Arriva nella collana Marvel Must Have di Panini una delle storie più drammatiche della Casa delle Idee. Una storia di supereroi, ma senza supereroi: Greg Pak e Carmine Di Giandomenico presentano Magneto: Testamento
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale che si celebra il 27 gennaio di ogni anno, dedicata alla commemorazione delle vittime dell’Olocausto.
Non a caso Panini propone questa settimana la ristampa di Magneto: Testamento. Una miniserie del 2008 originariamente in 5 parti, scritta da Greg Pak (World War Hulk) e splendidamente disegnata da un ispiratissimo Carmine Di Giandomenico. Con le meravigliose copertine di Marko Djurdjevic, che spero siano raccolte all’interno del volume che, come scrive Panini «è arricchita in questa edizione da numerosi contenuti extra mai visti prima».
Non è la prima volta che l’editore modenese pubblica quest’opera. L’ultima (se escludiamo l’edizione nella collana da edicola X-Men: Le Storie Incredibili del 2019) è stata nel 2017, all’interno dei Grandi Tesori Marvel, in grande formato. Questa volta è stata invece inserita nella collana economica Marvel Must Have, ad un prezzo decisamente interessante, per un cartonato di 144 pagine: 15 euro.
Magneto: Testamento è una lettura forte. Il fatto che siano trascorsi quasi 80 anni dai fatti narrati nella storia non ne affievolisce o edulcora in alcun modo la brutalità e la crudezza. E non è un racconto di supereroi. Almeno, nel senso che solitamente s’intende.
La storia inizia con Magneto bambino, nel 1935. Il cui nome è ancora Max Eisenhardt, molto prima che lo cambiasse in Erik Magnus Lehnsherr. Max non ha ancora consapevolezza dei suoi poteri, che nel corso del racconto si palesano in pochissime occasioni – di cui una fondamentale.
Max vive in una famiglia ebrea in Germania, nel periodo più buio del ventesimo secolo. Hitler è da poco Führer della Germania del Terzo Reich (una carica che inventò lui stesso per accentrare su di sé i poteri di Presidente e Cancelliere). L’odio antisemita propagandato dal suo Governo inizia a rendere la vita impossibile agli ebrei. Molti migrano in Polonia e anche la famiglia Eisenhardt sarà costretta a farlo.
Giungono in Polonia alla vigila dell’invasione da parte della Germania. Che porterà poco dopo alla creazione del tristemente famoso Ghetto di Varsavia, ai rastrellamenti, alle deportazioni al Campo di Concentramento di Auschwitz-Birkenau e alla lotta quotidiana per la sopravvivenza che il giovane Max dovrà affrontare. Fino all’epilogo, con la liberazione dei pochi sopravvissuti da parte dell’Armata Rossa.
Non aggiungerò altro sulla storia, che merita di essere vissuta senza nessuna anticipazione. Basti sapere che le vicende di Max scorrono parallele agli eventi storici che si susseguono dal 1935 al 1945. La sua storia s’intreccia indissolubilmente con la scia di sangue che il nazismo si lascia dietro. Fino alla sconfitta della Germania, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Un milione di morti solo ad Auschwitz che segneranno la vita del giovane Max. Il quale diventerà Magneto proprio a causa del rabbioso desiderio di vendicare i torti subiti, la cui responsabilità finirà per addossare non soltanto ai nazisti, ma a tutta la specie dell’Homo Sapiens. Lui, che scoprirà di essere un Mutante, un Homo Superior.
Nessun intento da parte dell’autore di giustificare i folli comportamenti criminali che contraddistingueranno la vita di Magneto fin dal suo debutto, nel numero 1 della testata degli X-Men, datata 1963, ad opera di Jack Kirby e Stan Lee.
Pak costruisce, semmai, un preciso e storicamente inappuntabile background. Che fa comprendere al lettore come si sia insinuato nel futuro Erik Lehnsherr il seme dell’odio, l’irrefrenabile ambizione di porre fine al genere umano. Facendo così precipitare Magneto nella stessa spirale di disprezzo e intolleranza che aveva vissuto lui, da ragazzo. Un ripugnante circolo vizioso che fa comprendere come l’odio non può che generare altro odio.
Il comparto grafico è affidato al nostro Carmine Di Giandomenico. Le sue tavole rendono perfettamente la storia raccontata da Pak. Restituendone tutta la crudele brutalità, senza condonare nulla. L’artista teramano sceglie una gabbia bonelliana (come lui stesso la definì quando Magneto: Testamento fu pubblicata per la prima volta), che gli consente di incorniciare al meglio inquadrature ricche ed espressive. Ammirevole l’accortissimo lavoro di ricerca iconografica, che ci regala un racconto storicamente coerente anche dal punto di vista grafico.
Personalmente, metto questa storia sullo stesso scaffale di Se Questo è un Uomo di Primo Levi. Un devastante racconto autobiografico dello scrittore torinese, a cui forse lo stesso Pak si è ispirato nella scrittura della sua opera più riuscita. Ovviamente, con tutte le dovute differenze. Differenze non però legate allo spessore dell’opera ma al medium usato.
Certo, si potrebbe obiettare che Se Questo è un Uomo è una dolorosa autobiografia di chi gli orrori di Auschwitz li ha vissuti sulla propria pelle. Mentre Magneto: Testamento è la storia di un personaggio di fantasia nato sulle tavole di fumetti di supereroi. È vero, nondimeno tutto ciò non ne svilisce il valore.
D’altronde, l’opera di Pak e Di Giandomenico non è il primo fumetto che ci riporta ai fatti accaduti in Europa prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Maus di Art Spiegelman, in questa macabra classifica, precede Magneto: Testamento di parecchi anni. Cito Maus perché una delle paure che l’autore Art Spiegelman ebbe quando realizzò Maus, era quella di non rispettare le vittime dell’Olocausto con un’opera che temeva potesse essere inadeguata. Ciononostante, Maus ebbe un grandissimo successo mondiale di pubblico e di critica, tanto da vincere lo Special Award del Premio Pulitzer.
Anche Magneto: Testamento, sebbene sia un’opera a fumetti completamente differente – se non per i temi trattati – dimostra come l’arte di raccontare storie usando parole racchiuse in ballon sopra disegni, sia matura e degna di rappresentare anche avvenimenti come l’Olocausto.
Perché un fumetto, un libro, un film non sono altro che strumenti che gli autori utilizzano per trasmettere al lettore, allo spettatore, le proprie percezioni, il proprio vissuto, anche i propri drammi, attraverso le storie che raccontano.
E Magneto: Testamento (così come Maus e Se Questo è un Uomo), è un pugno nello stomaco. La cui lettura suscita un turbinio di emozioni, di rabbia, di frustrazione e impotenza, che lasciano un retrogusto amaro e instillano la sacrosanta paura che tutto ciò possa ripetersi. O forse (anzi: certamente) si è già ripetuto, in questi 80 anni, in altre parti del mondo. Con altri popoli perseguitati per la loro religione, il colore della loro pelle, la loro etnia. A dimostrazione del fatto che la storia, purtroppo, insegna che ciò che è accaduto, per quanto estraneo e lontano lo si veda, non è irripetibile. Tutt’altro.
Dunque, Magneto: Testamento è una lettura assolutamente consigliata. Sia per la storia che racconta, sia per come è stata raccontata e disegnata. Un Must Have al 100%. Magari, da accompagnare alla lettura di Se questo è un Uomo di Primo Levi.