Continua il nostro viaggio assieme a Joel ed Ellie nell’America falcidiata dall’epidemia da cordyceps. In questo episodio di “The Last of Us” ci viene mostrato come si deve resistere per poter sopravvivere.
Dobbiamo ringraziare la cinquantesettesima edizione del Super Bowl in programma in Arizona nella notte italiana tra domenica 12 e lunedì 13 febbraio. Di fronte all’evento sportivo e mediatico più seguito al mondo (si stima che seguiranno l’evento oltre 100 milioni di americani) tutto si ferma e, in via straordinaria, il rilascio del quinto episodio di “The Last of Us” è stato anticipato all’alba di sabato 11 febbraio. Qui in Italia abbiamo avuto la possibilità di vederlo in anticipo di 48 ore su Sky On Demand, mentre Sky Atlantic lo trasmetterà secondo programma lunedì prossimo alle ore 03.00.
Alla regia di questo episodio troviamo di nuovo Jeremy Webb il quale chiude il mini arco narrativo iniziato nella scorsa puntata ambientata nella città di Kansas City. Avevamo lasciato Joel e Ellie bloccati nella città delle fontane dopo essere sfuggiti miracolosamente ad un agguato da parte del movimento ribelle dei “Cacciatori“. Le immagini di guerriglia urbana che aprono l’episodio ci mostrano come i ribelli siano riusciti a respingere gli abusi perpetrati dalla FEDRA, l’agenzia governativa di salvaguardia nazionale degli Stati Uniti d’America. L’operato della FEDRA ha garantito il contenimento degli Infetti (isolati nella galleria sotterranee della città) ma ha ridotto la popolazione in una sorta di schiavitù. A guida di questo movimento rivoluzionario (da non confondersi con le “Luci“, altro gruppo rivoluzionario venutosi a creare a causa del carattere dispotico della autorità governative) abbiamo la spietata Kathleen. Lo scopo di Kathleen è quello di identificare e giustiziare tutti i collaborazionisti, gente che ha tradito gli ideali dei “Cacciatori” e ha venduto informazioni vitali agli agenti della FEDRA in cambio di cibo e medicine. Tra questi, il ricercato numero 1 è il giovane Henry (intepretato da Lamar Johnson, attore canadese già visto in “Dark Phoenix” nei panni del mutante Match), il quale si è macchiato del male peggiore: aver consegnato alla FEDRA Michael, il fratello di Kathleen e carismatico leader dei rivoluzionari, in cambio di medicinali per curare la leucemia del fratellino sordomuto Sam (interpretato dal piccolo Keivonn Woodard). Lo scorso episodio si chiudeva con Henry e Sam che scovavano il nascondiglio di Joel e Ellie. L’incontro tra i quattro dà il via a due storie parallele dagli stessi contenuti ma dall’epilogo differente. Un suggestivo gioco di specchi riflessi che è il motivo portante di questo sensazionale episodio.
Joel e Henry hanno lo stesso duplice scopo: fuggire da Kansas City e salvaguardare la salute dei loro compagni di viaggio. Il modo in cui Henry si prende cura del piccolo Sam ricorda alcune sequenze già viste tra Joel ed Ellie. Il modo amorevole con il quale lo aiuta ad indossare il giubbotto piuttosto che le lezioni su come impugnare correttamente una pistola: piccoli gesti di rara dolcezza in un mondo che sembra aver perso ogni forma affettiva sono come fiori che nascono dal letame. L’unica “licenza narrativa” che si prende l’opera di Craig Mazin e Neil Druckmann è quella di mostrarci un Sam affetto da un handicap fortemente invalidante che lo rende molto più indifeso di Ellie. Un mondo in cui l’ascolto del più flebile rumore potrebbe essere decisivo per salvare la pelle rende la sopravvivenza del giovane ragazzo appesa ad un filo. Per il resto, la parabola discendente dei due viene raccontata con estrema fedeltà alla controparte digitale, il che è sicuramente un pregio dal momento che la vicenda di Henry e Sam è una delle parabole più dolorose e toccanti di tutta la prima parte del videogioco di Naughty Dog.
Henry ama suo fratello Sam, farebbe qualsiasi cosa per lui. E’ la ragione stessa della sua esistenza. Se c’è una lezione che ci ha insegnato Bill, il dolcissimo personaggio interpretato da Nick Offerman nel meraviglioso terzo episodio, è che amare significa avere paura. E in un mondo che ha ceduto al più violento nichilismo, avere paura significa morte. Lo sa bene Joel, che a differenza di Henry è un soldato, un uomo che non conosce compassione. Lo vediamo di nuovo uccidere senza pietà un cecchino oramai disarmato e senza più possibilità di nuocere. Joel sa bene che non può permettersi di cedere ai sentimenti. Il burbero contrabbandiere interpretato da Pedro Pascal è stato già tradito in passato da due dolorosissime perdite e il modo con il quale ripete a chiunque, come un mantra, che non esiste un legame di sangue tra lui e Ellie suona come un’opera di auto convincimento, una corazza necessaria al fine di raggiungere gli scopi della sua missione: raggiungere suo fratello Tommy, consegnare Ellie alle “Luci” e salvare la pelle. Resistere per sopravvivere.
La parabola di Henry e Sam si chiude con l’unico colpo di pistola sparato nella vita di Henry, proprio lui che ha mai tenuto in mano una vera pistola. Una pallottola destinata a cambiare il destino dei due ragazzi e che rappresenta un altro mattone che crolla nel muro di decadente e lucido cinismo eretto da Joel. Un finale disperato e doloroso che segna l’ennesima coltellata al cuore e alla sensibilità di noi spettatori. Una conclusione che se confrontata con l’epilogo della storia d’amore tra Bill e Frank fa sembrare quest’ultima un lieto fine.
L’immagine di decadente umanità viene arricchita dal personaggio di Kathleen, interpretato dalla bravissima Melanie Lynskey. Il personaggio, totalmente nuovo rispetto al videogioco e funzionale all’economia del mini arco narrativo ambientato e Kansas City, fa di tutto per farsi odiare. La sete di vendetta la porta a compiere efferate azioni ma l’ottima interpretazione della Lynskey sorretta dalla solida sceneggiatura di Mazin ci regalano un personaggio che suscita emozioni contrastanti. In un bellissimo dialogo con Perry, il suo secondo in carica interpretato da Jeffrey Pierce, Kathleen mostra tutta la sua vulnerabilità ed è impossibile non comprendere le motivazioni che guidano la sua mano. Non esiste il “giusto” o lo “sbagliato”, non ci sono buoni e cattivi in “The Last of Us”. Solo supereroi immaginari e grandi sconfitti.
Il quinto episodio di “The Last of Us” conferma, ancora una volta, il mood dell’intera opera di Mazin e Druckmann. L’attenzione è tutta rivolta alle storie dolorose di gente ordinaria, vittime di un’esistenza che gli è sfuggita di mano. Le azioni action che hanno reso il videogioco tra i più apprezzati sono limitate al massimo, sebbene in questa puntata di clicker ne vediamo e anche tanti. La scena dell’assedio di Kansas City (nel videogioco è la città di Pittsburgh, ma sposta poco..) da parte dell’orda di clicker è riprodotta con estrema fedeltà. La spettacolare entrata in scena degli infetti e tutta la sequenza in cui Joel imbraca il fucile da cecchino facilitando la fuga di Ellie rappresenta un’enorme strizzata d’occhio ai fan più fedeli alle dinamiche del videogioco di Naughty Dog. Il finale dell’episodio ridefinisce in modo sinistro lo slogan “Kansas City è libera !” convincendoci nuovamente che gli infetti rappresentano le vittime, il lato innocente di tutta la storia.
Episodio dopo episodio “The Last of Us” segna un nuovo punto a suo favore, alzando sempre più l’asticella della qualità come in una gara di salto con l’asta. Questa puntata è superlativa e sfiora per sofferenza, bellezza e epicità la vetta toccata con “Long Long Time“, il terzo lacerante episodio dell’opera di Mazin e Druckmann. Noi, che abbiamo giocato al videogioco, sappiamo già che le emozioni non terminano qui e che molto altro sta per arrivare. Non vediamo l’ora di vedere i prossimi capitoli e di raccontarveli nelle pagine di MegaNerd.
Se volete sapere la nostra opinione sulle altre puntate di “The Last of Us” allora questi sono i nostri approfondimenti:
- “The Last of Us ep: 1” (Link)
- “The Last of Us ep: 2” (Link)
- “The Last of Us ep: 3” (Link)
- “The Last of Us ep: 4” (Link)
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