Arriva nelle sale italiane Diabolik – Ginko all’attacco!, secondo film firmato Manetti Bros. dedicato al Re del Terrore. La prima pellicola ha diviso la critica, questa riuscirà a conquistare tutti? Probabilmente no, proviamo a capire perché
Probabilmente si potrà dire tutto e il contrario di tutto della saga cinematografica di Diabolik, ma certamente non lascerà indifferente nessuno, detrattori e ammiratori. L’operazione messa in piedi dai fratelli Manetti è inusuale per il cinema moderno, ma che segue una precisa coerenza e visione: in un momento in cui i cinecomics vanno per la maggiore, presentando attrici e attori in grado di compiere scene sempre più spettacolari e acrobatiche, inseriti in trame sempre più complesse, loro tirano il freno a mano e ripensano un format che in questo modo appare diverso da tutto, unico nel suo genere.
Nonostante pubblico e critica non siano stati tenerissimi nei confronti del primo film, al botteghino le cose non sono andate malissimo (2,6 milioni di euro totali al box office, quarto incasso di un film italiano nel 2021, in un momento storico di grande difficoltà per il cinema mondiale) e questo ha dato forza e ragione ai due registi romani, che anche con questo secondo capitolo continuano a mantenere questo stile così… particolare. Questo è un termine che normalmente odio, ma in quest’occasione credo calzi alla perfezione.
L’adattamento proposto dai Manetti Bros. segue fedelmente il fumetto creato da Angela e Luciana Giussani, quasi come fosse uno storyboard: pur di non tradire lo spirito originale dell’opera (scritta oltre 60 anni fa), i registi creano un film in realtà poco “fumettoso”, che deve molto – se non tutto – al cinema di un tempo ormai lontano, con trovate che appaiono quasi meccaniche, statiche, volutamente forzate.
Questi due film sono stati concepiti per dare un effetto straniante, è chiaro: pur di seguire fedelmente il fumetto, si è scelto di sacrificare lo stile di ripresa e di racconto moderno.
I Manetti sono due combattenti del cinema e della televisione italiana, conoscono bene il mezzo e sanno come affascinare lo spettatore, dunque è chiaro che qui abbiano voluto calcare la mano, cercando e ricercando uno stile che non fosse né vintage, né contemporaneo, ma unico.
Il risultato però è… strano.
Come dicevo in apertura, questo film lo ami o lo odi. Non è un’opera che si presta a sfumature di alcun tipo e onestamente a chi scrive non ha fatto impazzire, anzi.
Capisco il voler cercare una chiave nuova, inedita. Capisco il voler dare un tono vintage a una vicenda ideata nel e per gli anni Sessanta del secolo scorso… però così è davvero troppo.
Andiamo però con ordine e proviamo a capire nel dettaglio di cosa parla questo Diabolik – Ginko all’attacco! e perché – secondo chi scrive – questo film, come il precedente, appare vecchio, non vintage.
Partiamo dal cast, probabilmente la scelta più azzeccata dell’intera operazione: i Manetti sono riusciti a scegliere degli attori semplicemente perfetti per i ruoli che hanno poi ricoperto sul grande schermo. I fan hanno apprezzato e infatti sono stati tutti riconfermati anche per questo e per il prossimo film, che chiuderà la trilogia. L’unico a essere cambiato è proprio il protagonista: uscito di scena Luca Marinelli – interprete dalla straordinaria espressività che nel precedente film era stato decisamente penalizzato dallo stile di recitazione atono e straniante scelto dai registi – ecco arrivare a Clerville Giacomo Giannotti, attore di origini italiane noto soprattutto per la sua partecipazione a Grey’s Anatomy. La scelta appare senza dubbio migliore, se l’approccio al personaggio dev’essere questo: Gianniotti è glaciale, impassibile, perfettamente calato nella parte, anche più di Marinelli.
Miriam Leone torna nei panni dell’affascinante Eva Kant: il suo personaggio, che nel precedente film resta talmente coinvolta da Diabolik da mollare tutto e unirsi a lui nelle sue avventure, resta il vero cuore del progetto. La sua figura è l’unica che riesce in qualche modo a scalfire il glaciale Re del Terrore, anche se fino a un certo punto. Accanto a lei è tornato anche l’ottimo Valerio Mastandrea nei panni di Ginko, l’Ispettore di polizia – vero protagonista del film – ossessionato dalla cattura del feroce criminale. Ecco, questi due attori sembrano essere gli unici, in tutto il film, a tentare una recitazione più naturale rispetto a tutti gli alti: i loro personaggi appaiono più “veri”, in un contesto quasi macchiettistico e provocatorio in cui si muovono rigidamente tutti gli altri.
Sottolineamo soprattutto la grande prova di Mastandrea, che svetta nettamente sul resto del cast e appare scena dopo scena come una delle scelte più felici di questo film.
La sequenza iniziale mette subito in chiaro quale sarà il manifesto programmatico del film: proseguire la linea intrapresa con la precedente pellicola. Coerenza e fedeltà al fumetto innanzitutto, poi tutto il resto. Le regole d’ingaggio sono queste, prendere o lasciare.
Il Diabolik che vediamo sul grande schermo e tale e quale alla sua controparte cartacea: più che un adattamento si tratta di una vera e propria trasposizione: il personaggio che abbiamo davanti è un mostro, non è né un eroe, né un anti-eroe. Diabolik è un ladro e un assassino senza scrupoli e questa cosa viene rimarcata con forza dalla pellicola, così come traspare dalle pagine del fumetto.
È un personaggio affascinante, certo, ma di sicuro non è uno dei buoni. Questo Eva lo sa e nel tentativo di ammorbidirlo un po’, forse è lei stessa che sta diventando sempre più come il suo compagno.
New entry di questa seconda pellicola è la duchessa Altea, interpretata da un’eterea Monica Bellucci: l’attrice si cala perfettamente nelle atmosfere delineate dei Manetti Bros., e anche lei appare totalmente sopra le righe, distaccata, quasi macchiettistica.
La storia che ci viene raccontata è lineare, va da un punto A a un punto B senza particolari guizzi o colpi di scena, che quando tentano di essere inseriti sono volutamente telefonati. A volte più che un film degli anni 60 (e non SUGLI anni 60), sembra di guardare una fiction dell’epoca, se non addirittura un episodio di “Occhi del Cuore”.
Le cose che funzionano ci sono: il fatto che Diabolik sia una presenza quasi opprimente per tutto il film senza che compaia mai (o quasi), la sua spietatezza, accennata più in alto. La voglia di fare un film che racconti una storia ma non sia necessariamente un sequel del precedente, svincolandolo dunque da qualsiasi tipo di continuity interna. L’inseguimento iniziale, che tanto deve ai film di 007.
Però l’effetto generale è troppo straniante, la sceneggiatura troppo prevedibile e situazionista.
Non basta purtroppo l’atmosfera generale (questa sì, perfettamente centrata) a salvare un film che sembra carico di difetti, che vuole apparire semplice, ma che si complica inutilmente la vita da solo.
Questo sarebbe potuto essere un thriller meraviglioso, ricco di colpi di scena, inseguimenti e capovolgimenti di fronte… e invece non ti lascia niente, se non quella maledetta sensazione di essere stato fregato un’altra volta.
Ma chissà, forse il piano di Diabolik era proprio questo.
Diabolik – Ginko all’attacco!
Giacomo Gianniotti: Diabolik
Miriam Leone: Eva Kant
Valerio Mastandrea: Ispettore Ginko
Monica Bellucci: Altea di Vallemberg
Alessio Lapice: agente Roller
Linda Caridi: Elena Vanel
Pier Giorgio Bellocchio: agente Palmer
Ester Pantano
Andrea Roncato