La terza stagione di “Invincible“, serie TV animata ispirata all’omonima serie a fumetti di Robert Kirkman, è sbarcata su Prime Video con i primi tre episodi della terza stagione lo scorso 6 febbraio. Procedendo poi con il tradizionale rilascio settimanale e giunta all’ottavo episodio, la stagione ha messo Mark di fronte a conflitti ideologici, morali e personali, dovuti sia alle azioni compiute in passato, sia al retaggio genetico che dovrebbe portare avanti. Sarà crollato di fronte ad un’escalation di minacce senza precedenti e sotto il peso delle responsabilità o sarà riuscito a resistere? E, in questo caso, quali saranno state le conseguenze?
Se è vero che “i conti si fanno alla fine” – che sia una minaccia, un monito o una mesta consapevolezza – per Mark Grayson, a.k.a. Invincible, quella fine si presenta fin troppo spesso e il conto da pagare sembra essere di volta in volta sempre più alto.
Anche nella terza stagione della serie TV, ormai vera e propria hit di Prime Video, sbarcata sulla piattaforma streaming con la tradizionale première da tre episodi e proseguita con una nuova puntata a settimana per un totale di 8, il protagonista ha dovuto fare i conti con parecchie minacce, di livello sempre maggiore, e rispondere delle proprie azioni compiute in passato, nonché confrontarsi – ancora ed ancora, come se fosse il ritornello di una canzone – con la propria discendenza aliena e familiare.
Se è anche vero che i temi portanti di Invincible – del fumetto come dell’adattamento per il piccolo schermo – ruotano sempre intorno alla figura di Mark, alle sue sfaccettature, alle sue origini e ai suoi poteri, in questa terza stagione le minacce che ha dovuto affrontare sono state davvero importanti, capaci di impattare in maniera tragica non solo sulla sua figura ma addirittura sul resto del mondo.
In particolare, la frequenza con cui si sono manifestate hanno condotto il protagonista vicino al punto di rottura… talvolta finendo per superarlo abbondantemente. Così, a differenza di una distribuzione spezzata in due parti come per la seconda stagione, il nuovo filotto di episodi è riuscito a far percepire anche allo spettatore lo stato di allerta continuo in cui ha vissuto Mark, con scontri senza sosta e senza esclusioni di colpi e nemici di volta in volta più potenti.
Come avrà affrontato queste nuove situazioni Mark? E come ne è uscito? Può considerarsi lo stesso Eroe e, ancora più nel profondo, la stessa persona di prima?
Invincible, stagione 3 – Cadere, rialzarsi ed affrontare le conseguenze…
La terza stagione di Invincible prende il via a tre mesi di distanza dalla tragica conclusione della seconda, quando il violentissimo scontro tra Mark ed Armstrong Levy aveva condotto il nostro protagonista al punto di rottura di cui sopra. Salvato da una versione del futuro dei Guardiani del Globo e combattuto nel cuore dalla confessione dell’altra Eve, Mark ha ripreso ad allenarsi come Invincible sotto le direttive di Cecil e dell’Agenzia per la Difesa Globale.
Ben presto, però, tra un fratello che si duplica in cerca di vendetta, due razziatori temporali che vogliono rubare la Dichiarazione d’Indipendenza Americana e la nuova evasione del sempre simpaticissimo Doc Seismic – ma molto pericoloso, attenzione! – Mark inizia a manifestare le prime escandescenze dovute al confronto con Levy. Gli scontri ideologici con Cecil prima (riguardanti i nuovi membri dei Guardiani del Globo e lo sfruttamento delle abilità di Sinclair), e sentimenatali con Eve poi, mostrano un Mark in piena PTSD supereroistica, quasi incapace di ascoltare l’altro – chiunque egli sia – e dando precedenza ed importanza alle proprie ragioni su tutto il resto.
Se in alcune occasioni ha ragione, ispirando anche i “vecchi” Guardiani del Globo a scindersi dall’ADG per riformarsi autonomamente, è il modo con il quale egli si pone ad avvicinarlo terribilmente alla versione di Chicago di Omni-Man e ad un qualsiasi altro viltrumita “puro” incontrato nella sua vita.
Simbolo di questo cambiamento, la cui gravitas sulla psiche di Mark è consapevole al ragazzo in misura più o meno ampia, è il nuovo costume cucito dal sempre impeccabile Art Rosenbaum: Invincible rinuncia a qualsiasi tonalità sgargiante – il giallo e il celeste – in favore di una suit più oscura e più “adulta”.
Inizia così una nuova era, con un costume più cupo che ne diventa il manifesto, oltre che cromatico, emotivo.
Quello che ha dovuto affrontare Mark nella terza stagione di Invincible, infatti, è stata un’escalation di minacce sempre più pericolose e difficili da affrontare, con nemici proporzionalmente sempre più potenti. Se da un punto di vista dell’intrattenimento più puro, tutto ciò è (sperabilemente) inevitabile in una serie TV di stampo supereroistico che ha sempre messo al centro della propria narrazione l’evoluzione del suo protagonista, sia come eroe sia come persona, le criticità che ha affrontato Mark lo hanno costretto a confrontarsi con le azioni passate, quasi in una sorta di condanna a mo’ di contrappasso dantesco scaturita proprio dallo scontro con Levy, che ha rappresentanto il proverbiale fondo toccato da Invincible.
Così Mark, una volta tornato alla propria realtà, deve ben presto rimboccarsi le maniche ed affrontare Cecil, i Rianumani, Multi-Paul, i gemelli Mauler, Titan, Powerplex e chi più ne ha più ne metta come Invincible ma imparare a gestire anche il rapporto con Eve, con la nuova vita di Debbie e con un fratello, Oliver, che sta crescendo troppo in fretta, che vuole accompagnarlo nella lotta al crimine ma che ha princìpi diversi da quelli del fratello maggiore.
Il protagonista, quindi, è quasi “costretto” a crescere sia come supereroe, sia come uomo, non solo affrontando i nemici che minacciano la Terra ma anche le difficoltà naturali della vita stessa. Da un lato, per esempio, abbiamo la tragica storia di vendetta di Scott Duvall che, avendo vissuto la distruzione di Chicago da vittima, non riesce ad immaginare ciò che Mark ha vissuto con le rivelazioni di Omni-Man, vedendo il ragazzo non come eroe ma come il cattivo della storia da lui vissuta. Dall’altro, Mark ed Eve, sconfinando nella vita adulta, vogliono avere la loro indipendenza e devono ingegnarsi per trovare un lavoro che possa conciliarsi bene con l’attività da supereroi.
Tutto ciò, mentre nelle profondità dello spazio Nolan ed Allen sono costretti alla prigionia viltrumita… ed apprendono una clamorosa verità che potrebbe sparigliare tutte le carte in tavola.
… e non sempre riuscirci
Se le precedenti stagioni di Invincible avevano visto il protagonista affrontare le conseguenze di alcune situazioni in cui si è trovato in mezzo, deflagrate nella distruzione di Chicago nel confronto con Omni-Man, quest’ultima ha rimesso ancora più al centro del villaggio Mark Grayson ed il suo alter ego. Questa volta, al giovane eroe, è toccato confrontarsi con le conseguenze delle proprie azioni, a cominciare proprio da quell’orribile scontro con Levy.
Nelle mani del “papà” Robert Kirkman, presente nella writers’ room anche della serie TV al fianco di Simon Racioppa, Invincible è stato uno spaghetto crudo che viene flesso fino a raggiungere il punto di rottura e che, a quel punto, si spezza in tre parti: ha rotto con il padre, ha rotto con Cecil, ha rotto la figura di supereroe che aveva costruito. E pur avendo cercato di rimediare al meglio delle proprie possibilità, le minacce si sono fatte più grosse e pericolose, portandolo nuovamente punto e a capo.
La serie TV, infatti, ricalcando fedelmente lo stesso sviluppo della saga a fumetti, non lascia nulla in sospeso, andando a riprendere trame del passato che sembravano definitivamente chiuse per espandere ancora ed ancora la mitologia di Invincible. In questo modo si dà linfa narrativa alla serie tutta, portando il protagonista a confrontarsi con situazioni nuove – e quasi sempre tragiche – che diventano manifestazioni allegoriche di quelle tematiche intorno alle quali ruota l’opera.
In questo senso, infatti, gli scontri più importanti della stagione possono essere interpretati come confronti tra Mark stesso e le sue diverse dimensioni: essere un eroe (con Powerplex), essere la pecora nera di una razza di conquistatori (con Conquest) e ritrovare il vero sé (la Guerra degli Invincible).
Uscire vincitore – o meno – da queste battaglie, oltre che fisiche, anche morali e psicologiche, cambia irrimediabilmente l’eroe protagonista: attraverso queste, i loro esiti e le modalità con cui vengono condotte, i sacrifici che hanno comportato, Invincible ha modo di auto-ridefinirsi ancora ed ancora, in un continuo processo di crescita che, seppur portato allo stremo nella sua componente supereroistica della serie TV, ha riguardato anche gli spettatori.
Invincible, quindi, anche in questa terza stagione si è confermata una serie TV adulta a tutto tondo: non si intende solo nei termini del disclaimer iniziale di ogni episodio – ovvero per i contenuti espliciti di violenza, linguaggio volgare, eccetera eccetera – ma anche per la sintesi narrativa che coinvolge il protagonista sia come singolo personaggio, sia all’interno del proprio mondo, di famiglia, di affetti ed amici.
Una sintesi che rasenta la perfezione proprio nell’ultimo episodio, capace di condensare in 45 minuti di pura adrenalina, di immagini e di dialoghi, ciò che Invincible è stato (nel fumetto), è e vuole continuare ad essere sul piccolo schermo: riadattando per esigenze di medium lo scontro con il più forte dei viltrumiti, colui che è «più di un nome, un proposito», Invincible – sia il personaggio, sia la serie TV – mostra i muscoli, sprigionando tutta la propria potenza fisica e narrativa e tutta la propria resilienza, mettendo in gioco tutte le dimensioni che definiscono e, contestualmente, motivano una narrazione capace di rialimentarsi con successo ogni volta.
E se alcuni passaggi animati – sempre meno evidenti rispetto al passato e solo per cercare il pelo nell’uovo – risultano ancora discontinui, ciò che sta rendendo Invincible su Prime Video un successo tanto quanto il fumetto di Image Comics (saldaPress, per l’Italia) è proprio la capacità di mettere il protagonista di fronte a prove all’apparenza insuperabili, buttarlo al tappeto ma accettarlo e vedere come ci si può rialzare, in un’iperbolica, ipertrofica metafora supereroistica della vita stessa.
Perché un po’ tutti dobbiamo confrontarci con chi ci vede in un altro modo, con un qualche tipo di eredità, con noi stessi. Non importa poi come ne usciremo: affrontare e confrontarci con le nostre dimensioni, così come ha fatto Mark e perciò ci piace cosi tanto, ci può rendere tutti un po’…
