Cacciatori di Sogni: Sandman indossa il folclore giapponese per raccontare l’amore. Ecco la recensione di una delle ristampe più attese dai fan di Neil Gaiman
Il monaco mostrò il suo lasciapassare. Fu allora che, fugato ogni dubbio ebbe la certezza di trovarsi in un sogno. Ora infatti riusciva a decifrare i caratteri sul foglio che aveva con sé. Quelle lettere gli apparivano così chiare e semplici che si chiese come mai non le avesse intese prima. Descrivevano colui che dal caos e dal nulla aveva prodotto e plasmato ogni cosa, che dall’infinito senza forma e sostanza aveva generato ciò che non è reale ma senza cui il reale non ha valore e senso.
Il frammento che preferisco di Cacciatori di Sogni.
L’amore proibito, che solo nei sogni può trovare compiuta espressione, è la nostra rotta tra dimensioni sospese nel tempo. Il mondo antico, custodito nei racconti degli antenati, quando la terra era popolata da esseri che oggi raramente ci capita di vedere e il mondo del sogno. Un mondo dove tutto è possibile, sotto il controllo sapiente di Morfeo.
Nel lontano oriente, Sandman guida l’amore tra un umile monaco e una volpe. Impossibile nel mondo reale, nel sogno le due anime si ritrovano tentando di salvare l’uno la vita dell’altra, nel nome di un amore che trascende ogni carnale desiderio ed è amore per la vita, raggiungendo una purezza di intenti davvero, davvero rara.
Neil Gaiman realizzò Cacciatori di Sogni nell’ormai lontano 1999 per celebrare il decennale di Sandman, l’opera rappresentativa della nona arte in tutta la sua bellezza. Un racconto, tuttavia, che non può dirsi completo se non ricordando l’artista che è stato in grado di donare forza espressiva alle suggestioni della storia, illustrandone l’incanto in modo superbo: Yoshitaka Amano.
Impossibile scindere il lavoro dei due autori perché, così facendo, verrebbe a mancare l’anima dell’opera che traghetta Morfeo in una tradizione lontana, eppure a lui così affine.
Come suo solito, Sandman osserva dal suo regno; impone le sue cogenti decisioni riuscendo a tessere il destino degli uomini facendoli sentire però artefici del tutto. Questa è la potenza del Dio del Sogno.
Ispirato alle Fiabe del Giappone Antico del Reverendo B. W. Ashton e ai racconti di Y. T. Ozaki, dove il personaggio principale è l’Onmyoji, il Signore dello Yin e dello Yang, che in questo caso diviene l’antagonista dei nostri amanti, Gaiman riesce a ricreare terreno fertile per l’Eterno, nondimeno facendolo convivere pacificamente nel racconto con la mitologia buddista oltre che con il nutrito folclore giapponese.
Pensiamo a kitsune, in giapponese “volpe”. Nel Giappone antico, le volpi convivevano pacificamente con gli uomini. A questo si deve con tutta probabilità la nascita di diverse leggende su queste creature. La volpe possiede diverse abilità, tra queste quella di mutare aspetto e assumere sembianze umane. Si narra infatti che molte bellissime donne avvistate dagli uomini, fossero in realtà volpi. E la volpe di Cacciatore di Sogni? Anch’essa ha questa abilità?
Ogni pagina del racconto è un’immersione totale che merita di essere vissuta. Morfeo si presenta, in tutta la sua magnificenza e grandiosità, mosso a pietà dalla preghiera disperata di una piccola kitsune disposta a tutto per amore.
Abbassò lo sguardo verso di lei e alla piccola volpe parve che l’altra potesse percepire tutto ciò che era, tutto ciò che sognava, sperava e provava. È solo un essere umano, disse il volpone. Mentre tu sei una volpe. Di rado queste storie vanno a finire bene.
Ed è qui, in questo frammento, dove l’Eterno assume le sembianze di una maestosa volpe che ritrovo il mio Sandman innamorato di Nada, regina della città di vetro. L’Eterno sa cos’è l’amore impossibile e la sua sofferenza sotto le vesti di Kai’Ckul diviene in Cacciatori di Sogni, l’ammonimento per i suoi sudditi. Ciò nonostante, non c’è avvertimento che tenga di fronte a due anime che si cercano per diventare una cosa sola.
Mi sembrava doveroso questo riferimento alla storia madre, ma ciò che mi preme dire è che Cacciatori di Sogni non è una semplice appendice della creatura più celebre di Neil Gaiman. Il racconto si preoccupa di ogni lettore e non serve sapere nulla; potrebbe essere il primo incontro con l’Eterno o addirittura la prima prosa di Gaiman mai letta. Sarà bellissimo in ogni caso.
Yoshitaka Amano è immaginifico. Ogni illustrazione è parte integrante del tutto, senza mai prendere il sopravvento. Semplicemente c’è, e riesce a nutrire l’immaginazione senza imporsi. Sfuma lasciando spazio al lettore, colora imprigionando la soglia dell’orizzonte facendoci sognare altri mondi possibili fin dove lo sguardo riesce a catturare. Toglie il fiato e poi lo restituisce per permettere di andare avanti.
Prima di scrivere queste poche righe, ho letto/studiato le parole introduttive di Beniamino Sidoti, che in una breve frase ha restituito il senso del tempo passato in compagnia di Cacciatori di Sogni: Questa storia non è mai successa: per questo è vera.
Tornato di recente nelle librerie grazie a DANA, marchio editoriale all’interno di RW Edizioni curato da Beniamino Sidoti e Barbara Ferraro, Cacciatori di Sogni fa del bene all’anima. Quando è l’amore ad alimentare i sogni delle persone, il mondo improvvisamente diventa un posto migliore.
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