Acclamata anche da Hajime Isayama, autore de L’attacco dei giganti, la serie di Ayaka Katayama arriva in fumetteria grazie a Star Comics, che la presenta come nuovo titolo della collana Techno: Fungus and Iron porta i lettori in un mondo distopico dominato dai funghi
“La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.” – Così declamava George Orwell in Nineteen Eighty-Four, uno dei migliori romanzi che siano mai stati scritti nel ventesimo secolo (Le Monde). Sua opera più conosciuta, 1984 si inserisce in vetta ad un genere letterario che ha preso sempre più piede negli ultimi anni, fino ad arrivare ad essere uno dei più ricercati e apprezzati anche in ambito televisivo e cinematografico: il distopico. Ma cosa si intende quando si parla di distopia? In netta contrapposizione con il termine utopia, essa è la rappresentazione di una realtà futura e immaginaria in cui la vita degli esseri umani assume caratteristiche indesiderabili, spaventose e opprimenti. Basata su tendenze del presente avvertite come fortemente negative, in un mondo distopico la società si ritrova nei più diversi modi a essere preda di espressioni politiche e sociali tiranniche, autoritarie e vessatorie nell’imporre un pensiero che deve essere univoco, senza eccezioni: un unico modo di vivere, agire e rispondere alle necessità volute e create da chi il potere lo detiene nella sua interezza.
Non raramente anche la tecnologia, seppur sempre contestualizzata all’epoca in cui l’opera viene dapprima scritta e poi ambientata, riveste un ruolo centrale o quanto meno importante per la narrazione e viene posta spesso a monito di tutte le responsabilità e i doveri che gravano sulla popolazione attraverso una vera e propria strategia del terrore. Tutto in un mondo distopico viene portato al suo estremo e la sua essenza risiede proprio qui: i pericoli percepiti come attuali, di qualunque natura essi siano, vengono esacerbati, spinti fino al limite del loro progresso e poi traslati in un contesto più o meno distante nel tempo e nello spazio dando vita ad un non – luogo, un qualcosa che non esiste, che non deve in alcun modo avere margine di realizzazione e che deve essere combattuto con tutte le proprie forze e specialità.
In un filone letterario ricco dei titoli più maestosi, molte autrici e molti autori hanno tentato di imprimere il proprio nome a fuoco nella storia, alcuni riuscendoci in maniera più efficace, altri provocando solo un flebile e breve tormento, ma dove si inserirà Ayaka Katayama è ancora presto per dirlo. In Fungus and Iron la mangaka ricalca tutti gli stilemi del genere arricchendolo, però, degli elementi tipici del fantasy nella sua accezione più oscura, dipingendo una storia chiaramente influenzata dai meccanismi narrativi di opere come Attack on titan da una parte e The last of us dall’altra (solo per citarne un paio e le più evidenti), ma allo stesso tempo intenzionata a ricercare la propria inconfutabile dimensione.
Al di fuori dell’area D-18 un mondo sconfinato interamente da scoprire disseminato dalle più diverse varietà di funghi, al suo interno, invece, una società totalmente sottomessa e soggiogata al potere soverchiante del governo mondiale conosciuto come Amigasa, che servendosi proprio di quegli stessi organismi ne plasma con successo le volontà. Questo è il mondo in cui l’umanità sta prosperando. Incapace di provare persino le emozioni più basilari, se non a comando, della libertà intesa in senso proprio la popolazione è del tutto priva, ma come per ogni cosa anche per Amigasa vale la legge delle eccezioni. Al contrario dei suoi commilitoni, il soldato affetto da dislessia Dante, infatti, sembrerebbe possedere delle particolarità tali da renderlo immune al lavaggio del cervello perpetrato dal comando fin dalla sua esistenza. Capace di agire, pensare ed emozionarsi secondo le sensazioni fisiche ed emotive del proprio corpo, Dante rappresenta al tempo stesso una speranza per i ribelli di Ether e una minaccia per il continente di Amigasa, ma sarà l’incontro ravvicinato con una ragazza a segnarne il destino.
Rivolgendosi direttamente al lettore utilizzando un espediente narrativo tipico del cantastorie come quello della voce fuori campo, quasi a voler dare una cornice ad un quadro dai molteplici pezzi ma di cui sono state poste appena le fondamenta, Ayaka Katayama si mostra fin da subito nel suo essere un’autrice molto pratica, diretta e concreta. Non sono molte, infatti, le pagine di cui si serve per descrivere il contesto in cui il protagonista rincorrerà il suo fato e asseconderà la propria crescita. Azione e dinamicità vengono posti, così, al centro dell’attenzione dell’intera sceneggiatura, che non si perde in spiegazioni noiose e fini a se stesse, ma riesce ad inserirle attivamente nel susseguirsi frenetico degli eventi. Uno degli aspetti più convincenti di Fungus and Iron è proprio il ritmo della narrazione: non esistono punti morti nella distopia creata dalla mangaka, i colpi di scena di verificano in modo serrata e le atmosfere riescono non solo a stare al passo, ma addirittura ad anticipare il momento di tensione che le tavole cattureranno di lì a poco.
Ciò che desta preoccupazione è, invece, il filo conduttore della trama nella sua interezza. Le similitudini sono fin troppo manifeste, lo sviluppo della vicenda sfiora più volte il caotico e alcuni elementi vengono introdotti in maniera solo superficiale per poi essere abbandonati esattamente nello stesso istante, senza lasciare al lettore il tempo di metabolizzare un minimo ciò che si ritrovato all’improvviso a fronteggiare. Il più grande pregio della scrittura di Ayaka Katayama diviene, allora, anche il difetto più pericoloso della storia.
Un rischio, quello preso in questo primo volume, che però non sembra aver intaccato il senso artistico dell’autrice. La stessa dinamicità, infatti, si ripercuote positivamente sulle tavole del manga, che presentano un tratto molto dettagliato e capace di indagare gli ambienti più diversi senza mai tralasciare le emozioni umane. Che ci si trovi all’interno delle mura o nel modo esterno il focus rimane incentrato sulla fisicità dei corpi, dimensione in cu Ayaka Katayama parrebbe trovarsi particolarmente a proprio agio: i combattimenti si mostrano in grado di catalizzare bene l’attenzione del lettore, che viene per lo più colpito dalla facilità con cui riesce ad individuare i singoli colpi e a seguire tutti (o quasi) i movimenti dei protagonisti, caratteristica fin troppo sottovalutata in buona parte degli shonen moderni.
E sulle emozioni si concentrano anche le tematiche che Fungus and Iron promette di trattare. La lotta contro un sistema autoritario, freddo e repressivo trova nella semplicità di un abbraccio e nel calore di un sentimento candido e inaspettato come l’amore il suo simbolo perfetto. Non sorprendono certo le caratteristiche di un protagonista inconsciamente sovversivo nel contesto di una distopia che deve essere sconfitta a tutti i costi, ma colpisce l’intensità con cui tutto ciò viene manifestato. L’opera di Ayaka Katayama non brilla indubbiamente per originalità, pur avendo spunti narrativi dal potenziale accattivante, però si distingue (o quanto meno ci prova) per impeto e vigore. In questa stessa ottica, infatti, devono essere riportate e riviste le scene più splatter, oscure e violente del manga, che non ne vanno a minare l’intento, ma ne evidenziano, al contrario, il carattere: non è la brutalità con cui si atterra un nemico che scalfisce il fine ultimo della propria battaglia se perseguita in nome di ideali volti alla libertà.
Intenti, dunque, quelli di cui si cosparge il primo volume di Fungus and Iron, opera d’esordio di Ayaka Katayama, che ancora molto ha da raccontare ed esplorare. Di quel mondo esterno dominato dalla capacità infettiva dei funghi nulla è stato veramente svelato, del tumulto interiore di Dante se ne sono viste appena le scintille e delle potenzialità dell’artista nipponica solo gli accenni: noi spettatori non possiamo far altro che attendere.