Diamo il benvenuto, nel mercato editoriale italiano, alla nuovissima Toshokan, “la casa editrice che MANGAva”. Per festeggiare, ecco a voi la recensione di una delle nuovissime opere presenti nel loro catalogo: Estate Infinita, di Lâm Hoàng Trúc
Estate Infinita è una graphic novel scritta e disegnata dall’artista vietnamita Lâm Hoàng Trúc. Le sue storie sono sempre ricche di emozioni, con particolare attenzione nel disegno di sfondi e scenari naturali, probabilmente per la sua vasta esperienza nel campo dell’animazione. L’opera si presenta come un volume unico incentrato sulla famiglia, sui rapporti all’interno di questa e sull’adolescenza, vista e rappresenta come età di transazione ricca di problematiche ed intoppi. Dobbiamo ringraziare la nuovissima casa editrice Toshokan per la sua pubblicazione in Italia, che debutta proprio questo mese in libreria e fumetteria. Di seguito la recensione, arricchita da non poche riflessioni psicologiche, vista la portata di tali argomentazioni.
La trama
Quanto spesso vi capita di guardare alla vostra vita e pensare: sto davvero vivendo per me stesso? Oppure sto vivendo per accontentare qualcun altro? Ma in questo secondo caso, la nostra potrebbe definirsi veramente vita? Siamo vivi o stiamo semplicemente respirando? Intorno a tematiche adolescianziali, forti e sentite, ruota l’opera di Lam Estate Infinita.
La storia è ambientata in Vietnam e vede come protagonisti due giovani, un ragazzo e una ragazza, che condividono il medesimo nome: Phuong. Tuttavia, questa non è l’unica cosa che hanno in comune. Entrambi frequentano l’ultimo anno delle scuole medie ed entrambi sono sottoposti alle pressioni della scuola e degli esami, così come delle aspettative dei genitori, eccessivamente pressanti.
Aspettative genitoriali e sviluppo del falso Sé
Una macrotematica con cui si apre la narrazione, che è anche poi il filo logico su cui si mantiene tutta la trama, è concernente il mondo scolastico. Quanti di voi, almeno una volta nella vita, hanno pensato che la scuola fosse inutile? Che studiare fosse un’aberrante tortura cinese? Sono sicura che molti di voi l’avranno fatto almeno una volta nella vita. Ecco, come giusto che sia, studiare non è qualcosa che si può fare solo ed esclusivamente perché ce lo dicono gli altri, come qualsiasi altra cosa, d’altronde.
Ma cosa succede quando, a questa sensazione di oppressione genitoriale, si aggiungono delle aspettative eccessive? Qualche anno fa, probabilmente durante il mio primissimo anno di università triennale in Psicologia, seguì una lezione un po’ particolare: l’argomento era prettamente psicoanalatico e ruotava intorno al costrutto di cosiddetto “Falso Sé”.
In Psicologia il Falso Sé si definisce come quella parte del Sé che riflette l’adattamento compiacente alle richieste dell’ambiente, in contrapposizione al vero Sé, la sede più intima e autentica degli affetti e dei bisogni. I bambini sono spesso vittime delle aspettative genitoriali e diventano il prolungamento degli adulti di riferimento. Una proiezione di questi a cui viene chiesto di realizzare tutto ciò che, in passato, non sono riusciti a realizzare, non sono riusciti a raggiungere. Il processo però prende avvio addirittura prima della nascita del bambino. Già dal concepimento, infatti, si sedimentano sui figli quelle che sono le speranze e i sogni dei genitori.
Ma i figli possono davvero adattarsi perfettamente a questi? Talvolta, a favore di richieste eccessivamente alte, i figli non sono in grado di farvi fronte. Un brutto voto o un più vago fallimento possono portare il bambino a sperimentare angoscia e le più svariate forme di depressione. Inoltre, non essendo riusciti a stare dietro all’ideale imposto dai genitori, questi possono arrivare anche a perdere la fiducia in sé stessi. Per non parlare poi dei sensi di colpa. Insomma, va detto. Il figlio ideale non esiste. Un figlio non può essere perfettamente costruito a immagine e somiglianza del genitore perché, se così fosse, non sarebbe più sé stesso, ma qualcun’altro.
Un genitore dovrebbe favorire lo sviluppo di un vero sé che, nei termini di Winnicott, implica che l’individuo possiede un nucleo reale ed autentico. Diversamente, un falso Sé, creato sulla base delle richieste esterne e strutturatosi per farvi fronte, nasconde la sua vera natura e diviene un modo per assecondare le richieste genitoriali (o più spesso materne). Ed è nel falso Sé del bambino che i genitori trovano la conferma che cercavano, un sostituto alla sicurezza che a loro mancava.
La madre di Phuong rappresenta l’incarnazione di questa tematica. Guarda alla figlia come ad un prolungamento di sé stessa, riflettendo più e più volte su come sarebbe la sua vita se la figlia terminasse gli studi nel migliore dei modi ed imponendo a questa il proprio sogno. Un sogno avvertito come irraggiungibile da Phuong perchè non proprio. Ma la madre sbaglia. Insomma, il genitore dovrebbe essere una persona che ti sprona e incoraggia ma che non incombe. Qualcuno che agevola e aiuta e non che frena. Che ti ama per ciò che sei, come qualcosa di separato da sé ma che comunque ha il suo valore e la sua importanza.
“Solo quando prendi da sola le tue decisioni puoi essere te stessa. Che cosa vuoi veramente?”
Il divorzio mal gestito: la compromissione dei rapporti intrafamiliari
Altra tematica prettamente familiare affrontata nell’opera Estate Infinita è quella del divorzio e dei rapporti intrafamiliari a questo conseguenti. In particolar modo la questione riguarda la vita della ragazzina protagonista. I suoi genitori si sono separati da un po’ di tempo e ormai vivono in due case diverse. Inizialmente ci pare di capire che la piccola non avesse mai modo di vedere il padre. Questo perché la madre impediva qualsiasi forma di incontro tra i due. Perché? Perché questi se ne era andato di casa dopo aver tradito la moglie ed essere stato scoperto grazie ad un’indagine da questa svolta.
Nella graphic novel vediamo che, per la madre, ogni occasione è buona per parlare male dell’ex marito alle proprie figlie. Inoltre, in un secondo momento, quando abbiamo finalmente la possibilità di conoscere il padre di queste, notiamo subito che anche lui non perde tempo nel criticare alcuni comportamenti della ex moglie.
Spesso si è tendenti a credere che due genitori dovrebbero rimanere insieme, anche se infelici e non più innamorati l’uno dell’altro, solo ed esclusivamente per i figli. Ma è davvero così giusto? È vero che il divorzio fa soffrire i figli?
Come vi ho fatto presente sopra, il discorso è veramente ampio, però una cosa va detta. Alcuni di voi potranno storcere il naso ma no, due genitori non dovrebbero restare insieme solo per “amore dei figli”. I figli sono pezzi irrimediabilmente importanti per la vita di questi. Tuttavia, così come un figlio non dovrebbe annullarsi a favore delle pretese di un genitore, così un genitore dovrebbe essere libero di essere ciò che più vuole, così come di stare o meno con qualcuno.
Ma allora i figli che affrontano questo genere di situazioni sono inevitabilmente destinati a soffrire? Purtroppo, il divorzio è una condizione che di per sé genera un separazione: ciò che avevamo ci viene tolto. Il calore familiare, le serate a guardare film con i propri genitori, i pranzi domenicali da passare tutti insieme a tavola. Tutte queste belle cose ci vengono tolte. Irremidiabilmente finiamo per dividerci in due per poter stare con un genitore alla volta. Finiamo per dividere il nostro amore. Tuttavia, non è così difficile guarire dalla tristezza che inizialmente ci attanaglia. Pian piano ci si abitua, si crea una nuova routine e si inizia a gestire meglio la sofferenza che, purtroppo, difficilmente scompare del tutto.
Diverso è però se, in caso di divorzio, i genitori non sanno gestire le proprie emozioni e, con queste, i propri atteggiamenti. Genitori che non fanno che gettarsi fango reciprocamente, dicendone di tutti i colori; che litigano pesantemente e anche volgarmente davanti ai propri figli, che sbraitano e rinfacciano. O ancora, genitori che minacciano di sparire se non ci si decide a fare una scelta. Quei genitori che non hanno la maturità di fare una scelta anche nel rispetto del dolore dei figli, quelli sì che sbagliano.
Il divorzio, dunque, non è sbagliato. Ad essere sbagliate, sono piuttosto le modalità disfunzionali adottate dai genitori per confrontarsi con questo. Estate Infinita ci mostra questa realtà di incapacità. La madre, così come il padre, di Phuong non sono assolutamente esenti da queste problematicità. Anzi, oserei dire che ce le illustrano alla perfezione. Probabilmente Phuong sarebbe stata più felice se avesse potuto godere dell’affetto di entrambi i genitori, senza la necessità di dover fare per forza una scelta.
Nessun figlio dovrebbe essere obbligato a scegliere tra un genitore ed un altro. Dovrebbe, anzi, essere libero di amarli entrambi, indipendentemente che siano bravi partner o meno l’uno per l’altro. Tutto ciò perché un genitore può e deve essere giudicato come genitore e mai come marito o moglie. Quest’ultimo non è assolutamente un compito che ci riguarda.
Il suicidio come via di fuga
Non è mai solo uno il problema. Le persone che soffrono non sono mai sofferenti per un’unica ragione. Più spesso, invece, capita che le piccole ma grandi sofferenze che sopportiamo quotidianamente si intreccino, fino ad essere percepite come un groviglio incasinato, portando a sentirci come in un labirinto senza via di fuga. All’inizio cerchiamo di scappare, sperando di trovare una strada che possa portarci alla risoluzione dell’enigma ma non sempre la troviamo. Non sempre chi sta esperendo una sofferenza, riesce ad uscirne. Questo perché sembra che tutti i problemi che si abbiano siano insormontabili. E quando si è giovani, proprio perché non si ha ancora una propria autonomia, non solo economica ma soprattutto emotiva, il tutto sembra essere addirittura amplificato.
Dinanzi alla disperazione, alla paura, come reazione alla stanchezza e tristezza che ci attanaglia, non è raro, soprattutto al giorno d’oggi, che si faccia una scelta drastica e drammatica. Una scelta da cui non si può tornare indietro, ossia quella del suicidio. Con ciò si intende l’atto con cui ci si toglie la vita e ci si procura la morte. Tematica alquanto forte su cui però viene ad evolversi la trama di Estate Infinita.
Phuong e Phuong avvertono la pesantezza della vita, l’impossibilità di uscirne, la paura delle conseguenze delle proprie azioni e portano sulle loro spalle un peso che non dovrebbero portare. Di fronte alle molteplici situazioni che questi vivono, così come dei problemi che essi affrontano, percepiti come degli enormi massi, è davvero possibile non pensare al peggio? Chi siamo noi per giudicare chi prende una decisione di tale portata? Conosciamo forse la loro sofferenza? Lungo la narrazione, Phuong pronuncia delle parole forti che difficilmente potrebbero non scuotere qualcuno:
“Se qualcuno non vuole più vivere, va bene. Se hai il diritto di vivere, hai anche il diritto di morire. Non possiamo conoscere le sofferenze degli altri.”
“La mamma dice che le persone che si suicidano pensano di essere le uniche a soffrire a questo mondo.”
“Se le altre persone cercassero di comprenderci, se si mettessero nei nostri panni, anche solo per un attimo. Se vivessero la nostra solitudine, la nostra tristezza, la nostra mancanza di speranza. Nessuno divide con noi le sofferenze, eppure non vogliono lasciarci andare. E’ la nostra vita, perchè non lasciano che siamo noi a decidere?”
Più avanti, verso la fine del volume, invece, vi è la scena più forte dell’opera, quella più difficile da affrontare che difficilmente riuscirà a non farvi versare un mare di lacrime, quella della scelta di Phuong. Vedere la speranza sparire negli occhi di un bambino, o più semplicemente di una persona, strugge il cuore ma fa anche riflettere. E’ davvero giusto portare un tale fardello e sentirsi di non stare davvero vivendo la propria vita? E provare un tale dolore? La vita non dovrebbe essere ricca di spensieratezza a questa età?
“E’ così bello qui. Posso scordarmi di ogni cosa. Noi non siamo nati per soffrire, vero? Se ora torniamo indietro, con cos’altro dovremmo confrontarci? (…) Guarda dall’altra parte. Non c’è nessuna aspettativa, nessuna responsabilità. Sicuramente sarei in pace.”
“Non sei felice quando stai con me?”
“Sai che cosa mi rende felice? Non dover pensare al domani. Alla prossima settimana, al prossimo anno, ai prossimi dieci, venti anni. Non dovermi preoccupare del futuro. Non dover pensare alla fine. Non esiste nulla che possa essere paragonato a questo posto, a questo momento.”
Nonostante la tematica sia forte e la sofferenza possa sembrare insormontabile però, se state leggendo questo mio commento, sappiate che a tutto c’è una soluzione. Gli stessi protagonisti ne hanno trovata una e sono riusciti, nonostante la loro situazione fosse disperata, ad uscirne. Ogni cosa che viviamo nella vita è solo nostra. Solo noi sappiamo come ci sentiamo e solo noi possiamo capirla. Nessuno dovrebbe assolutamente giudicarci. Ricordate però che la speranza non può morire.
La vita è stupenda e se state affrontando un periodo buio, per quanto lungo possa sembrare, ne uscirete, sempre. Non esiste problema a cui non ci sia soluzione e non esiste vita che non valga la pena di essere vissuta. Proprio per questo motivo, spezzo una lancia a favore di quest’opera che, più che tutto il resto, mi è sembrato un viaggio alla ricerca della speranza. La speranza che poi ci ha portato ad un finale felice.
Se hai pensieri del genere, chiama il numero verde 06 77208977
Conclusioni.
Estate Infinita è stata una lettura forte, che affronta tematiche dure in maniera delicata ma neanche troppo. L’autrice riesce a spiattellarci in faccia una realtà che spesso tendiamo ad omettere. Una realtà triste con cui i giovani, così come un po’ tutti, sono costretti a convivere. Ci parla dei fardelli che sulle menti fragili dei bambini pesano come insormontabili macigni e ci illustra perfettamente come questi possono arrivare ad essere percepiti quando si intrecciano in maniera indissolubile. Ci parla di due vite al limite costrette ad essere ciò che non vorrebbero essere. Oggetto d’interesse principale è, dunque, la vita stessa.
Tuttavia, nonostante la drammaticità dietro determinate argomentazioni, vi consiglio di leggere quest’opera. Se state soffrendo o avete sofferto, la farete vostra perché riuscirete ad immergervi completamente nella narrazione. Se avete brutti pensieri la prenderete come spunto per non mollare, perchè si, Estate Infinita è proprio questo che vuole dirci. Non bisogna mai arrendersi, non bisogna mai mollare. Non importa quanto ci vorrà, troveremo la nostra felicità ed è per quella che vale la pena vivere.
Ringraziamo la Toshokan per aver portato in Italia un’opera di tale portata che altrimenti non avremmo scoperto, un vero e proprio viaggio alla ricerca della speranza.
Vi ringrazio per aver letto fin a questo punto e vi ricordo che potete sfogliare le prime pagine di Estate Infinita qui. Ci vediamo alla prossima recensione!