Abbiamo visto “Il Regno del Pianeta delle Scimmie“, pellicola diretta da Wes Ball e decimo film dello storico franchise “Il Pianeta delle Scimmie“. Queste sono le nostre impressioni rigorosamente no-spoiler
Il “Pianeta delle Scimmie” è uno dei più iconici ed epici franchise di fantascienza nella storia del cinema e, in un periodo in cui sembra esserci ricerca costante nel restituire nuovo vigore alle storiche IP cinematografiche (vedi Indiana Jones e Ghostbusters, per citarne solo un paio di molto recenti), non poteva mancare un nuovo episodio della saga che vede per protagonisti le Simius Sapiens, le scimmie antropomorfe intelligenti.
“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” rappresenta il decimo film del franchise nonché il quarto film della serie reboot e potenziale prima pellicola di una nuova trilogia. Se quanto abbiamo detto vi risulta troppo complicato, non abbiate paura: serve soltanto fare un po di ordine.
Il Pianeta delle Scimmie – Una storia lunga 60 anni
In principio fu un romanzo. Siamo nel 1963 e Pierre Boulle, un ingegnere francese che si è fatto le ossa nelle piantagioni di gomma della Malaysia, scrisse “La Planète des Singes” (da noi “Il Pianeta delle Scimmie“), il suo secondo romanzo più famoso. L’ingegner Boulle era già un autore abbastanza celebre dal momento che dalla sua penna nacque “Il Ponte sul fiume Kway“, il suo primo bestseller a livello mondiale, un romanzo partorito sulla base dell’esperienza maturata durante diversi conflitti a cui ha preso parte in Indocina e Singapore.
La sua incursione nel mondo della fantascienza non ebbe minore successo. La storia di un mondo dominato da scimmie antropomorfe dove gli esseri umani sono considerati dei selvaggi e ridotti in uno stato di schiavitù fu un successo clamoroso tanto che cinque anni dopo, nel 1968, venne prodotta una trasposizione cinematografica diretta da Franklin J. Schaffner che vide nel cast Charlton Heston. Il film arrivò al Premio Oscar alla carriera per il truccatore statunitense John Chambers per l’incredibile risultato ottenuto nel maquillage degli attori che interpretano le scimmie protagoniste della pellicola.
Al di là dell’importante riconoscimento “tecnico” ottenuto, “Il Pianeta delle Scimmie” di Charlton Heston è considerato tutt’oggi come uno dei migliori film di fantascienza di tutti i tempi, al punto che nel 2001 è stato selezionato per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Dopo quel clamoroso successo Arthur P. Jacobs, un signore che ci aveva visto lungo per aver acquistato i diritti della storia ancor prima che venisse pubblicata e, dal 1973, la 20th Century Fox hanno compreso di avere tra le mani la gallina della uova d’oro. Tra il 1970 e il 1973 sono usciti in sala ben quattro seguiti, esattamente uno all’anno, puntuali come il ferragosto. Ci riferiamo a “L’Altra Faccia del Pianeta delle Scimmie” (1970), “Fuga dal Pianeta delle Scimmie” (1971), “1972: Conquista della Terra” (1972) e “Anno 2670: Ultimo Atto” (1973).
Ovviamente la qualità di queste pellicole non è mai risultata al livello del primo inarrivabile film ma “la saga originale” (così successivamente è stato ridefinito questo ciclo di film) ha garantito un buon ritorno commerciale. Come se non bastasse, a saturare il mercato ci hanno pensato anche due serie televisive prodotte nel 1974 e 1975.
A dispetto del titolo dell’ultimo film di questo primo ciclo, non si è trattato affatto di un “Ultimo Atto”. Nel 2001, dopo quasi trenta anni da “Anno 2670: Ultimo Atto”, quel geniaccio di Tim Burton ebbe la malsana idea di rispolverare il franchise sedendosi sulla sedia da regista di “Planet of the Apes – Il Pianeta delle Scimmie“, la versione remake ordinata su Wish della prima storica pellicola del 1968.
Avrete intuito dalle nostre parole che non è servito il genio di Burton (per di più nel suo periodo di maggior appannamento artistico) per ridare lustro ad un classico della fantascienza. Qualcuno addirittura sentenziò: «Nulla a che vedere con la pellicola originale, ma sarete conquistati dal suo fascino da B-Movie».
Quelli della 20th Century Fox non sono tipi che si arrendono facilmente. Impossibile resistere all’istinto di portare su schermo delle scimmie (stimolo che negli Stati Uniti parte dal 1933 con “King Kong“). Nel 2011, dopo 10 anni dal tonfo di Tim Burton, arriva “L’Alba del Pianeta delle Scimmie“, settimo film del franchise e primo dell’ambizioso reboot che, a differenza della saga originale, non è ambientata nel futuro ma nel presente. “L’Alba del Pianeta delle Scimmie” riscrive le origini e i fatti che portano i primati a ribellarsi. Altro grande pregio è stato quello di introdurre Cesare (interpretato da Andy Serkis), uno scimpanzé geneticamente modificato dagli esperimenti di scienziati umani senza scrupoli.
Cesare sarà il personaggio chiave che avrà il ruolo del leader, colui che guida la rivolta e la nuova dinastia delle scimmie. Il film, decisamente il migliore dopo il primo grande intramontabile, è un perfetto esempio di reboot concepito in maniera intelligente e, sopratutto, colpirà pubblico e critica per la qualità dei suoi effetti visivi .Dopo “L’Alba del Pianeta delle Scimmie” seguiranno “Apes Revolution – Il Pianeta delle Scimmie” (2014) e “The War – Il Pianeta delle Scimmie” (2017), pellicole che completano “la Trilogia di Cesare” al termine della quale lo scimpanzé guida perisce in battaglia non prima di aver diffuso il suo verbo di unione e lotta.
Vi starete chiedendo: «Per comprendere “Il Regno del Pianeta delle Scimmie” devo necessariamente vedere tutti i film che lo hanno preceduto ?». La risposta, fortunatamente, è “No”. La pellicola oggetto di questa recensione è una storia a se stante e costituisce ideale inizio per i neofiti, sebbene vi consigliamo caldamente di recuperare il primo film capolavoro del 1968 e l’ottima “Trilogia di Cesare” per avere un quadro più chiaro del contesto.
La vera domanda da porsi è: «Avevamo bisogno di questo nuovo sequel ?» . Scopriamolo assieme.
300 anni dopo
“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” vede alla regia Wes Ball, regista statunitense prevalentemente conosciuto per aver diretto i film della trilogia di “Maze Runner“. Alla sceneggiatura troviamo Josh Friedman, colui che ha lavorato anche su “Avatar: La Via dell’Acqua“. E solo questo dovrebbe far scorrere un brivido lungo la vostra schiena: l’epopea fantascientifica di James Cameron, strabiliante per gli effetti visivi, di certo non brilla per la qualità della sua scrittura.
“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” riprende la narrazione dalla pira funeraria con la quale viene dato l’ultimo saluto a Cesare e, immediatamente, fa un balzo di 300 anni nel futuro. Diverse generazioni successive agli eventi dell’ultima trilogia, la figura di Cesare è divenuta mitologica e il suo verbo funge da guida spirituale per le colonie di scimmie che prosperano in totale simbiosi con la natura.
Tra queste emerge quella che dovrebbe rappresenta la figura apicale di una nuova trilogia che vedrà la luce se il responso del pubblico e, sopratutto, del botteghino risulteranno più che soddisfacenti. Lo scimpanzè Noa (intepretato da Owen Teague, attore americano che ha recitato nella parte del malvagio Patrick Hockstetter in “IT” di Andy Muschietti) rappresenta l’elemento giovane e ribelle della comunità.
La sua vita cambia quando un clan di scimmie violente guidate dal misterioso dittatore Proximus Cesare (Kevin Durand) saccheggia il suo villaggio per rintracciare Nova (Freya Allan), un esemplare di essere umano la cui razza si pensava definitivamente estinta. Gli umani, chiamati “eco” dai primati, sono in realtà ancora vivi, sebbene ridotti in uno stato di schiavitù e indigenza. Essi avranno il loro ruolo nella storia, a partire da Nova, l’umana braccata da Proximus. Nova si unirà a Noa e Raka (Peter Makon), una scimmia che interpreta l’archetipo del vecchio saggio, per ritrovare gli abitanti del villaggio rapiti per ritorsione da Proximus Cesare.
“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” esplora tematiche che caratterizzano l’intero franchise, sin dalla pubblicazione del romanzo di Pierre Boulle. Il ribaltamento prospettico mette l’essere umano, violento per natura nella realtà, in una posizione di inferiorità rispetto a una razza più evoluta. Questo capovolgimento di ruoli trasforma la violenza in barbarie nei confronti dell’uomo ridotto in schiavitù. L’opera si arricchisce di nuove e interessanti sfumature, con la figura imponente di Cesare che riecheggia in tutto il film e assume un ruolo quasi messianico. La sua parola diventa oggetto di culto e, come accade nella nostra complicata realtà, ogni comunità interpreta il messaggio del “Messia” a modo proprio, piegandolo secondo i propri biechi interessi.
La cosa migliore che apprezzerete de “Il Regno del Pianeta delle Scimmie” è il comparto visivo affidato alla “Weta Digital“, lo studio fondato da Peter Jackson, Richard Taylor e Jamie Selkirk già premiato da sei premi Oscar per gli effetti speciali conferiti per la trilogia del Signore degli Anelli, “Avatar” (2009), “King Kong” (2005) e “Il Libro della Giungla” (2016). Gli effetti speciali, prevalentemente in CGI, da soli valgono il prezzo del biglietto e sovrastano la struttura narrativa che è uno degli anelli deboli della catena.
Se la regia di Wes Ball non crea particolare danni, è la scrittura a risultare troppo semplificata nel migliore dei casi, confusionaria nel peggiore. Anche la definizione del personaggio di Noa ne risente pesantemente, sopratutto se lo si confronta con la tridimensionalità di quello di Cesare, da cui riprende la pesante eredità. L’elemento che però affossa l’intera pellicola, a nostro modo di vedere, è la quasi totale mancanza di ritmo. Soprattutto durante i primi due atti, “Il Regno del Pianeta delle Scimmie” è un film lento, a tratti soporifero.
“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” offre un’esperienza visiva straordinaria ma, purtroppo non introduce molte novità narrative rispetto alle precedenti pellicole della saga. La sensazione è che la “Trilogia di Cesare” sembra aver esaurito gran parte del potenziale narrativo di questo franchise. Tuttavia, il percorso di formazione e crescita di Noa è appena iniziato, e gli sviluppi futuri potrebbero ancora sorprenderci.
“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” è in sala distribuito da 20th Century Studios a partire dal 8 maggio.
Il Regno del Pianeta delle Scimmie
Owen Teague: Noa
Freya Allan: Mae / Nova
Kevin Durand: Proximus Caesar
William H. Macy: Trevathan
Travis Jeffery: Anaya
Peter Macon: Raka
Lydia Peckham: Soona
Neil Sandilands: Koro
Eka Darville: Sylva
Ras-Samuel Weld A'abzgi: Fulmine
Sara Wiseman: Dar
Dichen Lachman: Korina
Karin Konoval: Maurice