitchen del delitto. Sì, ma come?

Non lo sapremo mai con certezza, a meno di qualcuno che decida di raccontarci per filo e per segno quelle prime sceneggiature, ma l’idea era di accantonare il passato, lasciarlo lì dove stava e presentare un nuovo corso dei personaggi. Ce lo fecero intendere gli stessi attori, con Cox che affermò «Se dobbiamo rifarlo, che sia differente». 18 episodi ordinati, e tutto faceva pensare che, insieme alla macrotrama d’occasione, si volesse anche esplorare, a mò di procedural, il mondo legale intorno a Matt Murdock, portandoci anche nelle aule di tribunale, oltre che sui tetti della città.
Poi ci furono i famigerati scioperi di attori e sceneggiatori, che misero in pausa la produzione e a quel punto i Marvel Studios, con sei episodi praticamente già girati, ne approfittarono per una revisione del materiale, stabilendo che semplicemente “non funzionava”.
Cosa esattamente, appunto, non lo sapremo mai con certezza. Fatto sta che viene deciso un completo cambio di rotta, non solo creativo, cambiando showrunner e facendo salire a bordo Scardapane, forte anche della sua esperienza con la serie di “The Punisher“.

Daredevil: Rinascita – Il lavoro del Diavolo riparte da Disney+
Stavolta, l’intenzione è più chiara e lampante: riallacciarsi al periodo Netflix, creando un vero e proprio sequel, stavolta con mezzi produttivi adeguati e, per quanto possibile, visto che nessuno mette l’MCU in un angolo, far capire che è sempre lo stesso universo, magari nominando quel vigilante col costume da ragno, giusto per fangirlare un pochetto.
Quindi che facciamo? Buttiamo via tutto il vecchio girato? Ehrm, no, non del tutto.
Così, a quel povero Diavolo è toccato cercare di costruire una trama coerente col passato, riutilizzando il riutilizzabile e girando poi materiale ex-novo, il tutto nel modo più omogeneo possibile, con quelle 18 puntate inizialmente promesse stavolta spalmate in due stagioni.
Finendo per fare non solo le pentole, ma pure molti coperchi.
Per chi vi scrive, Scardapane ha compiuto, con ciò che aveva in mano, davvero un ottimo lavoro: ha lasciato trascorrere, narrativamente parlando, quel lasso di tempo necessario ad irrobustire sia la storia sia la percezione del pubblico, perchè effettivamente quegli anni sono trascorsi per Matt, Karen e Foggy così come per noi spettatori.

Li avevamo lasciati sorridenti ed uniti al tavolo di un bar, li ritroviamo così adesso con molto tempo trascorso, e la consapevolezza che tanto è accaduto ma loro sono ancora un team.
Un evento luttuoso è però destinato a distruggere tutto, e un anno dopo parte davvero la storia di questa Rinascita, che tanto sapevamo benissimo che l’aggancio con il ciclo di Miller e Mazzucchelli era tutto qua, ma lo showrunner sfrutta quella definizione andando oltre il semplice “Daredevil è Rinato, solo che invece di Netflix, ora è sotto Disney+”, e mostrandoci così un Matt avvolto in una cappa di lutto, perché ha perso quello che era il cuore pulsante della sua esistenza, chi sapeva vedere la brava persona sotto la maschera.
Maschera che ha messo via insieme al costume, ripromettendosi di non indossarla più.
Ma come sanno i lettori di comics, dove questi dilemmi moral-religiosi sono proposti ogni tre per due, è una promessa destinata a durare quel giusto numero di episodi, mentre eventi diversi mettono il protagonista alle strette, fanno salire quella rabbia in corpo, lo inducono in tentazione, riportandolo ad essere un Diavolo Custode.

Ecco un’altra cosa che fa Scardapane e che mi ha piacevolmente sorpreso e catturato: ha voluto, per quanto gli è concesso, ricercare quello stesso incedere dei comics, dove a momenti più intensi, si affiancano albi più “leggeri” solo in apparenza, ma anch’essi importanti a definire quel particolare frangente del personaggio.
In questo senso, il tanto vituperato – a torto – quinto episodio pare proprio uscire dalle pagine dei fumetti, con questa rapina in banca, la strizzata d’occhio ad un personaggio secondario ma fondato si trovi lì, dietro la sua scrivania (Funko incluso), evento che pone Matt in quella che, gli piaccia o meno, è la sua quotidianità, il suo essere l’Eroe giusto al momento giusto, in frangenti meno epici forse, ma “normali”.
Non a caso, è stato l’unico momento in cui Disney+ ha brillato nel ragionare sulla programmazione, proponendolo non in singolo, ma insieme ad un altro albo… episodio ben più corposo e denso di cose, tenendo la tensione settimanale sempre alta.
Ma questo incedere lo si ravvisa un poco dappertutto, nel modo in cui si sviluppano gli eventi, nel modo in cui procedono e si risolvono, nel modo “fumettoso” in cui i personaggi si muovono sulla scena, anche a dispetto della logica che li vorrebbe a terra e non pronti a rialzarsi quasi come nulla fosse, nonostante importanti cadute.
Snellendo molto quello che, al tempo di Netflix, era un piccolo problema della serie nelle sue varie stagioni, ovvero avere un inizio ed una fine esaltanti, ma in mezzo tanto girarci intorno fatto di parole spesso a vuoto.

Sottotrame come quelle di Tigre Bianca o Muse potrebbero essere sembrate frettolose, ma in realtà sono state un mezzo per un fine (per quanto Scardapane abbia promesso che le conseguenze delle azioni del serial killer saranno sviluppate anche nella seconda stagione), ovvero portare Matt a capire che Hell’s Kitchen ha bisogno del suo Diavolo, e che il Nemico potrebbe sembrare abbia perso il pelo, ma in realtà ha trovato solo ben altro vizio.
Già, il Nemico, con la maiuscola.
Perché lo showrunner sa che senza uno, non esiste l’altro e viceversa, e perciò fa rinascere anche Kingpin: lo avevamo lasciato, al termine di “Echo”, sconfitto e con quella balzana idea di lanciarsi in politica. Lo ritroviamo che punta a diventare Sindaco di New York, desideroso dello scranno del potere (rappresentato letteralmente da una particolare scrivania) e di usare la Legge, o meglio una versione distorta di essa, per avere ancora presa sulla città, sempre indossando abiti bianchi a dispetto di un’anima che non riesce a smettere di essere nera, violenta, senza scrupoli, pronta a schiacciare i suoi nemici (anche qui, letteralmente).
Così i due seguono percorsi paralleli, affrontano le cose dai loro rispettivi punti di vista: chi vede un vigilante da salvare dalla galera, l’altro lo vede come il giusto Cavallo di Troia per iniziare a mettere in moto la sua milizia di poliziotti corrotti. Chi vede un pericoloso assassino, l’altro invece lo classifica come la perfetta legittimazione del suo operato.

Tutto questo, ovviamente, non sarebbe stato possibile se ai due lati del ring non ci fossero due pesi massimi, totalmente a loro agio nel tornare dentro i panni di questi personaggi e farci capire che il tempo non è davvero passato, e anzi ha solo rafforzato la loro bravura: Charlie Cox è Matt Murdock, lo è sempre stato, si muove come lui, lo incarna in ogni aspetto, caratteriale, fisico, umano.
Vincent D’Onofrio, d’altro canto, porta il suo talento e la sua fisicità al massimo, perchè, un poco come spesso veniva detto nei comics (specialmente da un certo Ragno), quelli sono muscoli, non peso in eccesso. Muscoli attoriali, ma che rappresentano pure una forza fisica che nasconde anche una vulnerabilità molto… umana, esatto.
Tutto il cast secondario, per il resto, nel bene o nel male funziona, con l’accento su Margarita Levieva e Ayelet Zurer, entrambe ben più di un semplice interesse sentimentale (in particolare la seconda, anche lei richiamata dopo la decisione di tornare alle origini).
Ma a darmi soddisfazione e farmi ben pensare per il futuro è soprattutto Michael Gandolfini, che mai come nel ruolo del giovane Daniel mi ha fatto spesso pensare al suo mai troppo compianto padre, e qualcosa mi dice che la sua scelta di casting è destinata ad avere molto peso nel procedere della vicenda.
Una vicenda che qui ha fatto esattamente quello che doveva, ci ha riportati su quelle strade, in quei vicoli fumosi, a contatto con la gente di New York, con la sua anima tormentata, con i suoi problemi di tutti i giorni che diventano sfondo per minacce importanti, di quelle che portano il protagonista a dire di “dover radunare un esercito” (e sfido chiunque a non aver pensato per un solo istante, a quella battuta, a quei precisi personaggi).

Senza dimenticare chi in passato ha funzionato bene in questo contesto vigilantesco e ora è tornato per, speriamo davvero, restare, ovvero il Punisher di Jon Bernthal.
Pure lui rinasce a modo suo, senza prendersi troppo minutaggio, ma probabilmente gli basterà lo Special già debitamente annunciato. E poi Frank è uno spiccio, gli bastano solo poche parole e sfottere il nemico al suo stesso gioco (quel monologo nell’ultimo episodio è ciò che mi aspettavo ci sarebbe stato, e difatti la serie non ha deluso manco in questo).
E la violenza? Quella che, secondo molti, incuranti di ciò che davvero conta, ossia la trama, paventavano non ci sarebbe stata, contrariamente all’era Netflix che non lesinava le ossa rotte? Non manca, anzi Feige ha dato sin troppa carta bianca, e dove altrimenti sarebbe bastato un “Crack!” onomatopeicamente ben posizionato e lo sguardo inorridito dei presenti, ci si concede invece persino quell’eccesso grafico che colpisce durissimo (ma sono anche passati sette anni, è arrivata “The Boys” e sfidare il rating quanto serve è dovuto).
Insomma, nove episodi per far “rinascere” il Diavolo, la sua nemesi, il suo mondo e la serie stessa, in quello che è stato il miglior aggancio possibile con un passato che molti rimpiangevano, cercando anche di incuriosire qualche nuovo spettatore lungo la strada.

Molto, a questo proposito, farà anche il passaparola, tra chi riuscirà a convincere i nostalgici a tornare, rassicurandoli che non ci sono stati tradimenti all’ombra del Topo, ma anzi che si desidera rilanciare, e chi invece sarà tentato anche di recuperare le miticizzate tre stagioni precedenti, curioso di capire da dove arrivano tanti riferimenti, quel vissuto non sperimentato allora e disponibile bellamente sul catalogo.
Tra un anno, Scardapane dovrà anche lui dimostrare di saper gestire questa Rinascita, di poter spiccare il volo tra i grattacieli, invece di spiaccicarsi al suolo, di saper cavalcare quanto fatto di buono sinora, e consegnarci una serie ancora più compiuta.
Lo scopriremo tra un anno, e sarà piacevolmente una lunga attesa!

Daredevil: Rinascita - Stagione 1
Titolo originale: Daredevil: Born Again
Paese: USA
Anno: 2025
Stagioni: 1
Episodi: 8
Casa di produzione: Marvel Television
Dove vederla: Disney+
Voto: