Le avventure dell’uomo più intelligente dell’universo e di suo nipote, in viaggio tra universi paralleli e in bilico tra genialità e insensatezza
«Non esiste grande genio senza una dose di follia» diceva Aristotele, dando voce ad un pensiero che almeno una volta nella vita è passato per la testa di chiunque. Ogni appassionato d’arte di fronte ad un’opera, ogni filosofo di fronte ad una teoria, ogni scienziato di fronte ad un esperimento, ognuno di loro si sarà chiesto: chi ha ideato questa cosa è un genio o un pazzo?
È proprio dall’inconsistenza del confine tra le due cose che nascono le riflessioni più affascinanti e talvolta diventano oggetto di veri e propri studi scientifici, mirati a conoscere l’origine della relazione tra la creatività e i disturbi mentali. Nell’immaginario comune tali riflessioni hanno man mano contribuito a creare dei veri e propri stereotipi: lo scienziato pazzo, lo scrittore depresso, l’artista emarginato, non sono che icone ed etichette usate per identificare un tipo di mente capace di segnare la storia per la sua visione alternativa della realtà, per i suoi principi rivoluzionari, le sue priorità fuori dal comune. Insomma, per la sua follia.
Perché quando diciamo follia non sempre abbiamo in mente La gattara de I Simpsons, piuttosto usiamo il termine per raggruppare tutta una serie di disturbi della psiche che non ci spingono a lanciare gatti urlando frasi incomprensibili, ma ci forniscono una visione tutta nostra della realtà. Infiniti sono gli esempi su schermo di questi concetti, perché solo ciò che esula dalla normalità riesce a creare quel connubio perfetto d’incomprensione e ammirazione che da sempre ci affascina.
Che si ponga l’attenzione sulle ambientazioni o sui personaggi, è proprio questo il punto forte anche in Rick e Morty: la rappresentazione dell’indistruttibile e perfetto equilibrio tra genio e follia.
Rick Sanchez è uno scienziato che si sposta continuamente tra pianeti e realtà parallele, trascinandosi dietro il nipotino Morty. Incredibilmente cinico, spesso menefreghista e sempre volgare, Rick è un uomo che si esprime tramite un’alternanza di parolacce, rutti e insulti, ma è allo stesso tempo l’essere più intelligente dell’universo. La sua conoscenza delle infinite specie viventi che popolano l’universo travolge la serie con una raffica di esilaranti quanto assurde avventure, in cui Morty viene coinvolto senza possibilità di replica.
Il tredicenne infatti è ben diverso dal nonno, è molto sensibile ed estremamente ansioso, è pieno di insicurezze e spesso prova rimorso per le imprese che è costretto a compiere. Viene costantemente maltrattato da Rick (come del resto succede a tutti i personaggi della serie), che a volte lo insulta direttamente e altre volte fa leva sulle sue debolezze per spingerlo a realizzare inconsapevolmente i suoi progetti immorali.
Rick e Morty è una serie che, a prescindere dalle infinite possibilità offerte da un pretesto come la pistola spara portali, riesce continuamente a creare qualcosa di nuovo. Ogni episodio è caratterizzato da un’avventura autoconclusiva ma non manca la storia di fondo, è grazie alla combinazione delle due cose infatti che, tra un alieno e l’altro, riusciamo a conoscere tutti i componenti della famiglia e cogliamo più in profondità i loro rapporti e la loro psicologia.
Così, di puntata in puntata, ci destreggiamo tra uomini con le formiche negli occhi o col sedere al posto della faccia, facciamo conoscenze all’interno di una batteria, ci ritroviamo a fare il tifo per un cetriolo ninja e visitiamo un parco divertimenti nel corpo di un senzatetto.
Mentre ridiamo di alieni terrorizzati dalla nudità umana e partecipiamo al matrimonio di un uomo uccello, tuttavia, ci chiediamo: i progetti e i viaggi di Rick hanno uno scopo superiore che non ci è dato capire o sono solo azioni repentine dettate dalla sua pazzia? Le persone che coinvolge nelle sue avventure sono scelte per un qualche geniale motivo o è semplicemente un bastardo?
Probabilmente la risposta è nel mezzo.
A farla da padrone nelle prime impressioni è senza dubbio l’egoismo e il menefreghismo di un uomo che conosce fin troppo della vita e che per questo tralascia ogni spiegazione, ritenendo chiunque troppo scarso di intelligenza da poter capire. Non conosciamo mai fino in fondo le cause, le conseguenze o la logica delle avventure dei due, semplicemente, senza fare domande ci avventuriamo con loro. Tuttavia, qua e là, Justin Roiland e Dan Harmon inseriscono qualche sprazzo di emotività e intravediamo la sua sofferenza, il suo amore e il suo affetto per gli amici, i nipoti e la figlia.
In fin dei conti, perciò, questa rimane una serie meravigliosamente in bilico tra ciò che è incredibilmente intelligente e la più insensata immaginazione. È bellissima perché è geniale. Ed è geniale perché è folle.