Abbiamo visto in anteprima “The Warrior – The Iron Claw“, il film che racconta la parabola della famiglia Von Erich: dai successi sul ring del Wrestling alla storia familiare costellata da tragici lutti. Queste sono le nostre impressioni
Tra i film più attesi di questo scintillante inizio 2024, per quanto riguarda le proposte al cinema, non può non esserci “The Warrior – The Iron Claw” (il titolo originale è “The Iron Claw” ma qui in Italia abbiamo aggiunto un “The Warrior” per rafforzare il concetto), biopic sulla famiglia Von Erich. Considerata una vera e propria dinastia, la famiglia Von Erich ha regalato al colorato e ricco mondo del Wrestling generazioni di lottatori. Dagli anni 60 fino ai giorni nostri, la dinastia Von Erich (ma il vero cognome di famiglia era “Adkisson“, presto abbandonato per scelta del patriarca Fritz Von Erich, che ha preferito il teutonico nome di battaglia “Von Erich” ) ha dato un contributo decisivo al successo di questo strano mix di esibizione atletica, lotta libera e rappresentazione teatrale.
La pellicola prodotta da A24 e diretta da Sean Durkin, regista indipendente americano il cui ultimo lungometraggio è il dimenticabile “The Nest – L’inganno” (2020), si concentra sulla figura di cinque (di sei) fratelli texani e del loro dispotico padre che tra gli anni 80 e 90 si sono alternati sul ring ottenendo tutti, chi più chi meno, grande notorietà per poi scivolare nella spirale della malattia e della depressione.
Sean Durkin, in gioventù grande appassionato di Wrestling, si prende qualche licenza narrativa di troppo romanzando alcuni aspetti della vita della famiglia Von Erich alterandone gli eventi. Addirittura sparisce dai radar uno dei sei fratelli realmente vissuto: Chris Von Erich, il membro più giovane della famiglia, morto suicida nel 1991: non viene incluso nella sceneggiatura perché, secondo il regista americano, la sua morte sarebbe un’ulteriore tragedia da raccontare non sostenibile nell’economia della pellicola.
Appare evidente che “The Warrior – The Iron Claw” non è film sul Wrestling e non è nemmeno un epigono di “Rocky”, ossia una parabola sportiva a lieto fine sul sacrificio da compiere per il conseguimento di un’obbiettivo apparentemente irraggiungibile. L’opera di Durkin è la storia di un incredibile sequenza di disgrazie che hanno decimato senza pietà una famiglia all’apice del successo. La prima vittima della “Maledizione dei Von Erich” è stata nel 1959 Jack Adkisson Jr, il primogenito dei Von Erich, venuto a mancare all’età di 6 anni a causa di un drammatico incidente con la corrente elettrica. Il suo corpicino è stato ritrovato senza vita nel fondale di uno stagno. Nel 1984 è stato il turno di David Von Erich (nel film interpretato dal bravissimo Harris Dickinson) che all’apice della carriera da lottatore viene colpito da un’acuta forma di enterite, sebbene i bene informati giurano che si sia tolto la vita in un’albergo in Giappone. Nel 1987, 1991 e 1993 il bacio della morte è toccato rispettivamente a Mike Von Erich (nel film interpretato da Stanley Simons), il già citato Chris Von Erich e Kerry Von Erich (nel film interpretato da Jeremy Allen White) , tutti morti per suicidio. L’unico scampato alla maledizione è il secondogenito Kevin, tutt’oggi ancora in vita.
“The Warrior – The Iron Claw” è un film crudo, doloroso, che tratta tematiche delicate come i rapporti genitoriali tossici, il machismo, l’ossessione malata per la competitività, la depressione. Il paradosso viene espresso dal bisogno spasmodico di dover dimostrare di essere i migliori “a qualunque costo” in uno show dove il migliore non viene stabilito per meriti sportivi, ma deciso a tavolino come se ci fosse un copione. Il patriarca Felix (incarnato nel film da Holt McCallany) è una figura genitoriale intransigente, i figli si rivolgono a lui con un freddo “signore” come se stessero rispondendo all’ordine di un comandante dei marines. La presa di ferro da cui il film prende il titolo, oltre ad essere la teatrale fatality con la quale i fratelli Von Erich ponevano fine ai loro combattimenti, diventa l’incomunicabilità e l’atteggiamento opprimente di un genitore che non conosce empatia, ma solo classifiche di gradimento. «Ora tutti sapete che Kerry è il mio preferito, poi viene Kevin, poi David e infine Mike. Ma la classifica può sempre cambiare» confida Fritz ai proprio figli in una delle affermazioni più stucchevoli del film.
Non stupisce quindi che la depressione sia entrata in maniera così forte in un nucleo familiare machista, che sostiuisce il culto del guadagno ai buoni sentimenti. Mike Von Erich, per compiacere la volontà del padre e per essere all’altezza dei fratelli, abbandona una carriera da musicista per salire sul quadrato. Kerry Von Erich si unisce la gruppo di lottatori dopo essere stato un promettente atleta lanciatore del disco a cui è stata strappata l’Olimpiade del 1980 a causa del boicottaggio che gli Stati Uniti hanno imposto ai propri atleti per protestare contro l’invasione in Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica. Chris Von Erich, il meno dotato fisicamente dei sei fratelli, non ebbe una grande carriera come lottatore e si sparò alla testa all’età di trentatré anni.
La pellicola gioca le sue carte migliori facendo salire sul ring un cast da cintura d’oro. La “Big Gold Belt” è rappresentata da Zac Efron e Jeremy Allen White. Se di quest’ultimo abbiamo imparato ad amare le sue qualità attoriali (celebrate recentemente con una serie infinita di riconoscimenti, tra cui il Golden Globe come miglior attore in una tv comedy per “The Bear“), il vero proragonista è Zac Efron. L’attore statunitense interpreta Kevin Von Erich, il secondogenito della famiglia, l’unico che è riuscito a scampare alla “Maledizione dei Von Erich”. Kevin viene portato al centro della narrazione e viene rappresentato come la chioccia dei fratelli più piccoli. Kevin Von Erich sarà l’unico che riuscirà a costruirsi una famiglia. Questo dettaglio lo farà apparire agli occhi del padre come l’anello debole del nucleo familiare ma, allo stesso tempo, rappresenterà la sua ancora di salvezza. Efron si produce in una performance attoriale che mette a dura prova il corpo ma a stupire non è la sua crescita muscolare ma l’intensità e la sofferenza nel suo sguardo. La macchina da presa indugia spesso sugli occhi dell’attore statunitense, mai come in questo caso specchio di un’anima lacerata.
Nonostante cotanto materiale umano e attoriale a disposizione, le coreografie sul quadrato di combattimento perfettamente riprodotte e la colonna sonora di Richard Reed Parry (strumentista e compositore della indie rock band Arcade Fire), “The Warrior – The Iron Claw” non è una pellicola esente da difetti. Sean Durkin si barcamena nel difficile tentativo di bilanciare il dovere di cronaca e la componente emozionale, riuscendoci in parte. La costruzione dei fatti, per quanto adattata per una pellicola su grande schermo, è impeccabile. La sensazione è che manchi quel pizzico di epicità che ti fa uscire dalla sala con gli occhi lucidi, come una pellicola del genere reclamerebbe.
“The Warrior – The Iron Claw” è un buon film, sorretto da un cast importante che non tradisce le attese. È una pellicola che racconta in maniera lucida e distaccata l’espressione di una società che venera il culto del successo lacerandosi dietro una fragilissima apparenza. Il messaggio finale, per quanto veicolato in maniera didascalica, invita ai buoni sentimenti e la leggerezza. Qualcosa che, ieri come oggi, sembra essere utopia.
The Warrior - The Iron Claw
Zac Efron: Kevin Von Erich
Jeremy Allen White: Kerry Von Erich
Harris Dickinson: David Von Erich
Maura Tierney: Doris Von Erich
Stanley Simons: Mike Von Erich
Holt McCallany: Fritz Von Erich
Lily James: Pam Adkisson
Maxwell Jacob Friedman: Lance Von Erich
Brady Pierce: Michael Hayes
Aaron Dean Eisenberg: Ric Flair
Kevin Anton: Harley Race
Cazzey Louis Cereghino: Bruiser Brody
Chavo Guerrero Jr.: The Sheik
Ryan Nemeth: Gino Hernandez