Abbiamo visto in anteprima “Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri“, film basato sul franchise fantasy più famoso al mondo. Questa è la nostra recensione., ovviamente senza spoiler
Vi confesso che quando il direttore mi ha comunicato di avermi accreditato all’anteprima stampa di “Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri” ho da subito percepito una certa ansia. Il franchise “Dungeons & Dragons” è materia che va maneggiata con i guanti bianchi. Scrivere di un adattamento cinematografico basato sulla mitologia del gioco di ruolo più famoso al mondo richiede cura, rispetto e anche una certa competenza. Provo, pertanto, a portare a compimento questo gravoso compito cercando di comprendere come il brand “Dungeons & Dragons” ha conquistato il mondo.
Il mito di “Dungeons & Dragons” nasce negli anni 70 dentro una cantina del Wisconsin, in un’epoca dove i garage risultavano più efficaci come fucine di idee anziché come magazzini per tenere le vetture e le passate di pomodoro. Se vogliamo dirla tutta è anche una storia dolorosa. Nel 1970 Gary Gygax, un testimone di Geova di Lake Geneva, perse il lavoro come assicuratore e prese conforto nel giocare a giochi di guerra con gli amici nello scantinato di famiglia. Gygax realizzò campi di battaglia da tavolo usando goniometri e righelli. Prese dei giocattoli e li rappresentò come battaglioni di fanteria, creando con la forza della sua immaginazione delle vere e proprie postazioni di artiglieria. Con il passare del tempo l’hobby di Gary Gygax si sviluppò in un contesto medievale attingendo pesantemente agli elementi caratteristici della Terra di Mezzo di J. R. R. Tolkien. L’appropriazione di termini quali “drago”, “elfo”, “hobbit” e “orco” ha spinto la proprietà intellettuale della mitologia creata dallo scrittore britannico ha sporgere causa a seguito della quale solo alcuni termini furono cambiati mentre altri furono ritenuti di uso comune e, quindi, non considerabili come violazione del copyright.
Oggi “Dungeons & Dragons” è il gioco di ruolo di maggior successo e popolare al mondo. È anche un’industria che vale decine di miliardi di dollari. Un ecosistema costituito da libri, film, videogiochi, programmi tv e youtube. Addirittura è prevista l’inaugurazione di un parco a tema nel marzo 2024 in Lake Geneva, la terra in cui Dungeons & Dragons ha piantato le sue prime radici. La sua fan base comprende artisti del calibro di Stephen King e Steven Spielberg il cui pensiero e il modo di fare narrazione ne è stato influenzato. Negli ultimi anni il brand ha acquisito nuovo vigore grazie anche a produzioni quali “Stranger Things” e al generale sentimento nostalgico che ci sta facendo tornare ai meravigliosi anni 80. Che poi tanto “meravigliosi” per alcuni aspetti non lo sono nemmeno stati. In quegli anni il brand ha rischiato di incappare in una morte prematura. Negli Stati Uniti, sedicenti guardiani della moralità pubblica hanno provato ad attribuire al gioco e alla capacità che gli fu attribuita di indurre confusione nella distinzione tra fantasia e realtà, la causa della scomparsa di diversi giovani. Una vicenda drammatica nota come “Satanic Panic” che ha gettato nel panico milioni di genitori americani e che meriterebbe una trattazione a parte.
Per fortuna oggi questi maldestri e pericolosi luoghi comuni sono superati. Viviamo in una vera e propria Golden Age del genere fantasy. Nelle librerie proliferano interi reparti dedicati ad opere di genere. In TV e al cinema gli spettacoli fantasy sono tra i più acclamati. Oltre a “Dungeons & Dragons“, la spinta è arrivata ad opere seminali di altissima qualità quali “Il Trono di Spade” e “Il Signore degli Anelli“.
Pensate all’ansia che hanno dovuto provare Jonathan Goldstein e John Francis Daley, sceneggiatori e registi di “Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri”, quando si sono seduti attorno ad un tavolo per concepire il reboot cinematografico di una trilogia cinematografica basata sulla mitologia di Dungeons & Dragons che ha visto luce tra il 2000 e il 2012. “Dungeons & Dragons” (2000), “Dungeons & Dragons: L’ira del Dio Drago” (2005) e “Dungeons & Dragons: The book of Vile Darkness” (2012, pellicola che non ha provato nemmeno la soddisfazione di essere proiettata in una sala cinematografica perché rilasciata direttamente su DVD) sono stati un fiasco al botteghino e di critica, tanto da far credere a molti dell’oggettiva difficoltà di portare sul grande schermo una mitologia così complessa.
Goldstein e Daley raccolgono questa sgradevole eredità dopo aver lavorato assieme come co-sceneggiatori in numerose situation comedy quali “Come ammazzare il capo” (2011) e “Come ti rovino le vacanze” (2015). Noi che siamo nerd non possiamo non menzionare il loro contributo alla sceneggiatura di “Spiderman: Homecoming” (2017) e al soggetto del prossimo “The Flash“. I toni leggeri da commedia americana sono presenti nel dna di Goldstein e Daley. I due autori hanno portato questa loro peculiarità in “Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri”. Il risultato è una pellicola alleggerita dai toni cupi e oscuri che hanno caratterizzato le opere seminali del genere e che le hanno rese ostiche verso un pubblico non maturo. Il risultato del lavoro di Goldstein e Daley dimostra come il fantasy possa abbracciare il divertimento, le situazioni assurde e il caos, catturando l’essenza del gioco di ruolo: la componente ludica. “Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri” riesce, di fatto, in quello che i suoi predecessori non sono riusciti: trasporre sul grande schermo gli elementi caratteristici di una sessione di gioco di ruolo ambientata nel mondo di Dungeons & Dragons.
Per prima cosa abbiamo un party. Per usare le parole di Jeremy Crawford, game designer di diversi giochi di ruolo, il party rappresenta “un gruppo di personaggi con un passato molto diverso che si uniscono per creare una famiglia intenzionale e superare le avversità. Un gruppo di persone che sono più forti proprio a causa delle loro differenze gli uni dagli altri“.
in “Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri”, Chris Pine, vero e proprio mattatore della pellicola che conferma le proprie spiccate doti comiche, interpreta Elgin, un ladro che riesce in maniera rocambolesca a fuggire dalla prigione in cui era detenuto. Michelle Rodriguez è Holga, un barbaro che si distingue per il coraggio e la grande forza ma dal passato complicato. Justice Smith è Simon, un mago insicuro e pasticcione le cui magie torneranno molto utili a tutto il gruppo. Sophie Lillis, la Beverly Marsh di “IT” (2017) e “IT: Capitolo 2” (2019) , è un druido capace di mutare in un animale selvatico. Al di là delle indubbie capacità attoriali della Lillis, ho fatto fatica a non perdermi nei suoi occhi affascinanti quanto le lande sterminate dei Reami Perduti. Infine abbiamo Regé-Jean Page che interpreta Xenk, un paladino senza macchia e senza paura dedito al sacrificio. Insieme questi personaggi rappresentano il party peggio assortito che si possa concepire e somiglia tremendamente al gruppo di amici che si ritrova in tarda serata attorno a un tavolo, dado alla mano e scheda personaggio sotto gli occhi. Una di quelle serata dove non mancano la birra e i momenti goliardici.
Abbiamo ovviamente una storia. Il party così composto dovrà affrontare una campagna finalizzata al recupero di un prezioso artefatto magico in possesso di Forge, un uomo malvagio che si è impossessato impropriamente della paternità di Kira , la figlia biologica di Elgin. La missione servirà anche a strappare la ragazza dalle grinfie di Forge, quest’ultimo interpretato in maniera un pelino macchiettistica dall’eclettico Hugh Grant. Per arrivare a compimento della missione il gruppo dovrà appianare le proprie divergenze e affrontare le situazioni più disparate e assurde. Ci saranno perdite e inaspettati ritorni, tutto nel perfetto spirito di una tipica quest di un gioco di ruolo.
Ed infine abbiamo il mondo e la mitologia di Dungeons & Dragons in tutta la sua bellezza. Il campionario è vasto: creature improbabili, draghi sputa fuoco, un torneo senza esclusione di colpi e, addirittura, un labirinto. Tutta la mitologia di Dungeons & Dragons viene messa a disposizione e gli appassionati non faranno fatica a riconoscere le numerose citazioni, più o meno esplicite, sparse nelle due ore del film. Tuttavia Goldstein e Daley sono stati bravissimi a rendere la pellicola fruibile e comprensibile anche a chi non ha mai tirato un dado poliedrico in vita sua.
“Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri” non è una pellicola esente da difetti. Oltre alla già citata figura del villain che ci è sembrata la parodia di quello che dovrebbe essere un cattivo in quanto tale, riscontriamo alcune semplificazioni nella scrittura che le rendono la sceneggiatura ballerina. Ma sono difetti veniali se consideriamo che il tutto viene sacrificato sull’altare dell’intrattenimento.
“Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri” è un film che non si prende eccessivamente sul serio. È una pellicola divertentissima, dove le parti comiche sono ben bilanciate con i momenti epici. Jonathan Goldstein e John Francis Daley hanno partorito un lungometraggio che non si pone l’obbiettivo di dare nuova linfa al genere fantasy (cosa di cui oggettivamente non ha bisogno) ma ha il grande pregio di mostrarci il genere sotto una luce differente, rendendolo fruibile anche alle famiglie e a un pubblico di non appassionati. L’amore per il gioco di ruolo che gli autori vi hanno messo sopra si percepisce forte ad ogni fotogramma della pellicola. Se volessimo parafrasare un celebre spot pubblicitario potremmo dire che “L’amore per il fantasy da solo buoni frutti“.
“Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri” è in sala a partire dal 29 marzo.
Dungeons & Dragons: L'Onore dei Ladri
Chris Pine: Elgin
Michelle Rodriguez: Holga
Regé-Jean Page: Xenk
Justice Smith: Simon
Sophia Lillis: Doric
Hugh Grant: Forge Fletcher
Chloe Coleman
Jason Wong: Dralas
Daisy Head: Mago Rosso di Thay