Chris McKay confeziona un film horror volutamente ironico e grottesco con un Nicolas Cage gigantesco e un Nicholas Hoult semplicemente perfetto. Il remissivo servo Renfield, dopo secoli al servizio del despota sanguinario Dracula, stanco dei continui soprusi, maltrattamenti e pressioni psicologiche del padrone, decide di uscirne aggregandosi a un gruppo di sostegno contro la dipendenza relazionale
Renfield è una commedia horror scritta in maniera volutamente bizzarra da Robert Kirkman (autore di quel successo planetario che è The Walking Dead) e Ryan Ridley, diretta da Chris McKay (LEGO Batman) e interperetata da Nicholas Hoult e Nicolas Cage che, inevitabilmente, erge la sua struttura sui vecchi film interpretati da Bela Lugosi nei panni del Principe di Valacchia e su quel capolavoro firmato John Landis che è Un lupo mannaro americano a Londra. Il tono è quello, per intenderci, con l’aggiunta di sfumature alla The Boys (arti strappati via, caos totale, battute fuori luogo ed ettolitri di sangue volti ad accrescere l’impatto visivo di chi guarda).
Come si intuisce dal titolo, il film non si concentra sulla figura di Dracula, ma sul suo fedele famiglio, il remissivo servo Renfield che, dopo secoli al servizio del despota sanguinario, attraversa una sorta di crisi. Non più disposto a procurare vittime innocenti al conte – il quale pretende siano giovani, in salute, degne di essere prosciugate – e stanco dei continui soprusi, maltrattamenti e pressioni psicologiche del padrone, decide di uscirne aggregandosi a un gruppo di sostegno contro la dipendenza relazionale.
E qui, viene il bello. La parte interessante del film è proprio questa: l’analisi – seppur ironica e grottesca – dei rapporti tossici.
Dracula, interpretato da Nicolas Cage, semplicemente perfetto in un ruolo così borderline e credibile non solo grazie al trucco e alle protesi dentarie, ma soprattutto grazie al suo modo assolutamente fuori di testa di calarsi nei panni di uno stagionato vampiro, folle come Castor Troy – personaggio interpretato dallo stesso Cage nel 1997 in Face Off di John Woo – è una figura oppressiva, dominante, altamente tossica in ogni suo deleterio comportamento. Incurante della sofferenza del povero Robert Montague Renfield, lo perseguita, lo tiranneggia, lo ammalia con promesse melliflue, devastandolo psicologicamente e rendendolo non solo suo schiavo, ma condannandolo a essere succube di un rapporto – in qualche modo affettivo – altamente nocivo dal quale è impossibile uscire.
Ma è davvero così? È veramente impensabile riuscire a tirarsi fuori da una relazione che ci consuma?
No. Basta volerlo, come il film ci insegna.
Il problema di fondo, che la pellicola tende a mettere in primo piano, è che quando ci leghiamo a qualcuno, seppur a un certo punto della relazione ci rendiamo conto che la stessa si sta rivelando deleteria, tendiamo a non tagliare il filo che ci unisce. Ma perché facciamo questo, perché ci ostiniamo a rimanere incastrati in una specie di prigione emotiva che, giorno dopo giorno, assorbe le nostre energie positive come un… vampiro?
Perché semplicemente è più facile. Lottare contro un rapporto tossico è come ingaggiare una lotta contro noi stessi, pretendendo di uscirne illesi, felici e senza alcuna cicatrice addosso. Ovvio che questa è pura utopia. Dracula lo sa e sfrutta la cosa a suo favore.
Arriva un punto però, in cui Renfield scopre di volersi bene. E lì inizia a pretendere di vivere un’esistenza da uomo libero, da essere umano (umano?!) felice, privo di catene emotive atte a segregare la sua sfera esistenziale. Un po’ quello che accade a ciascuno di noi quando decidiamo di liberarci finalmente di una relazione succhiasangue.
In sostanza, il messaggio del film è questo. Condito da tonnellate di cocaina – la trovata del cerchio magico improvvisato è assolutamente geniale – boss della droga, battute improbabili, scene splatter, espressioni di Nicolas Cage degne di applausi e qualche nota di idiozia.
Ma parliamo di Nicholas Hoult, il bambino di About a Boy, film del 2002 con Hugh Grant e candidato ai Golden Globe nel 2022 come migliore attore in una serie commedia: The Great. È bravissimo, senza troppi giri di parole. Il suo modo di interpretare Renfield ce lo fa amare sin da subito. Mette in risalto, con estrema naturalezza, le fragilità del personaggio, le sue ansie, la sua dolcezza. In breve, lo rende uno di noi. Sì, perché alla fine di tutto, Robert M. Renfield è come tutti noi, una persona piena di insicurezze che, vuoi per sfortuna, vuoi per incapacità di riconoscere la “strada sbagliata” incappa in situazioni disastrose. Al contempo, però, come noi, esasperato dallo stress quotidiano, lascia emergere la parte determinata di sé, quella che, vuoi o non vuoi, ci tira sempre fuori dai guai.
In conclusione: Renfield è un film serio? No, ma sì.
No, perché per un paio d’ore scarse vedrete solo situazioni improbabili, allucinanti e prive di razionalità.
Sì, perché dietro a tutto questo, se sarete attenti, vedrete la vera natura del film: la storia di un uomo infelice, oppresso dall’unico rapporto emotivo degno di nota nella sua vita e di come, una volta realizzata la questione, si impegni con tutto sé stesso per cambiare le cose e migliorare la sua esistenza.
Quel che dovremmo fare tutti, in sostanza.
Perché alla fine, siamo tutti un po’ Renfield e tutti, prima o poi, incappiamo nel nostro Dracula personale.
Renfield
Nicholas Hoult: Renfield
Nicolas Cage: Dracula
Awkwafina: Rebecca Quincy
Ben Schwartz: Teddy Lobo
Adrian Martinez: Chris Marcos
Shohreh Aghdashloo: Ella
Caroline Williams: Vanessa