È uno degli Autori del momento: a Lucca Comics & Games ha presentato con Star Comics i suoi nuovi titoli creator-owned, mentre negli Stati Uniti sta facendo impazzire i lettori con il suo Absolute Batman (che in Italia arriverà in primavera per Panini). Signore e signori arrivato su MegaNerd Mr. Scott Snyder!
Scott Snyder non è certamente un Autore che può lasciare indifferenti: sin dalla sua prima serie regolare, American Vampire, si era capito di che pasta fosse fatto: esplosivo, attento ai particolari, in grado di avvolgerti all’interno della trama senza che tu neanche te ne accorga. La ribalta mondiale è arrivata con La Corte dei Gufi, la sua prima run su Batman. Erano gli albori dell’era New52 per DC Comics e sin dal primo numero – coadiuvato da uno straordinario Greg Capullo – era riuscito a conquistare tutti.
Snyder ha caratterizzato in modo decisivo il Cavaliere Oscuro che nasceva dalle ceneri di Flashpoint, la saga che sembrava aver fatto ripartire tutto l’universo DC sulla falsariga di quanto fatto da Crisi sulle Terre Infinite negli anni 80. Ha preso gli elementi più importanti, lo spirito di Batman e dei suoi alleati, per creare una run che è rimasta nel cuore di centinaia di lettori in giro per il mondo, trascinando il guardiano di Gotham in avventure oscure, imprevedibili, appassionanti.
Da allora è passato oltre un decennio e Snyder ci ha regalato altre decine di storie, andando persino a scuotere le fondamenta del Multiverso a suon di Metal, prendendosi la briga di far scatenare (nel vero senso della parola) anche un pezzo da 90 come Superman o portare l’intera Justice League ai confini del tempo e dello spazio. Snyder ha alzato il volume, scompigliandoci i capelli e dimostrando che ci si può divertire da pazzi anche con i mondi paralleli, perché non può e non dev’esserci limite alla fantasia.
Più una cosa sembra assurda – come una fusione tra Batman e Joker che cerca di ribaltare l’intera esistenza – più lui preme sull’acceleratore, convincendoci che sì, si può fare, che l’unica regola è lasciarsi trasportare dalla storia.
Dopo un breve periodo di pausa, Scott Snyder è tornato a occuparsi di supereroi e di Batman in particolare e mentre negli Stati Uniti proprio in questi giorni i lettori stanno impazzendo per questa nuova versione Absolute, lui è venuto a trovarci in Italia, per l’esattezza a Lucca Comics & Games 2024. Era qui per lanciare i titoli creator-owned che ha prodotto per Comixology, l’etichetta con cui Amazon pubblica fumetti e che nel nostro Paese sono presentati da Star Comics, editore che ha saputo valorizzare al massimo opere che sono state disegnate da superstar del calibro di Tula Lotay, Francis Manapul, Greg Capullo e Francesco Francavilla.
Noi abbiamo avuto il grande piacere di poterci scambiare quattro chiacchiere. Sui fumetti, sui festival e – ovviamente – sul nuovissimo Absolute Batman.
Signore e signori, su MegaNerd c’è Scott Snyder.
Intervista a Scott Snyder
Ciao Scott, benvenuto su MegaNerd. Come ti sembra di questa Lucca Comics & Games? Ti stai divertendo?
Oh, l’adoro! Si sta rivelando la mia convention preferita dopo un po’ di tempo. Molte convention negli Stati Uniti si tengono nei poli fieristici, per cui sono isolate; Lucca invece è una celebrazione sia dei fumetti e dei giochi, sia della città. Vedi esposizioni nei musei, segui i panel nelle chiese, cammini intorno alle mura per andare da una parte all’altra, per cui è stata una grande gioia far parte di una fiera che celebra anche il luogo e la storia. E i fan sono stati incredibili; li adoro, sono così appassionati, meravigliosi, pieni di energia!
Anche perché il tuo lavoro penso sia molto solitario. Quando scrivi, presumo tu stia da solo, molto concentrato, e qui c’è un’esplosione di affetto.
Sì, è un lavoro molto solitario, in cui passi tutta la giornata provando a guardarti allo specchio per scrivere delle cose che ti spaventano e di quelle in cui speri. Quando poi esci e incontri le persone che hanno letto i fumetti e si crea una connessione, è una gioia. Voglio dire, io e i miei amici che lavorano in questo settore la pensiamo allo stesso modo: le convention ci danno l’opportunità di ringraziare i fan per il lavoro che ci permettono di fare. È qualcosa che amo, non smetterei mai di parlarne.
In questo momento sei super prolifico, stai scrivendo tantissimo per DC e per tuoi progetti personali. Come fai a trovare il tempo per fare tutto quello che fai?
Lo faccio male, molto male. Ho scritto per la DC per dieci anni, e la amo, ma avevo bisogno di due o tre anni per allontanarmi e dedicarmi ai miei progetti, per cambiare. Ogni anno in DC avevo un contratto di esclusiva, ma mi battevo perché mi fosse concesso un permesso per fare qualcosa di creator-owned.
Puntualmente, me lo concedevano ma non lo usavo, perché ero troppo impegnato a scrivere di supereroi. Con questa collezione – su cui Star Comics è stata grandiosa – l’obiettivo era sperimentare cose nuove. Volevo provare a rischiare, a fare cose in cui avrei potuto anche fallire: per cui ho chiamato a raccolta un po’ di amici – Tula Lotay, Francis Manapul, Greg Capullo, Francesco Francavilla – e gli ho chiesto “che volete fare? Ho un accordo per fare dei libri, che avete voglia di fare?”
Con Francesco, per esempio, ne abbiamo parlato e ci siamo resi conto di amare tutti e due i mostri della Universal; abbiamo visto un sacco di vecchi film, durante la pandemia, e poi ci siamo chiesti: “Se oggi dovessimo creare dei nuovi Universal Monsters Classics, come sarebbero?”
Con Francis Manapul, invece, ne abbiamo parlato dopo il New York Comic Con, mentre era ospite da me. Mi ha detto che voleva fare fantascienza: ho pensato che la fantascienza ruota intorno alle cose del futuro che ci spaventano. Tutti e due siamo preoccupati per l’erosione della verità che si sta verificando negli Stati Uniti, da questa disinformazione in cui tutti stanno cadendo; e anche da come tutti gli algoritmi – quelli di Google, di Spotify – ci restituiscono quello che già ci piace invece di cose che potrebbero essere sfidanti e aprire la nostra mente.
Quindi abbiamo pensato di creare un futuro in cui quella è la questione, dove ciascuno sceglie il mondo in cui vuole vivere e nessuno deve affrontare la realtà.
Ogni volume è stato speciale, e per un periodo ho fatto solo quello; per tre anni, niente DC, niente supereroi, solo i miei progetti. E ora mi sento rinnovato ed entusiasta di tornare su Batman. Sicuramente continuerò anche con i miei progetti, ma sono pronto a tornare ai supereroi dopo questo viaggio. Sono cresciuto molto come autore, facendo cose di cui non ero certo di essere capace.
L’impressione che ho avuto, leggendo i volumi, è che tu ti sia proprio divertito a spaziare da un genere all’altro. Quello che mi ha colpito di più è Barnstormers, perché esce un po’ dai tuoi canoni. È una storia alla Bonnie & Clyde, ed emerge uno studio attento su quelli che sono i costumi degli anni ‘20. Che tipo di lavoro hai fatto?
Amo fare ricerca, in particolare quella storica, come ho fatto per American Vampire. Certo, a volte diventa solo procrastinazione: fai così tanta ricerca da avere la scusa per non scrivere. Ma quello che adoro di quel periodo storico – i primi del Novecento, e gli anni ’20 – è che sembrano riecheggiare ancora oggi negli Stati Uniti. I ricchi diventavano sempre più ricchi velocemente, mentre la classe operaia faceva fatica, i giovani soprattutto. Uno dei modi in cui si ribellavano erano le proteste e i sindacati, certo, ma ce n’era anche un altro: il barnstorming.
In pratica, alcuni piloti della Prima Guerra Mondiale avevano comprato i propri velivoli, e al ritorno volavano spericolati per tutto il Paese, come pirati. È una cosa che mi è piaciuta tantissimo, che dimostrava come i giovani si fossero ribellati a un sistema che gli stava collassando intorno. La ricerca si è concentrata sui parallelismi tra gli anni ’10 e ’20 del Novecento e quelli del Duemila negli Stati Uniti, e sul perché questa storia sembrasse così rilevante e risuonasse con il modo in cui i ragazzi si sentono oggi: arrabbiati, speranzosi e disperati tutto insieme, perché il mondo che stanno ereditando da quelli della mia generazione non è il massimo.
Tutti i volumi sono su questo. Night of the ghoul, per esempio, parla di un mostro che diffonde pestilenza, e rimanda molto alla pandemia. Poi c’è We have demons, che parla di ragazzi in cerca di fede, in un momento in cui si fatica a trovarla in qualsiasi cosa, perché sembra che i cattivi stiano vincendo. Clear, come dicevo prima, è invece sulla dissacrazione della realtà.
Tutti i volumi sono allegri, divertenti e senza un genere preciso, ma sono tutti molto personali sia per me che per i co-creatori: abbiamo cercato di dire qualcosa su questo particolare momento storico.
Infatti volevo chiederti: quando hai pensato alle storie, sapevi già a quali disegnatori abbinarle? Perché ciascuna va perfettamente d’accordo con il disegnatore che hai scelto.
Questa è davvero una bella domanda! Le ho affrontate chiedendo a ciascuno cosa avesse voglia di fare, senza piani. Con Francesco, ad esempio, è stato tutto un “Che vuoi fare?” “Horror” “Che tipo di horror?” “Mi piacciono i vecchi film” “Oh, anche a me! Facciamo qualcosa che senti importante in questo momento”.
Con i mostri classici, la cosa interessante è come fossero sempre associati a delle paure: Dracula alla paura dell’immigrazione e del contagio, la creatura di Frankenstein alla paura della scienza, e così via. E quindi, quale mostro possiamo creare oggi, che abbia un senso? Con Tula abbiamo fatto lo stesso, e abbiamo messo insieme romanticismo e storia, con una punta di poliziesco. Abbiamo costruito ciascuna storia insieme dall’inizio.
Sai, quando scrivi di supereroi ogni mese per sei anni, tutto è molto rigido. Non hai molto tempo e hai delle scadenze. Qui invece, la parte divertente è stata proprio contattare gli artisti e proporgli di lavorare senza paletti, senza programmi, senza l’urgenza del “deve uscire il mese prossimo”; è stato solo un “costruiamolo insieme”.
Per questo sono orgoglioso di questi volumi che Star Comics sta facendo, perché ognuno è stato unico sia per me che per il co-creatore. Se Tula non avesse potuto fare Barnstormers, per esempio, non lo avrebbe fatto nessun altro al posto suo.
Impossibile non parlare di Absolute Batman e di tutta l’operazione DC All In, una delle iniziative più importanti degli ultimi anni. Noi abbiamo avuto l’occasione di leggerlo in anteprima: è fantastico, divertentissimo, incredibile… dove ci condurrà questa storia?
Grazie, innanzitutto. Be’, sicuramente andrò avanti con questa storia per qualche anno, anche se non ero sicuro che avrebbe avuto un pubblico. Ero preoccupatissimo che nessuno l’avrebbe comprata e l’avrebbero cancellata; sono grato del fatto che sia piaciuto alla gente, perché Nick [Dragotta, NdR] e io ci abbiamo messo tanto amore.
L’idea di Absolute era di prendere i personaggi e ridurli in cenere, decidendo quale fosse il nucleo che doveva rimanere e cosa invece buttar via. Per Batman, il suo nucleo ci è sembrato quello di una persona a cui è successa una cosa orribile, e che ha usato quell’esperienza come combustibile per fare in modo che non succedesse ad altri.
Per quanto riguarda Alfred, la Batcaverna, le macchine, mi sono detto che ai miei ragazzi non piacciono i miliardari generazionali [quelli che anno ereditato la loro fortuna, NdR], né il modo in cui si stanno comportando – il fatto che influenzino pesantemente politica ed economia, che non paghino tasse, e così via. Quindi, anziché avere un Batman miliardario, mi sono chiesto: e se provenisse dalla classe operaia?
Se fosse l’anarchia e il caos e volesse non tanto radere tutto al suolo, quanto cambiare il sistema? E se i cattivi fossero quelli che gestiscono il sistema e l’ordine, cosa comporterebbe? La cosa mi è sembrata entusiasmante, e poi è arrivato James Tynion IV, mi ha chiamato e mi ha detto che dovevo scrivere quella storia.
Sono curioso di vedere il ruolo della madre, Martha Wayne…
È anche il mio personaggio preferito. Nel secondo numero ha la mia scena preferita: è in ospedale e sta parlando con Jim Gordon, e lui le chiede “Martha, che mondo stiamo lasciando là fuori a questi ragazzi?” e lei, mentre fuma una sigaretta, gli risponde “Un mondo in cui dovranno solo essere più pazzi di noi, Jimmy.” “Sembri Thomas.” “Lo so.” [ride]. Adoro quella scena.
Sono davvero molto fiero di quel volume, sapete? E di quello che Kelly Thompson e Hayden Sherman stanno facendo con Absolute Wonder Woman, Jason Aaron e Rafa Sandoval con Absolute Superman. È tutto così piacevole, e sono così fiero della DC. L’obettivo con All In era di ricordare alle persone che i supereroi non sono in calo; anche se i film ci mettono un po’ a ripartire, i fumetti sono qui ora, per cui diamo al pubblico tutti i tipi di fumetto di supereroi che possiamo, sia nuove interpretazioni dei personaggi, che classiche.
Dicevano che non c’era pubblico, non c’era mercato, e invece all’improvviso le vendite hanno raggiunto cifre molto alte. Mi rende felice non tanto perché quelle di Absolute Batman sono alte – anche se, ovviamente, ne sono contentissimo – ma perché vedo i fan andare in fumetteria emozionati per i fumetti di supereroi e quelli su licenza – Transformers, le Tartarughe Ninja, GI Joe, tutti. Questo conduce ai creator-owned, a cose come Beneath the Tree, Where Nobody Sees e Something is killing the children e con un mercato sano, ci guadagniamo tutti. Quindi sono davvero emzionato.
È bellissima la passione che metti quando racconti queste cose. Questo ci fa capire che Batman è in buone mani…
Oh, grazie! Io davvero sento che questo è quello che ho sempre voluto fare, sin da bambino, e poterlo fare tutti i giorni… mi sembra il lavoro più fortunato del mondo e vorrei solo che tutti amassero non i miei fumetti, ma i fumetti in generale. Sono qualcosa di stupendo.
Grazie davvero per essere stato con noi, Scott. Non vediamo l’ora di leggere le nuove storie.
Grazie a voi, a presto!