Prosegue il viaggio nella zona demilitarizzata di Manhattan con Brian Wood e Riccardo Burchielli. Saremo ancora più immersi nelle dinamiche della guerriglia urbana e del terrorismo contemporaneo. Un secondo volume che esalta ed evolve ciò che ci è stato presentato “Sul campo”.
Ritorniamo nella DMZ per esplorare il secondo capitolo dell’opera distopica ma allo stesso tempo minacciosamente reale scritta da Brian Wood e disegnata dal nostro Riccardo Burchielli. Ritroviamo una New York in stallo, avvolta dai fumi di una guerra civile che la sta soffocando. La Zona Demilitarizzata (DMZ, appunto) vive sempre tra i due fuochi di un movimento secessionista noto come Stati Liberi d’America da una parte e dall’altra quelli del governo ufficiale degli Stati Uniti. Se vi siete persi la prima parte di questo viaggio su MegaNerd cliccate qui per recuperare l’introduzione all’opera e al primo volume pubblicato da Panini Comics.
Il corpo di un giornalista
La seconda raccolta di DMZ tiene alto il ritmo della narrazione senza penalizzare la caratterizzazione dei personaggi, che di tavola in tavola diventa sempre più forte e ben definita. Il primo volume è stato un ottimo allestimento del palcoscenico per il nostro giovane fotoreporter Matty Roth, ne Il corpo di un giornalista lo vediamo entrare ancora più a fondo nella realtà che costituisce il mondo isolato della DMZ. Questo volume è anche un arco narrativo più coerente e integrato rispetto al volume precedente, dove abbiamo un focus ben definito e incentrato sul rapimento di un giornalista. Non Matty ma qualcuno di cui abbiamo già fatto conoscenza.
Un volume 2 davvero molto ricco, con inclusa anche una sezione extra che descrive in dettaglio la storia di Zee, che gradirete moltissimo, un personaggio fondamentale e complesso che ben riempie lo spazio che fino ad ora le è stato dato nella storia.
Proseguono ancora i continui parallelismi con l’occupazione militare americana dell’Iraq e le vite dei giornalisti in quella zona di guerra, aspetto che assieme ai fatti dell’11 settembre abbiamo ben esplorato nel primo articolo dedicato a questa perla della Vertigo (oggi DC Black Label).
Alta tensione, alto livello
Brian Wood arriva in forma al via di questo secondo volume, caricandoci come non mai per l’attesa del terzo. L’opera è nettamente in crescendo, cosa che esalta la qualità della lettura sia per un lettore esperto, che per chi si affaccia per la prima volta ad un’opera così bella e complessa.
Non spinto da mero nazionalismo, affermo senza remore che Riccardo Burchielli penetra il nostro immaginario con delle suggestioni semplici, ma che raccontano momenti complessi. Quando un disegnatore sa fare bene questo passaggio ha già un piede nell’Olimpo degli artisti che non si discutono, ma si apprezzano e amano.
Parole e disegni materializzano quindi un mondo ricco di dettagli. Siamo quasi in grado di toccare quello che vediamo, di provare paura, di sentire l’esigenza di scappare. C’è attualità nella drammatica violenza che ci viene raccontata.
Si apprezza facilmente in questo secondo volume anche il modo in cui ci viene descritto il coinvolgimento del governo nella DMZ, sfiorando anche un’introduzione ai combattenti degli Stati Liberi che verrà descritta meglio nei prossimi volumi.
Amore per i dettagli
C’è spazio nelle ultime pagine per una sorta di “guida turistica” della DMZ. Molto interessanti gli approfondimenti dei quartieri, dei personaggi, dei locali, ma anche gallerie d’arte e riviste. Molto in stile Lonely Planet per intenderci.
Tutto è curato in ogni minimo dettaglio. Tutto ci fa sentire parte della DMZ. E con la stessa naturalezza e precisione con cui ci viene descritto l’ingresso di un proiettile nella calotta cranica, ci viene anche raccontato quanto si sia affievolito il confine del pudore in queste situazioni di stress così estremo. C’è violenza nello strappare un brandello di carne da una coscia di pollo, la stessa violenza con cui viene strappato a morsi un pezzo di labbro a Matty da una ragazza molto seducente. Coerenza primordiale. C’e spazio anche per il sesso, finora clandestino solo nel luogo e nel tempo ma non nelle relazioni.