Abbiamo visto “Thanksgiving“, il nuovo truculento horror diretto da Eli Roth. Queste sono le nostre impressioni rigorosamente no spoiler.
Per parlare di “Thanksgiving” è necessario fare un balzo all’indietro negli anni, esattamente nel 2007. Quentin Tarantino è un regista che già siede comodo nell’olimpo dei grandi cineasti grazie a opere che hanno segnato l’immaginario collettivo di ogni amante del cinema: ci riferiamo “Le Iene” (1992), “Pulp Fiction” (1994), “Jackie Brown” (1997) e i due “Kill Bill“, usciti tra il 2003 e il 2004. Il 2007 quindi fu il momento perfetto per il regista statunitense di darsi al genere horror, appagando la propria passione per il cinema dei “doppi spettacoli”, pellicole a basso costo dove la visione di scene forti a base di sesso e violenza avevano il sopravvento sugli elementi artistici. Un modo di fare cinema che ha caratterizzato gli USA degli anni settanta del ventesimo secolo e che ha settatto l’immaginario dell’adolescente Tarantino, dando una direzione ben precisa a quella che poi sarebbe stata la sua produzione da regista. “Grindhouse” esce nel 2007 sotto la sua direzione, con la collaborazione di una pletora di registi quali Robert Rodriguez, Edgar Wright, Rob Zombie e Eli Roth. La pellicola, suddivisa in due episodi nel rispetto della tradizione del “doppio spettacolo”, è un horror splatter che si rifà fortemente alle pellicole gore degli anni settanta. All’interno del film sono presenti anche dei fake trailer che preannunciano l’ipotetica produzione di altre pellicole dello stesso genere. Uno di questi fake trailer era diretto da Eli Roth e si trattava, indovinate, di “Thanksgiving“. Oggi, a distanza di 16 anni, Eli Roth è riuscito a trasformare quel trailer in un reale prodotto finito.
Eli Roth, cresciuto artisticamente sotto l’ala protettrice del suo amico Quentin Tarantino, si è costruito una discreta fama come regista di genere grazie, principalmente, alle due pellicole che sono citate a buon diritto e con orgoglio nel manifesto di “Thanksgiving“: “Cabin Fever” (2002) e “Hostel” (2005, prodotto da Tarantino). Pellicole che, a fronte di un budget risicato, hanno portato a casa incassi considerevoli e l’apprezzamento del pubblico amante del genere. “Thanksgiving” è costruito sulla falsa riga delle opere sopracitate e, assieme ad esse, costituiscono l’eredità che oggi abbiamo del genere gore tanto in voga negli anni 70, sebbene Roth non abbia mai negato che uno dei film che lo hanno maggiormente influenzato nel suo percorso artistico è “La Casa” (1981) di Sam Raimi. Insomma, ci siamo capiti: ci troviamo di fronte ad un film horror con la forte connotazione splatter, in cui la centralità della pellicola è quella di eccedere nella violenza esplicita con abbondante utilizzo di corpi lacerati, fuoriuscita di interiora e una spiccata fantasia nel trovare modi sempre più originali per dilaniare i corpi dei poveri protagonisti. Un eccesso che suscita nello spettatore, spesso, qualche grassa risata. Vi possiamo assicurare che di frattaglie e amenità simili in grado di stimolare la vostra digestione e il vostro humor nero represso ne troverete in quantità industriale.
Come suggerisce il titolo, la storia di “Thanksgiving” è incentrata sul Giorno del Ringraziamento, la festa nazionale laica (sebbene abbia origini religiose) che si festeggia nel quarto giovedì di Novembre negli Stati Uniti, in cui gli americani celebrano, rimpinzandosi di tacchino, il rigoglioso raccolto che i Padri Pellegrini ebbero nelle terre dell’allora Nuovo Mondo abitato dai nativi americani. In particolare la pellicola si concentra su evento strettamente collegato a queste celebrazioni: ci riferiamo al Black Friday, usanza che negli USA cade il venerdì successivo e che da parecchi anni abbiamo importato anche qui in Italia. Il venerdì successivo al giorno del ringraziamento iniziano, di fatto, gli acquisti natalizi e molti prodotti vengono venduti con forti sconti. Proprio durante un Black Friday dei giorni nostri inizia la storia di “Thanksgiving”: l’apertura notturna di uno dei centri commerciali di Plymouth nel Massachusetts, la calca della folla e il comportamento sconsiderato dei protagonisti del film genera una tragedia che rimarrà nella memoria della comunità locale. Un anno dopo a questo evento, un misterioso serial killer mascherato inizia il suo percorso di morte sterminando uno ad uno tutti coloro considerati responsabili di quella strage. Chi si nasconde sotto le fattezze del Padre Pellegrino John Carver ? Qual’è il movente delle sue efferate uccisioni ?
Eli Roth attinge alle tradizioni americane e alle loro origini per costruire un prodotto che è anche una forta critica sociale verso l’avidità dell’uomo e il consumismo derivante dal capitalismo. All’inizio del diciassettesimo secolo, i padri pellegrini perseguitati in patria decisero di abbandonare l’Inghilterra per approdare nel Nuovo Mondo. Qui, grazie al supporto dei nativi americani, sono riusciti a rendere fertili quelle terre vergini. Questo evento viene festeggiato sin dal 1621 con una “festa del Ringraziamento”. Alcuni studiosi però hanno analizzato il “lato oscuro” di questa vicenda, insinuando che la festa del Ringraziamento rappresenta un modo per respingere i sensi di colpa per aver sottratto ai nativi americani il proprio continente. Roth fa suo questo concetto mettendo in scena, il suo processo di redenzione. Nella visione del regista americano, coloro che erano avidi conquistatori senza scrupoli diventano a loro volta raccolto. Emblematico è la costruzione del pranzo del Ringraziamento a cui sono sottoposte le vittime. Una sequenza che, credeteci, non dimenticherete facilmente. Non è nemmeno un caso che la maschera scelta dal serial killer ha le fattezze di John Carver, un religioso britannico Padre Pellegrino che per la località di Plymouth rappresenta una delle figure storiche di riferimento. Fu infatti colui che nel 1620 noleggiò una nave e approdò in quella che i puritani chiameranno colonia di Plymouth. Inoltre, fu l’unico che riuscì a stipulare con i nativi un trattato di alleanza. Chi meglio di lui può incarnare la figura di angelo vendicatore ? Siamo sicuri che a partire da questo film, la figura di Carver verrà vista con occhi differenti (e non solo dagli abitanti della ridente località di Plymouth nel Massachusetts).
Nel cast spicca la presenza scenica di Patrick Dempsey che nel film interpreta lo sceriffo della contea, un uomo dallo sguardo da vecchio marpione che ne sa una più del diavolo. Arricchiscono il cast la bellezza di Addison Rae (una cantante\attrice che è divenuta celebrità sui social) e Nell Verlaque (giovane attrice di talento che si è messa in mosta sulla serie Disney “Big Shot“) che prendono il ruolo, come da copione in questi casi, di vittime sacrificali e final girl.
“Thanksgiving” è un film con una trama abbastanza lineare. Al netto di qualche sequenza jumpscare piuttosto telefonata, la pellicola si pone come perfetto esponente di quel sotto genere di film horror che diverte facendo inorridire. Verrete visivamente aggrediti con ferocia da un’onda di violenza che contorce lo stomaco. Sentirete la colazione della mattina cercare di risalire disperatamente l’esofago e, assieme ai succhi gastrici, cercare l’uscita dalla vostra bocca. Tratterrete questa fuga forzata con un rigurgito, voltando la testa verso l’uscita della sala per non indugiare oltre nella visione. Demistificherete tutto quello che vedrete con un sorriso sottaciuto e, spesso, con una sonora risata. Tutto ciò non vi impedirà di rimanere incollati alla poltrona in attesa della prossima rivoltante scena. “Thanksgiving” riesce bene in tutto questo e quindi è impossibile non consigliarne la visione a tutti gli amanti del genere.
“Thanksgiving” è in sala dal 16 Novembre.
Thanksgiving
Patrick Dempsey: Sceriffo Eric Newlon
Addison Rae: Gabby
Milo Manheim: Ryan
Jalen Thomas Brooks: Bobby
Nell Verlaque: Jessica
Gabriel Davenport: Scuba
Tomaso Sanelli: Evan
Rick Hoffman: Thomas Wright
Jenna Warren: Julia