Marlene Dietrich è stata un personaggio che ha fatto la storia del cinema, e non solo. Donna determinata e caparbia, dalle amicizie variegate e sui generis, seppe incarnare al meglio i ruggenti anni ’20 e la loro libertà di costumi, continuando poi, per tutto il Novecento, a rinnovarsi con i tempi. Un’icona costante, su cui Flavia Scuderi e Alessandro Q. Ferrari ci hanno regalato una bellissima graphic novel: Marlene, edita da BD Edizioni.
Marlene. Un nome dal suono morbido, che da solo basta a evocare mondi lontani. Metto su un po’ di Jazz e viaggio verso gli anni ’20, con le immagini di Flavia Scuderi e le parole di Alessandro Q. Ferrari a raccontarmi una donna che è stata molte cose, sicuramente molte più di quante potessi immaginare.
Prima di incontrare loro, conoscevo già Marlene Dietrich per la grande attrice che è stata, icona di stile e simbolo di una bellezza lontana, algida e distante, col volto scolpito nei chiaroscuri del cinema in bianco e nero. Ma è solo grazie ad Alessandro e a Flavia, alla loro passione, che ho scoperto le altre Marlene; tutte le persone che è stata, tutte le vite che ha vissuto. E in quel momento m’è parso di capire che non avevo capito nulla, né di me, né di lei, né della vita.
Marlene – Sinossi
Prima attrice tedesca a conquistare Hollywood, antifascista e antinazista durante le due guerre mondiali, icona queer ante litteram e autrice del primo bacio saffico della storia del cinema… La straordinaria vita di Marlene Dietrich racchiude almeno dieci vite diverse e ha ancora moltissimo da raccontare e insegnare al nostro presente.
In occasione dell’anniversario della morte dell’indimenticabile diva icona del Novecento, Edizioni BD presenta Marlene, la prima biografia a fumetti a lei dedicata. Trasgressiva e impegnata politicamente, Dietrich ha stregato gli occhi e i cuori di intere generazioni, illuminando i set di registi leggendari come Billy Wilder, Orson Welles e Alfred Hitchcock. La sua è la vicenda memorabile di una donna che ha dipinto il Novecento di una modernità che diventa sempre più attuale.
La recensione
Illuminare è la prima parola su cui mi voglio soffermare in questa mia recensione un po’ atipica, che procederà proprio per parole, provando a creare un piccolo vocabolario Dietrich, prendendo le mosse dal lavoro degli autori.
Marlene seppe illuminare il mondo intorno a sé in momenti a volte molto cupi – la guerra, le persecuzioni naziste, l’esodo degli artisti verso l’America, la solitudine degli anni finali – e Flavia ce lo mostra nel modo più forte e naturale possibile: in tutte le tavole, tra le scale di grigi che appena si tingono di colore di tanto in tanto, la fonte di luce calda è una sola. L’angelo azzurro. Marlene. Come se dal suo corpo e dalla sua anima si irradiasse una fiamma che non brucia ma avvolge tutto e tutti intorno a sé, forse il segreto della sua stregoneria.
La seconda parola è modernità, troppo spesso abusata e poche volte tanto appropriata come in questo caso. Cos’è la modernità dopotutto? Forse solo l’apertura verso il mutare dei tempi e dei costumi, che non per forza intende rompere col passato, ma anzi è capace di integrarlo.
Sin dai suoi primi anni, quella ragazzina che sceglie di smussare il rigido nome con cui è nata – Maria Magdalene – e cambiarlo in Marlene, non rinnega mai le sue origini. Anche quando le porte di Hollywood le si spalancheranno, non cederà mai a un mondo di lustrini, paillettes e superficialità: ne entrerà a far parte, ma giocherà sempre secondo le sue regole e non dimenticherà mai ciò che è.
Ne è un esempio il rapporto con Rudi (Rudolf Sieber), che resterà suo marito e confidente fino alla fine dei suoi giorni, sebbene la passione tra i due si sia spenta da tempo, e nonostante le vite parallele che ciascuno dei due conduce. Nonostante il trasferimento in una terra puritana e mentalmente chiusa, Marlene manterrà intatta la propria scala di valori: condivisibile o meno, ma sua.
La terza parola che non posso non considerare è femmina, che in questo caso sento di poter declinare in molti modi. Marlene è femmina, intesa come creatura sensuale e sessuale, che ha piena consapevolezza e conoscenza di sé; ma sono femmine anche le figure chiave della sua vita: sua madre, sua figlia, sua sorella.
La prima è privata della sua femminilità dal suo ruolo di madre-generale, integerrima e dura, almeno per gran parte della vita della figlia; la seconda cresce a lungo all’ombra di Marlene, e fatica a scoprire la propria femminilità, oscurata da una madre così tanto ingombrante. Sulla terza, senza fare spoiler, possiamo solo dire che a un certo punto perde, agli occhi della sorella, qualunque caratteristica che la renda degna della propria attenzione.
E gli uomini, dove si collocano in questo quadro? Sono quasi delle note a margine, e non perché il femminismo di Marlene li escluda. Nel suo caso, mi sento davvero libera di parlare di femminismo per quello che è – almeno per me: non una lotta ma una collaborazione tra i sessi che mira a raggiungere l’uguaglianza di diritti, senza che nessuno dei due prevarichi l’altro.
Se gli uomini non hanno molto posto nella vita di Marlene, è solo perché lì c’è spazio per un solo padrone, ed è lei stessa. È per questo che sfugge a tutti quegli uomini che la vogliono possedere, ingabbiare, con la loro gelosia e il loro amore malato, e resta leale solo a Rudi, l’unico che non abbia mai cercato di sostituirsi al volere di lei.
Marlene – Perché leggerlo?
Innanzitutto per l’accuratissimo lavoro di ricerca che gli autori hanno svolto, per nulla trascurabile né scontato, testimoniato da un’ampia bibliografia a corredo del volume – ottima per chiunque voglia saperne di più. In secondo luogo, per la passione che hanno saputo imprimere al loro lavoro, attinta da Marlene e a lei restituita attraverso dialoghi e disegni.
E poi, perché racconta – in modo cronologicamente non lineare – di una donna che ha scelto di essere madre, uomo, amante, attrice, lesbica, mecenate, soldato, ribelle, libera; una che non si è tolta le etichette di dosso, ma le ha collezionate tutte, indossandole sempre con classe e naturalezza.
È una storia di femminilità e femminismo, di amore libero e diritti LGBTQ+ che non ha nulla a che vedere con le forzature a cui il politicamente corretto ci ha abituato: Marlene è stata tutto questo prima ancora che certe battaglie prendessero forma. Fedele a sé stessa, qualunque cosa volesse dire.
È questo il messaggio più importante, che Alessandro e Flavia sono riusciti a rimandarci senza bisogno di storcere, comprimere, spingere o asciugare: quello che vedi è quello che c’è. E forse avrebbe detto così anche lei.