Dylan Dog n.452 – Pioggia di Sangue

L’urlo del campanello squarcia la notte a Craven Road 7. Alla porta si presenta un anziano scorbutico, che dice di chiamarsi Herman e ha tutta l’aria di avere bisogno di aiuto. Herman non ha nessuno che si possa occupare di lui… a parte Dylan Dog, ovviamente

copertina recensione dyd 453

 

La promessa di Barbara Baraldi, neo curatrice di Dylan Dog, era quella di riportare la testata ad un livello primordiale, rispolverando i fasti di un horror a volte sociale. Pioggia di sangue, presente nel numero 453 del mensile targato Sergio Bonelli Editore,  spinge l’acceleratore esattamente in questa direzione. 

Vi ho già parlato del bel (dylaniato) lavoro che Barbara Baraldi sta facendo su Dylan Dog (qui) . Ma in questo caso, non bastano le lodi.  

Dylan Dog – Pioggia di Sangue

Il Dylan di questo episodio sembra quasi ammorbidito, celato in un contesto simil domestico che non sembra lasciare spazio ad orrori sovrannaturali. Ma è proprio tra gli anfratti di una trama apparentemente lineare che emerge il sottotesto opprimente dell’orrore più terreno.  

Da sempre l’Indagatore dell’Incubo si è occupato di quello che succede dopo la morte (o la non-morte, se vogliamo parlare dei tanto temuti-amati zombi!). Che si tratti di creature infernali o esseri dalle fattezze angeliche, l’inquilino di Craven Road numero 7 è sempre stato sul posto ad indagare, perdendosi negli anfratti di un orrore urbano.

Dylan Dog


Pioggia di Sangue
si muove su lunghezze d’onda più sensibili. Che cos’è la vita quando smette di essere vita? Quando è costellata di appuntamenti col medico e scandita da una serie infinita di pillole? Che cos’è la vita quando chi vede un parente appassirsi e ridursi gradualmente all’ombra di se stesso, deve nutrire una tempesta di sentimenti, che passano dalla tristezza al risentimento, dalla rabbia a quella temibile (e terribile) sensazione di impotenza che, una volta o l’altra, toccherà a tutti di affrontare.
 

In una società che scommette tutto su una potenziale immortalità, affastellata da chirurgia plastica fino al rifiuto dell’idea di non poter essere eternamente giovani, Barbara Baraldi ci racconta il dramma della vecchiaia.  

Lo fa con sensibilità e crudezza. Cela il meccanismo dietro un tema horror quasi vampirico. Herman è un vecchio che si presenta a casa degli sconosciuti e dice di essere il loro nonno. Vecchio e malato, e quasi senza rendersene conto, i malcapitati rinunciano a tutta la loro esistenza pur di accudirlo. Fino a sprofondare in un baratro di sacrifici e depressioni.

E finalmente, ritirati dalla vita, pronti a morire.  

Herman è la metafora perfetta per chi nutre l’illusione dell’eternamente giovane. Il terrore, ma più che altro l’ansia, che si dipinge sul volto di Dylan, è la stessa ansia di chi deve rispettare orari di pillole e prestare attenzione a qualsiasi piccola mutazione climatica.  

Dylan Dog

Perché quando si vive con una persona anziana e moribonda, anche il battito d’ali di una mosca può essere letale. E chi si sacrifica, perché alla fine di sacrificio si tratta, tenta qualsiasi cosa pur di prolungare, anche di poche ore la permanenza del caro anziano su questo piano della realtà. 

C’è una canzone degli Zen Circus, intitolata Catene, che affronta lo stesso tema. Si raggiunge un punto in cui ci si prosciuga lentamente, annegati nella frustrazione e nell’odore di medicina, senza saper fare altro se non dover affrontare questa cosa.  

In tempi diversi, la cura degli anziani era affidata ad una famiglia intera. La famiglia era una comunità. Nessuno restava escluso, tutto faceva parte del ciclo naturale delle cose. Ma le famiglie non esistono più. Si vive da soli, si insegue la necessità di farcela vivendo in un monolocale senza avere il tempo di smettere di essere ragazzi. E quanto la carta di identità non può più nascondere la verità, si rischia il tracollo.  

Corrado Roi illustra questa storia, giocando tutto su un connubio di luci e ombre. Le stanze, soprattutto quelle dell’appartamento di di Craven Road, vengono riprodotte in una penombra silenziosa. Fossimo proiettati là dentro, sentiremmo solo un gocciolio dal rubinetto in cucina a scandire imperterrito il tempo. 

Dylan Dog

Il suo design per me è tra quelli più classici di Dylan, ma anche di Groucho e Bloch, anche delle sempre bellissime donne che popolano le sue storie.  la gestione degli spazi, asimmetrici, asettici, genera un’ansia quasi claustrofobica. Roi riesce a far sentire vivida l’ansia che soffoca Dylan.  

Verrebbe voglia di urlare, di chiedere di smettere di torturarlo. Ma mentre guardiamo Dylan, sappiamo che è una proiezione di una paura molto reale. Qualcosa da cui non si può veramente sfuggire.  

Applausi a scena aperta.  

Dylan Dog n.452 - Pioggia di Sangue

Dylan Dog n.452 - Pioggia di Sangue

Autori: Barbara Baraldi, Corrado Roi
Copertina: Raul e Gianluca Cestaro
Formato: 16x21; brossurato; 96 pagine in bianco e nero
Dove trovarlo: Edicola, fumetteria, store online
Editore: Sergio Bonelli Editore
Prezzo: € 4,90
Voto:

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