Sergio Bonelli Editore torna al Lucca Comics & Games 2022 con l’anteprima del primo volume di Eternity, di Alessandro Bilotta e Sergio Gerasi. Ecco le nostre prime impressioni, ovviamente senza spoiler
Dopo due anni di assenza, Sergio Bonelli editore ritorna al Lucca Comics & Games 2022 con il tradizionale stand di piazza Antelminelli, e lo fa col botto. Tra i nuovi fumetti presentati in anteprima, infatti, c’è il primo volume di Eternity – La morte è un dandy, attesissima serie scritta da Alessandro Bilotta e disegnato da Sergio Gerasi, che arriverà in fumetterie ed edicole nel mese di novembre.
SINOSSI
Una Roma immersa nella nostalgia fa da sfondo a uomini e donne che cercano l’immortalità, in questa vita o nell’altra. Il cinema, l’arte, la televisione, la politica sono mondi che compongono una Babele all’interno della Città che prometteva di essere Eterna.
La ricerca di un senso a questa esistenza è ciò che muove un giornalista dell’Infinito, il celebre settimanale di gossip. Si firma Sant’Alceste, ma il suo nome è Alceste Santacroce e sa aprirsi strade per camminare attraverso l’indescrivibile. Quando conosce Lucrezia, una delle tante anime in pena di un Paradiso di plastica, deve dividersi fra la tentazione di fare il proprio mestiere e quella di amare. Ma non potrà evitare di essere la guida involontaria di un luogo da cui non è facile uscire vivi…
Roma, attuale, immortale e immutabile nella sua corruzione fa da co-protagonista – più che da sfondo – a storie di cinismo e disillusione, in cui i personaggi provano senza convinzione ad andare avanti, inconsapevoli dei cavi che li trattengono sempre nel medesimo punto. La storia si apre con una festa in maschera in cui Eyes Wide Shut incontra La Grande Bellezza, sotto una coltre di polvere bianca che ricopre candidamente anime annerite dall’immobilismo e dal vizio. Alceste, forse stanco di tutto questo, forse semplicemente annoiato, si anestetizza con una botta che quasi lo uccide, ma: è davvero possibile uccidere qualcuno che è già morto?
In un futuro già passato eppure ancora da venire – un futuro futuribile, per usare un gioco di parole – Alceste Santacroce è un dandy fuori tempo che non vive ma esiste soltanto, si lascia scorrere. Ha accanto una compagna che non ama e da cui non è amato – che a dirla tutta, ha lo spessore emotivo di una puntina da disegno -, che non si scomoda neppure a trattenere quando andrà via; fuma troppo e non si interessa a nulla se non ai suoi amati fumetti, il tentativo di tenere viva la connessione con un mondo di carta che ormai è finito in cenere. Spietato e tagliente, nel lavoro come nella vita, Alceste sfiletta con maestria le persone e le loro convinzioni, arrivando a mostrarne la cruda essenza di maschere che non hanno nulla a sorreggerle.
L’opera divide idealmente l’umanità in due categorie e sembra voler dire che si può essere un Alceste, figlio amareggiato di un’epoca che ormai vive solo grazie all’attaccamento morboso di quanti temono il nuovo, carnefice velato di sé stesso e del prossimo; o si può essere una Lucrezia, anima candida che del carnefice indossa soltanto l’abito, ma è in realtà da sempre vittima, carne da macello di cui il sistema ha bisogno per rigenerarsi e continuare a esistere. E Lucrezia lascia fare, forse convinta di non meritare nulla di meglio o troppo desensibilizzata per proteggersi. Lo ha dovuto fare da sempre, sin da quando l’Eternity del titolo, una vecchia discoteca abbandonata, era in voga. Ora, del locale non resta più nulla: anche quello è stato consumato, spolpato, esaurito fino al midollo, e poi lasciato a morire lentamente, maceria dopo maceria.
Il lavoro di Bilotta e Gerasi, inchiostrato da Adele Matera, arriva come una gomitata ben assestata nello stomaco, poco sotto lo sterno, nel punto preciso in cui il fiato si spezza. Dice tanto anche tacendo, e riesce a suscitare rabbia e delusione nell’animo degli idealisti: non tanto per lo sviluppo della storia in sé, quanto per la sua bruciante – e apparentemente inevitabile – veridicità. Una storia plausibile, in un futuro plausibile, e molto più vicino di quanto si pensi, e che non sembra lasciare scampo. Tutti si sono rassegnati: qualcuno si rifugia nel passato, altri corrono tra le braccia del futuro, ma nessuna strada servirà a salvarsi. La moda anni ’60, i libri e le riviste di carta, le tv in bianco e nero, le sigarette di una volta non serviranno a ripulire le nostre coscienze da ciò che siamo diventati, né serviranno gli schermi ultratrasparenti di ultima generazione. E quando tutto fallisce, e né il passato né il futuro riescono a dare sollievo, quale via d’uscita resta, se non accettare di buon grado la condanna della nostra condizione?
Per parafrasare un film di qualche anno fa, noi siamo Eternity: siamo macerie di ciò che siamo stati, brandelli di qualcosa che, in un tempo lontano, è stato bello e desiderato, prima che l’attenzione finisse rapidamente sul prossimo oggetto del desiderio. Non siamo più neanche l’oggetto del desiderio di noi stessi: scegliamo modi per andarcene anziché ragioni per restare.
Una serie che nasce su questi presupposti ha tutte le carte in regole per continuare nel migliore dei modi: cos’altro avrà da raccontarci? Ci sarà redenzione per Alceste? E, con lui, ci sarà redenzione per noi?